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21 maggio 2025
La mafia a Foggia voleva prendersi anche la squadra di calcio – che proprio nei giorni scorsi ha superato i play-off garantendosi per il prossimo anno il campionato di Lega Pro – e per questo ha messo a segno una serie di intimidazione e attentati a calciatori, dirigenti e allo stesso presidente della società, Nicola Canonico, per costringerlo ad andare via (cosa fatta il 31 marzo scorso) e a cedere le quote per un valore di gran lunga inferiore a quello di mercato. È la fotografia scattata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari e dalla polizia di Foggia nell'inchiesta che lunedì 19 maggio ha portato all'arresto di quattro persone, indagate di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e altri reati. 52 uomini, denunciati per vari reati, hanno ricevuto un divieto di accesso alle manifestazioni sportive (daspo). Il tribunale barese ha anche posto sotto amministrazione giudiziaria la società Calcio Foggia 1920: è la prima volta che in Italia una società calcistica viene posta sotto la “tutela antimafia” previsto dall’articolo 34 del codice antimafia. Secondo quanto si legge nel provvedimento del tribunale, la società sportiva avrebbe subito una “strategia di intimidazione e condizionamento mafioso” e si sarebbe trovata inoltre in una “gravissima compromissione ambientale”.
La vicenda può ricordare quella di Inter e Milan del settembre dello scorso anno, che evidenziò la compromissione del tifo organizzato con i clan. A Foggia però è diverso perché il presidente della squadra Canonico, imprenditore e politico, ha denunciato immediatamente.
Le curve, tornello d'ingresso delle mafie nel calcio
L’inchiesta ruota intorno alla figura di Marco Lombardi, un 49enne descritto dagli investigatori come un “soggetto pluripregiudicato e privo di occupazione lavorativa stabile” e vicino al clan Sinesi-Francavilla, uno dei sodalizi della Società foggiana, la mafia del capoluogo dauno. Sarebbe stato lui a mettere a segno, con la complicità a vario titolo degli altri tre indagati – Massimiliano Russo, Fabio Delli Carri e Danilo Mustaccioli – una serie di attentati contro calciatori e dirigenti per costringere Canonico a lasciare le redini della società e ad andare via.
Queste intimidazioni e la violenta campagna mediatica contro il patron del Foggia calcio erano state fatte affinché lui stesso potesse entrare direttamente nella società sportiva. Lombardi, stando agli inquirenti, godeva della fiducia del clan, in particolare del capo storico Roberto Sinesi e del genero Antonello Francavilla, che gli avevano affidato incarichi particolari come quello di accompagnare donne e altri familiari del clan per i colloqui nelle carceri con i detenuti. Lo stesso Lombardi in un'intercettazione affermava di essere a disposizione del clan “da 18 anni”.
Le intimidazioni sono iniziate il 18 giugno 2023, quando alcuni colpi di fucile erano stati sparati verso l’automobile dell’allora capitano Davide di Pasquale, mentre il Foggia era impegnato nella finale play off Lecco-Foggia (valida per la promozione in serie B), poi vinta dai lombardi. Erano culminate con la collocazione di un rudimentale ordigno esplosivo nei pressi dell’automobile di Emanuele Canonico, figlio del patron della squadra e allora vice presidente della società Foggia Calcio 1920. L'auto era parcheggiata nella sede dell'impresa edile CN Costruzioni Generali a Modugno (Bari), della famiglia Canonico. Altri due attentati incendiari ai veicoli utilizzati dai vertici del Foggia Calcio 1920 sono stati sventati. Nel corso delle perquisizioni, gli investigatori hanno sequestrato a uno dei quattro indagati un foglio manoscritto sul quale erano stati cripticamente riportati gli obiettivi criminali delle azioni delittuose.
Che dietro le intimidazioni ci fosse Lombardi lo ha ammesso anche Giuseppe Francavilla, collaboratore di giustizia, e cugino di Antonello Francavilla, boss dell’omonimo clan. In relazione agli spari contro l’automobile del capitano, il pentito ha detto di aver saputo da un nipote, un ultras della Curva Sud, che a ordinare quell’azione sarebbe stato proprio il 49enne. “Mi disse – ha spiegato Giuseppe Francavilla agli inquirenti – che dietro a questa situazione c’è Marco perché vuole un posto di lavoro nella società. Non so se a lui o alla compagna”.
Ora la mafia foggiana trema: si pentono due boss della "Società"
Oltre agli attentati Lombardi aveva intrapreso anche una campagna social diffamatoria contro Canonico e la sua gestione
Oltre agli attentati Lombardi aveva intrapreso anche una campagna social diffamatoria contro Canonico e la sua gestione. In un video si presentava con un fotomontaggio del presidente con il naso da suino e iniziava ad insultarlo. Quel fotomontaggio era diventato per lui una specie di logo che pubblicizzava su tutto: bottiglie di spumante, uova di pasqua e persino sulla ciotola del suo cane.
La guerra contro Canonico non si fermava agli attacchi social. In un'occasione Lombardi aveva telefonato alla trasmissione sportiva di una televisione foggiana dicendo che il presidente del Foggia Calcio si era sottratto a una possibile trattativa per la vendita del club. In un'altra occasioni lo stesso Lombardi aveva pubblicato un video contro il direttore dell’emittente televisiva per un articolo a lui non gradito.
Le intimidazioni sono avvenute anche quando sulla panchina della squadra rossonera era tornato Zdenek Zeman, l’allenatore di “Zemanlandia” (nella stagione d'oro del Foggia Calcio in serie A all'inizio degli Anni Novanta, ndr). Nel 2022 Lombardi aveva invitato l’allora calciatore Alessio Curcio per un caffè: una volta nel bar gli aveva chiesto di non giocare, la domenica successiva, la partita Foggia-Catania, decisiva per la scalata alla serie B. Il calciatore andò via immediatamente, rifiutando la proposta, e il giorno dopo sui muri dello stadio comparvero degli striscioni contro Curcio.
Gli attentati e la campagna diffamatoria avevano convinto il patron Nicola Canonico ad abbandonare il 31 marzo scorso la carica di presidente. “Mi sono dimesso – confida oggi Canonico – per il clima non più sopportabile. Non potevo dire la verità ma c’è stata una pressione insopportabile. Ero stanco dell’ambiente che si era creato intorno a noi. Non ho paura. Ho denunciato immediatamente. Ora però la città conosce la verità e anche perché me ne sono andato”. L'imprenditore, che è stato consigliere comunale a Bari e consigliere regionale, imputato in un processo per corruzione elettorale, ha mantenuto però la proprietà della società.
Due secoli di carcere per la Società foggiana
“Siamo intervenuti chirurgicamente con i provvedimenti, insieme al tribunale, con le forze dell’ordine per permettere che i tifosi foggiani vadano a divertirsi" Roberto Rossi - Procuratore di Bari
Non è la prima volta che i clan della Società foggiana tentano di allungare i loro tentacoli nella squadra di calcio locale. Nel 2018 nel corso dell’inchiesta Decima Azione emerse che, sempre esponenti del clan Sinesi-Francavilla avrebbero imposto di far giocare persone da loro indicate indipendentemente dalla loro bravura.
“Noi siamo intervenuti chirurgicamente con i provvedimenti, insieme al tribunale, con le forze dell’ordine – ha spiegato il procuratore di Bari, Roberto Rossi – per permettere che i tifosi foggiani vadano a divertirsi. Siamo partiti da una denuncia che è un segnale molto positivo. L’aspetto più inquietante è il tentativo da parte della criminalità organizzata di intervenire in un mondo soprattutto per ragioni economiche”. Il procuratore stesso ha lasciato intendere che l’inchiesta non può dirsi conclusa: “Noi teniamo sempre aperti i dossier”.
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