Foggia e la sua criminalità organizzata nella mappa da una relazione della Direzione investigativa antimafia (foto lavialibera)
Foggia e la sua criminalità organizzata nella mappa da una relazione della Direzione investigativa antimafia (foto lavialibera)

Due secoli di carcere per la Società foggiana

Nel processo "Decimabis" condannati ventinove membri dell'organizzazione criminale pugliese. Le indagini, iniziate nel 2018, hanno svelato un sistema di estorsione ai danni di commercianti e imprenditori del foggiano

Luca Pernice

Luca PerniceGiornalista

21 ottobre 2022

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Sono quasi duecento gli anni di carcere inflitti ai ventinove imputati nel processo di primo grado “Decimabis” che si è svolto con rito abbreviato nell’aula bunker di Bitonto (Bari). Alla sbarra boss e affiliati della Società foggiana, una delle quattro organizzazioni criminali attive nell’area nord della Puglia. Estorsione e tentata estorsione a imprenditori e commercianti del capoluogo, tentato omicidio, usura, turbativa d’asta: questi i reati contestati agli imputati, con l’aggravante dell’associazione mafiosa. Davanti al gup si sono costituite parti civili Libera, la Fondazione Buon Samaritano, l’Antiracket, le associazioni di categoria - Confindustria Foggia, Confindustria Puglia, la Camera di Commercio Foggia - e alcune vittime che hanno avuto il coraggio di denunciare i propri estorsori.

I reati contestati agli imputati sono: estorsione e tentata estorsione a imprenditori e commercianti del capoluogo, tentato omicidio, usura, turbativa d’asta

Il processo prende il nome dalla maxi operazione del 16 novembre del 2020 che coinvolse quaranta esponenti delle tre batterie della Società: i Trisciuoglio-Tolonese, i Sinesi-Francavilla e i Moretti-Pellegrino-Lanza. Tra gli imputati il boss Pasquale Moretti detto “il porchetto”, condannato a 16 anni di reclusione, e Federico Trisciuoglio detto “Enrichetto lo zoppo”, morto di recente dopo una lunga malattia. Per quest’ultimo i reati sono estinti. Altri 13 imputati sono invece a processo al tribunale di Foggia dove si sta svolgendo il rito ordinario: tra questi anche Vincenzo Antonio Pellegrino detto “Capantica”, altro nome storico della malavita foggiana.   

“Decimabis” è considerata la continuazione dell’inchiesta “Decima Azione” del novembre del 2018, aperta in seguito al verificarsi di una serie di attentati ai danni di commercianti e imprenditori foggiani. Obiettivo: smantellare il sistema di estorsione con il quale la Società foggiana piegava l’economia locale. Gli inquirenti ritengono di aver individuato nuovi dettagli sull’assetto della mafia radicata a Foggia e sulle modalità estorsive adottate su attività imprenditoriali e commerciali della zona. Le società erano taglieggiate e costrette ad assumere uomini segnalati dal clan grazie anche all’intercessione di colletti bianchi e “insospettabili”.  

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Tutti finivano nei tentacoli delle estorsioni: imprenditori e piccoli commercianti, compresi gli ambulanti del mercato settimanale di Foggia, costretti a versare ogni mese alle batterie mafiose una somma a titolo di “tassa di sovranità”.

“Decimabis” è considerata la continuazione dell’inchiesta “Decima Azione” del novembre del 2018, aperta in seguito al verificarsi di una serie di attentati ai danni di commercianti e imprenditori foggiani

A illustrare questo sistema durante le udienze è stato Patrizio Villani, ex appartenente alla batteria Sinesi-Francavilla ora pentito. “Chi apre un’attività a Foggia sa che deve pagare. Ci stanno posti dove non devi fare niente, devi solo chiedere. E ci stanno posti dove non vogliono pagare e devi fare le lettere, mandare i proiettili. Oppure quando chiudono vai con un motore e ti fai vedere con la pistola in mano e la batti sul vetro”. Secondo Villani le vittime preferiscono pagare il pizzo ai boss anziché le tasse: “[i soldi] li devo dare allo Stato? – direbbero le vittime – preferisco darli a loro [i mafiosi]”. E chi non si piega? “Là – ha spiegato Villani – devi lavorare un po'. Li devi andare a minacciare, gli devi rendere la vita impossibile, glielo devi far capire”.

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La coreferente regionale di Libera Federica Bianchi ha espresso la sua soddisfazione. “Quella di Bitonto è una decisione importante che scaturisce da una delle più grandi attività antimafia eseguite nella città di Foggia nel contrasto alla Società foggiana”.  Ma non è che un punto di partenza: per l’associazione antimafia la sfida di rango superiore è ora quella di elaborare strategie “che consentano  alle vittime, sia quelle dirette dei reati che tutti coloro che indirettamente subiscono il giogo dei clan mafiosi, di acquisire la consapevolezza e il coraggio necessari a pretendere il rispetto dei propri diritti fondamentali e a intraprendere un percorso di denuncia”.

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