
Carcere, detenuti in semilibertà tornano a dormire in cella

21 settembre 2022
Nell’Adriatico, tra Puglia e Grecia, c’è un commercio illegale che aggredisce i fondali dello Ionio e impoverisce l’ecosistema marino. Un’attività fiorita intorno al 2015, quando un grossista greco ha convinto certi suoi fornitori pugliesi, alcuni con precedenti per mafia o droga, a procurargli le oloturie, o cetrioli di mare, animali dalla forma allungata diffusi sulla superficie sabbiosa del Golfo di Taranto. Creature destinate ai mercati della Cina, dove sono apprezzate (e pagate molto bene) in cucina e in cosmetica. Nonostante divieti e processi, questa pesca non si è mai fermata.
"Ho scoperto il traffico di oloturie seguendo la vendita delle cozze contaminate"Luciano Manna - Attivista, fondatore di Veraleaks
In Italia un polo del commercio di oloturie è Taranto, la città dei due mari: il Mar grande, quello aperto solcato dai mercantili e dalle imbarcazioni della Marina militare, e il Mar piccolo, insenatura chiusa dal borgo antico. In queste acque si pratica la miticoltura, cioè l’allevamento di cozze, fondamentale per l’economia cittadina. Se non fosse che una decina di anni fa, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) ha rilevato nei mitili la presenza di diossina e bifenili policlorurati (pcb), sostanze tossiche provenienti dalle ciminiere dell’Ilva, l’acciaieria che dà lavoro (ma anche malattie e morte) a migliaia di abitanti. "Da allora noi ambientalisti e attivisti vigiliamo sui valori di diossina e pcb nelle cozze, sempre alti e ancora preoccupanti", spiega Luciano Manna, fondatore del sito di denuncia VeraLeaks.
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