Puglia. Anche a Trinitapoli i clan influenzano voto e amministrazione

Nella relazione dello scioglimento del Comune di Trinitapoli per infiltrazioni mafiose si leggono gli affari criminali coi rifiuti, l'occupazioni di case popolare e soprattutto il sostegno portato alla coalizione vincente alle elezioni amministrative 2020

Luca Pernice

Luca PerniceGiornalista

25 maggio 2022

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“Un inquietante intreccio” tra l’amministrazione comunale e la malavita, tanto inquietante che si parla di una “compenetrazione organica” tra i rappresentanti dei gruppi criminali e l'ente pubblico. Lo si legge nel decreto del Presidente della Repubblica che il 5 aprile scorso ha sciolto il Comune di Trinitapoli per infiltrazioni mafiose. Quasi 13mila abitanti, Trinitapoli, fino al 2004 era un comune della provincia di Foggia poi passato nella nuova Provincia, la Bat (Barletta-Adria-Trani). La decisione è stata presa dopo il lavoro di indagine svolto dalla commissione di accesso agli atti che aveva cominciato a lavorare il 31 luglio scorso, mentre alla guida del comune c'era il sindaco Emanuele Losapio, 41 anni, eletto nel settembre del 2020 con una coalizione di centrodestra. Lo stesso primo cittadino era stato assessore anche nella precedente giunta guidata da Francesco Di Feo, che si era dimesso per candidarsi, con Fratelli d’Italia, alle elezioni regionali. Quasi tutte le illegalità riscontrate dalla commissione si riferisce alla giunta di De Feo, anche se la stessa commissione ha evidenziato “il perpetuarsi di comportamenti omissivi e condotte illegittime, avviate nelle passate consiliature, direttamente agevolative degli interessi criminali”. Come a dire, dunque, che le cause dello scioglimento del Comune di Trinitapoli vanno ricercate nel passato, ma lette anche nel presente.

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Il catalogo delle irregolarità

La commissione ha riscontrato irregolarità gravi nell’affidamento del servizio per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nella gestione degli alloggi popolari, nei servizi di guardiania e di vigilanza dei terreni comunali. Ma anche nella concessione di contributi e affidamenti di beni mobili e immobili a un’associazione colpita da interdittiva prefettizia.

Per quel che riguarda i rifiuti il servizio è stato affidato a una società il cui amministratore – sostiene la prefettura sulla base degli accertamenti – ha rapporti di parentela e di frequentazione con esponenti della criminalità locale. Dopo l’interruzione della precedente società, nel 2018 il servizio è stato affidato alla nuova società temporaneamente, per sopperire all’emergenza, fino all’espletamento delle procedure della “gara ponte”.L'affidamento – sostiene la commissione – è stato fatto con numerose illegittimità, per sei mesi e poi prorogato senza avviare le procedure di gara a evidenza pubblica. La gara d'appalto, infatti, è stata indetta un anno dopo.

La commissione ha anche evidenziato che nella società a cui era stato affidato il servizio erano stati assunti parenti di uomini legati alla criminalità organizzata. Nel novembre 2020 il servizio è stato affidato a una nuova società e quest'ultima, qualche giorno dopo aver ricevuto l’incarico, ha subìto un attentato incendiario che ha danneggiato alcuni suoi mezzi di raccolta. Pochi giorni dopo un incendio ha distrutto l’automobile del funzionario comunale che era responsabile del servizio di ecologia e ambiente.

Inoltre la commissione ha evidenziato anche l'infiltrazione nella gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Sarebbero una trentina le case occupate in maniera illegittima, quasi sempre da persone legate alla criminalità locale, le quali – si legge ancora nel decreto di scioglimento – approfittando della complice inerzia delle amministrazioni comunali hanno trasformato pubblici beni in zone franche per traffici illeciti e attività delittuose. Solo l’intervento della prefettura, nel 2021, ha permesso il recupero di quei beni. L'amministrazione – prosegue ancora la commissione – anche in questa occasione ha dimostrato scarsa collaborazione perché non ha riassegnato agli aventi diritto una decina degli alloggi liberati e pronti all’uso.

Da questo quadro emerge la soggezione degli amministratori al potere intimidatorio della criminalità locale con il risultato che coloro che avevano la responsabilità amministrativa della cosa pubblica non hanno voluto o saputo opporsi alle ingerenze mafiose, lasciandosi condizionare da esse o essendo compiacenti, abdicando di conseguenza alle funzioni istituzionali proprie dell’ente locale di perseguire il bene comune. Come il caso di un abusivo, parente di un capo clan assassinato nel 2019, che ha presentato un'istanza di sanatoria per la sua posizione illecita dichiarando falsamente di non aver reddito. Pur risultando in maniera evidente dagli atti del fascicolo che aveva dichiarato il falso, il Comune non ha denunciato l’episodio all’autorità giudiziaria.

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Elezioni del 2020 inquinate

"Emergerebbe la diretta estrinsecazione della capacità delle organizzazioni criminali del territorio di indirizzare il voto su propri candidati, a scapito degli altri, con conseguente grave pregiudizio per la corretta formazione della volontà popolare in ordine all’esercizio del diritto di voto e alla libera scelta degli amministratori da cui essere governati”

Sotto la lente di ingrandimento anche le elezioni amministrative del 2020 a Trinitapoli. La commissione ha accertato che un presunto esponente di uno dei clan della mafia locale avrebbe svolto “una intensa” campagna elettorale  a favore di alcuni candidati alle ultime amministrative facendo pressione su alcuni elettori attraverso i social, elargendo – durante l’emergenza pandemica del Covid 19 – pacchi e buoni alimentari ma anche con velate minacce e intimidazioni contro gli elettori, utilizzando – si legge nel decreto di scioglimento – anche un linguaggio tipicamente mafioso evocante la personale collocazione del contesto criminale di Trinitapoli con la postilla che “poi al momento opportuno avrebbe detto come sdebitarsi”, ossia con l’indicazione del voto. Su questa vicenda è in corso un processo, ancora alle battute iniziali, in cui Libera si è costituta parte civile.

“Sono tutte valutazioni non supportate da fatti concreti", afferma la difesa dell’ex sindaco Losapio. L'esponente politico ricorda che, dopo la denuncia di alcuni consiglieri di opposizione, "il pm titolare dell’inchiesta avrebbe chiesto l’archiviazione". Per la commissione, invece, quella è la fotografia dalla quale “emergerebbe la diretta estrinsecazione della capacità delle organizzazioni criminali del territorio di indirizzare il voto su propri candidati, a scapito degli altri, con conseguente grave pregiudizio per la corretta formazione della volontà popolare in ordine all’esercizio del diritto di voto e alla libera scelta degli amministratori da cui essere governati”. La conferma è giunta dallo stesso esponente della criminalità organizzata che, nel corso di un interrogatorio ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia, ha ammesso in maniera esplicita di essere il trait d’union tra un noto capo clan locale ucciso nel 2019 e gli esponenti della classe politica. La commissione ha avuto anche altri riscontri sulle frequentazioni tra l’ex sindaco Losapio e proprio quel capo clan assassinato: “Non conosco queste persone – ha ribadito più volte l’ex primo cittadino –. Non le conosco e con loro non ho mai avuto alcun tipo di frequentazione. E nessuno ha mai condizionato le mie scelte, sia da sindaco sia quando ero assessore”.

Insomma, Trinitapoli ne esce come un contesto urbano fortemente condizionato dall’agire degli esponenti di spicco della criminalità organizzata mafiosa e conferma l’influenza ambientale, tipica delle organizzazioni mafiose del “basso Tavoliere” capaci di condizionare, in più settori amministrativi, le scelte dell’amministrazione comunale di Trinitapoli che, davanti alle occupazioni abusive, è apparsa inerme, succube e incapace di ripristinare la legalità.

Foggia, i clan dentro i municipi

In Puglia 24 comuni sciolti per mafia dal 1991 a oggi

Con lo scioglimento di Trinitapoli sale a 24 il numero dei Comuni pugliesi sciolti per infiltrazioni mafiose dal 1991 a oggi (il primo fu Gallipoli nel settembre del 1991): cinque tra il 2021 e il 2022. Trinitapoli è stato il primo comune della Bat ad essere sciolto. Quando nel 1993 venne sciolta Trani la nuova provincia ancora non esisteva.  La città di Trinitapoli è parte del territorio ofantino, insieme a Margherita di Savoia, anch’essa una volta appartenente alla provincia foggiana, dove da anni è in atto una guerra che vede contrapposti i clan De Rosa-Miccoli-Buonarota e Gallone-Carbone. La forza dei due opposti sodalizi è determinata anche dalle sinergie che sono riusciti a consolidare, soprattutto negli ultimi anni, con le mafie di altre province, soprattutto con Foggia e Cerignola. Proprio il boss Cosimo-Damiano Carbone ucciso a Trinitapoli nell’aprile del 2019 era molto legato, per interessi e traffici illeciti, con i Moretti-Pellegrino-Lanza uno dei clan della Società foggiana. L’alleanza portò Pasquale Moretti, che aveva paura che qualcuno potesse uccidere suo padre Rocco, considerato punto di riferimento della criminalità foggiana, a chiedere all’alleato Giuseppe Gallone di intercedere con Enzo Miucci “U’ criatur”, reggente del clan dei montanari di Monte Sant’Angelo – i Li Bergolis-Miucci –  per arrivare a una pace con i Lombardi-Ricucci-La Torre. La mafia di Trinitapoli crea alleanza e interessi con quella di Monte Sant’Angelo, Foggia (leggi l'articolo sul commissariamento), Cerignola e altri comuni pugliesi sciolti per infiltrazioni mafiose e dove sarebbero emersi stretti rapporti di esponenti della malavita con amministratori e dipendenti dei comuni interessati oltreché un uso distorto della cosa pubblica e scarsa trasparenza delle procedure amministrative.

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