
Quando Catania si allaga, la crisi climatica è un alibi

2 novembre 2020
Blu mais è il nome dato all’operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze contro un traffico illecito di rifiuti speciali provenienti dal distretto conciario di Santa Croce sull’Arno, veleni allo stato puro spacciati per fertilizzanti e riversati nei campi agricoli. Facendo il verso all’economia circolare, in maniera completamente illegale, rifiuti pericolosissimi per la salute umana e in genere per l’ecosistema, contenenti cromo esavalente e alte concentrazioni di idrocarburi, diventavano cibo per campi coltivati a mais, grano e girasole, tra le province di Firenze e Pisa. Veniva messa in scena persino la vendita del finto concime, solo che questa volta chi lo acquistava veniva pagato. Un mercato al contrario, com’è il mondo dei trafficanti. Uno spaccato da incubo che si ripresenta a cadenza oramai quotidiana.
Come una luce accecante, i rifiuti attraggono criminali come falene. Criminali a caccia di soldi facili, spesso rafforzati dalla convinzione che trafficare mondezza sia cosa facile e senza bisogno di sporcarsi troppo le mani. Appena l’emergenza Covid si è allentata e gli inquirenti si sono rimessi per strada, le inchieste di questo tipo si sono moltiplicate come ai tempi d’oro dell’ecomafia campana, che pare non abbia più il monopolio del copyright per far sparire e riapparire monnezza e trasformarla in oro colato. Sta succedendo lungo tutto lo Stivale, spesso pure con lo zampino delle mafie che sono a loro agio sia nel condizionamento dei sistemi di appalti e sub appalti, sia nel controllo classico (più o meno diretto) di ditte operative nel movimento terra e trasporto (quindi iscritte all’albo dei Gestori ambientali) oltre che nella gestione e trattamento dei rifiuti. Eserciti che vantano sempre nuove reclute si cimentano a ruota libera sul tema con poche varianti.
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