Dove arriva covid, arrivano le deroghe. Anche sui rifiuti

La prossima settimana sarà approvata la relazione della commissione Ecomafie sui rifiuti da coronavirus. Al centro delle preoccupazioni una norma che potrebbe fare crescere il numero di roghi e favorire le mafie

Francesca Dalrì

Francesca DalrìGiornalista, il T quotidiano

24 giugno 2020

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Nella drammaticità dell’emergenza sanitaria la priorità era intervenire e intervenire subito. Ma la fretta, spesso, è cattiva consigliera e a farne le spese è l’ambiente. È successo con i guanti, sconsigliati a inizio giugno dall’Organizzazione mondiale della sanità che sostiene possano anzi aumentare il rischio infezione, ma ormai finiti per strada e in mare. È successo con la tassa sulla plastica, approvata a dicembre dopo mesi di discussioni e ora rimandata di un anno su iniziativa di Italia Viva che mai l’aveva digerita. Ed è successo con una norma sullo stoccaggio dei rifiuti contenuta nella legge di conversione del cosiddetto decreto Cura Italia.

L’articolo in questione è il 113bis con cui il deposito temporaneo di rifiuti presso le aziende è stato esteso fino a un quantitativo doppio rispetto a quello normalmente previsto e per un periodo massimo di 18 mesi. Una norma apparentemente innocua e giustificata dalla pandemia, se non fosse per un’altra “emergenza”, quella degli incendi dolosi agli impianti di raccolta, smaltimento e stoccaggio dei rifiuti. “Nella relazione che approveremo la prossima settimana – spiega a lavialiberaStefano Vignaroli, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali (cosiddetta commissione Ecomafie) – ci siamo occupati di questa norma che ci preoccupa perché non ha un termine fissato ed esula dunque dall’emergenza coronavirus. La situazione dei depositi di rifiuti era già precaria a causa del fenomeno degli incendi e questo intervento potrebbe peggiorarla”. La precedente commissione Ecomafie aveva già indagato il fenomeno dei roghi (contando tra il 2014 e il 2017 ben 259 incendi), che risulta ancora in crescita: a maggio 2019 il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha dichiarato che nei 12 mesi precedenti si sono verificati altri 262 roghi.

Nel dossier a cui ha lavorato la Commissione una particolare attenzione è stata dedicata anche all'impatto ambientale dei rifiuti da Covid-19

L’allarme delle procure

“Ciò che preoccupa è un aumento di capacità, sia quantitativa che temporale, per tutti gli impianti su tutto il territorio italiano in maniera indifferenziata nonostante l’emergenza sia stata diversa da regione a regione”, ha spiegato lo scorso 17 giugno in audizione alla Commissione Pasquale Fimiani, sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione.

Due, in particolare, i fronti aperti per le mafiesecondo la Procura generale della Cassazione (presso cui è costituita la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo) che ha raccolto le segnalazioni delle procure. Da un lato, vi sono indagini in corso da cui risulta che gli stessi impianti per cui è stata aumentata la capacità di smaltimento dei rifiuti “sono ritenuti espressamente appetibili per la criminalità organizzata”. Dall’altro, “importanti settori della criminalità organizzata mafiosa hanno manifestato interesse nell’acquisizione attraverso prestanome di società regolarmente autorizzate al trattamento dei rifiuti e ora in crisi di liquidità”.

A destare allarme è anche la diminuzione in emergenza dei controlli sugli impianti, un fattore già individuato dalla precedente Commissione tra le possibili cause del fenomeno degli incendi. “Non era proprio il momento per una simile disciplina in deroga al regime ordinario delle autorizzazioni – ha commentato Alessandra Dolci, procuratore aggiunto e capo della Direzione distrettuale antimafia a Milano nell’audizione del 9 giugno –. Abbiamo indagini in corso che danno conto del particolare interesse delle organizzazioni criminali, prima tra tutte la ‘ndrangheta, nel traffico di rifiuti anche da Covid-19”.

Lombardia, la nuova Terra dei fuochi

La preoccupazione del procuratore Dolci deriva dall’esperienza su un territorio quantomai difficile che negli ultimi anni ha fatto parlare di nuova Terra dei fuochi. “Con l’indagine Feudo abbiamo per la prima volta registrato un flusso inverso dei rifiuti che formalmente dalla Campania salivano in Lombardia per poi finire abbandonati in discariche abusive in Calabria”, ha raccontato. Dei 259 incendi documentati dalla precedente Commissione il 47,5 per cento si è concentrato al Settentrione. “Solo in Lombardia tra il 2017 e il 2018 abbiamo registrato una cinquantina di incendi dolosi”.

Per la 'ndrangheta il business dei rifiuti è la testa di ponte per allargare la propria rete relazionale con il mondo imprenditoriale
Alessandra Dolci - Procuratore aggiunto e capo della Dda di Milano
Una foto dell'incendio all'impianto di rifiuti di via Chiasserini a Milano del 14 ottobre 2018
Una foto dell'incendio all'impianto di rifiuti di via Chiasserini a Milano del 14 ottobre 2018

Il più eclatante è stato forse il rogo all’impianto di via Chiasserini a Milano del 14 ottobre 2018 quando andarono in fumo 13mila tonnellate di rifiuti illegalmente stipati. Per domare le fiamme fu necessario l’intervento di 172 equipaggi dei pompieri. “Il sito in questione era stato oggetto di cessione di un ramo d’azienda e a giugno 2018 si scoprì che la polizza fideiussoria presentata dalla società subentrate era falsa. I controlli nel sito vennero tuttavia effettuati solo a ottobre e due giorni dopo l’impianto andò in fiamme – ha ricordato Dolci –. È memore di queste esperienze che mi sento di affermare che aumentare la capacità di stoccaggio in un periodo di allentamento dei controlli non sia affatto opportuno. A parer mio l’emergenza sanitaria non giustifica questa deroga soprattutto considerata l’irresistibile attrazione delle mafie verso il traffico di rifiuti – covid o non covid – in Lombardia. Per la ‘ndrangheta questo business è la testa di ponte per allargare la rete relazione dell’organizzazione con il mondo imprenditoriale”.

Nella sua ultima relazione semestrale anche la Direzione investigativa antimafia ha dedicato un capitolo agli ecoreati legati allo smaltimento illecito dei rifiuti

Una non emergenza

Ciò che lascia più perplessi della deroga è che già a fine aprile – quando il decreto Cura Italia è stato convertito in legge introducendo anche l’articolo incriminato, il 113bis – Valeria Frittelloni, responsabile del Centro nazionale dei rifiuti e dell’economia circolare dell’Ispra spiegava a lavialibera come ci si attendesse “una riduzione della produzione di rifiuti a causa del calo dei consumi delle famiglie e della chiusura delle attività commerciali”. E così è stato: meno mezzo milione di tonnellate in due mesi secondo il sostituto procuratore Fimiani.

Perché allora prevedere un aumento della capacità e dei tempi di stoccaggio dei rifiuti se non vi era una reale emergenza? “Non me lo so spiegare – confida Vignaroli –. Su tanti aspetti il virus ci ha trovati impreparati e il governo ha fatto il possibile per intervenire subito. All’inizio la norma poteva anche avere un senso, ora non più, soprattutto non senza la previsione di un limite temporale. Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha però già assicurato il suo intervento per correggere la situazione”.

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