13 ottobre 2021
Il 1° settembre 2015 al Palazzo di Città di Cerignola il sindaco Franco Metta celebra un matrimonio. Lo sposo è un pluripregiudicato affiliato a uno dei clan cittadini. Uno dei testimoni è un capoclan e pure tra gli invitati ci sono uomini condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso. Metta, politico di destra e avvocato di lungo corso, difensore di tredici condannati nel processo Cartagine che negli anni Novanta ha certificato la mafiosità dei clan Piarulli-Mastrangelo-Ferraro e Ditommaso, dovrebbe sapere chi ha di fronte, ma si muove senza cautele: dopo le nozze, partecipa ai festeggiamenti e in pubblico elogia sposi, testimoni e invitati. Non è l’unico caso: "Oggi sposo due amici il cui amore ho visto nascere, crescere, consolidarsi – scrive su Facebook il 29 marzo 2016 –. Auguri a Franchino e a Francesca". Franchino, anche lui, è un pluripregiudicato e uomo di punta dei clan. Sono alcuni dei tanti episodi che hanno spinto il ministero dell’Interno a commissariare, l’11 ottobre 2019, l’amministrazione comunale di Cerignola per infiltrazioni mafiose. Metta, nel frattempo, è ricandidato per le amministrative nonostante la Corte d’appello di Bari l’abbia giudicato incandidabile, sentenza non definitiva. "Di matrimoni civili ne ho celebrati a iosa", si era difeso con un video su YouTube dopo lo scioglimento. Però non c’è soltanto questo alla base della decisione.
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