3 novembre 2020
Avevano accusato di corruzione un loro superiore, poi andato sotto processo. In seguito hanno fatto carriera nella sanità siciliana. Infine sono finiti a loro volta in manette: secondo gli investigatori perché hanno intascato tangenti per truccare quattro gare d’appalto dal valore totale di circa 600 milioni di euro. I due dirigenti pubblici avrebbero raccolto mazzette per due milioni di euro (anche se ne sono state accertate per 160mila euro) da grandi società del settore intenzionate a ottenere, a scapito dei concorrenti, incarichi per la fornitura, gestione e manutenzione di apparecchiature elettromedicali, settori in cui circolano moltissimi soldi. Si chiama Sorella sanità l’inchiesta della Guardia di finanza di Palermo che il 20 maggio scorso ha svelato il sistema costituito da Fabio Damiani e Antonino Candela. Quest’ultimo, nell’ottobre 2016, aveva addirittura ricevuto al Quirinale la medaglia d’argento al merito per la sanità pubblica in quanto "autore di circostanziate denunzie" contro il suo capo, il direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale 6 di Palermo, Salvatore Cirignotta. Le sue denunce avevano provocato un "aggravamento dei rischi per la sua incolumità personale". Tuttavia, secondo il giudice per le indagini preliminari Claudia Rosini, Damiani e Candela erano al centro di "una corruzione sistemica che permette il conseguimento di ingentissimi illeciti profitti, in danno della qualità dei servizi offerti alla collettività, a beneficio di pubblici amministratori infedeli, faccendieri, e aziende". E dire che Candela, riassume il gip, "si atteggiava a strenuo paladino della legalità". Sorella sanità è soltanto uno degli ultimissimi casi di indagini su tangenti. In Italia tra il 2016 e il 2019 l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha contato 152 episodi di corruzione, uno a settimana. Tra i settori a maggior rischio di corruzione è quello sanitario con 19 casi pari al 13% del totale.
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