Raffaele Oriani ospite del festival Liquida 2024. Foto di Salvatore Madau
Raffaele Oriani ospite del festival Liquida 2024. Foto di Salvatore Madau

A Gaza è morta anche la verità. Conversazione con Raffaele Oriani

Tra censura e autocensura, i principali media italiani hanno scelto di non raccontare quel che avveniva nella Striscia, consentendo ai politici di ignorare la questione e, di fatto, aiutando il genocidio. "Per questo ho lasciato il Venerdì di Repubblica", racconta il giornalista Raffaele Oriani

Elena Ciccarello

Elena CiccarelloDirettrice responsabile lavialibera

1 settembre 2025

Raffaele, dal 5 gennaio 2024 hai lasciato il tuo lavoro al Venerdì di Repubblica. Perché?

Perché quella a Gaza non era una guerra, ma uno sterminio di fronte al quale i media non si sono schierati dalla parte delle vittime, facendo quindi il gioco dei carnefici. Gedi e Repubblica non sono stati diversi dagli altri e per me era insostenibile.

Nei tuoi libri hai ricostruito in modo dettagliato come i media sono stati "di supporto allo sterminio". Ci fai una sintesi?

Si parla di Gaza quel tanto che basta a non disturbare il genocidio, come se ci fosse una pellicola protettiva, anche linguistica, attorno ai fatti. Nessun giudizio, nessun aggettivo, mai una parola emotivamente carica, tutto lontano dalla prima pagina

È semplice: si parla di Gaza quel tanto che basta a non disturbare il genocidio. È come se ci fosse una pellicola protettiva, anche linguistica, attorno ai fatti. Non si trovano mai nei racconti un esercito o un carro armato israeliano che uccide i palestinesi, perché sono sempre i palestinesi che "rimangono uccisi" in un raid. Si finge un linguaggio tecnico parlando di blitz e incursioni: mai un massacro, una mattanza, una carneficina. E poi si pubblica tutto lontano dalla prima pagina. Ci sarà pure un modo per raccontare un fatto enorme, che si ricorderà per secoli, che non sia la cronaca a pagina 15 del giornale? Pensiamo all'arsenale comunicativo che è stato dispiegato per la guerra in Ucraina, con foto, titoli, interviste, editoriali e vignette. Putin ci ha messo un paio d'ore a diventare un sanguinario con cui non si può scambiare una parola. Invece a gennaio 2024, mentre scrivevo il primo libro per People, Gaza, la scorta mediatica, sulla Striscia i giornali davano spazio a cento fatti e nessun giudizio. Quello dei palestinesi è stato un genocidio senza aggettivi, mai una parola emotivamente carica.

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