Una delle barche della Global Sumud Flotilla salpata da Barcellona
Una delle barche della Global Sumud Flotilla salpata da Barcellona

Pietro, tra i più giovani della missione Sumud Flotilla per Gaza: "L'indifferenza è complicità"

Una settimana prima di salpare da Barcellona con la missione umanitaria, il giovane genovese ha lasciato il lavoro sui charter di lusso. Ora naviga verso Tunisi, dove nelle ultime ore due barche sono state attaccate da droni: "Vogliono intimidirci, ma continuiamo. Da Meloni ipocrisia"

Paolo Valenti

Paolo ValentiRedattore lavialibera

10 settembre 2025

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“Una scelta politica e umana”. Così Pietro, 22enne di Genova, parla della decisione di imbarcarsi con la Global Sumud Flotilla, la flotta civile diretta a Gaza con l’obiettivo di “rompere l’assedio israeliano e aprire un corridoio umanitario”. Coetaneo di Greta Thunberg, è tra i più giovani membri della missione. 

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Una settimana prima della partenza, avvenuta il primo settembre da Barcellona, si trovava a bordo di uno yacht in Sardegna come marinaio. Poi la decisione di licenziarsi e unirsi alla missione. Lo raggiungiamo al telefono mentre, a bordo di un monoscafo di 12 metri con altri cinque attivisti di diverse nazionalità, naviga verso Tunisi dopo aver fatto tappa a Minorca. A lavialibera confessa la sua preoccupazione per gli attacchi con droni che nelle ultime ore hanno causato incendi su due imbarcazioni ferme nelle acque tunisine: “Ora il pensiero che se vogliono possono attaccarci, persino ucciderci, è più reale – dice –. Ma è un modo per intimorirci, noi invece dobbiamo stare uniti e continuare fino alla meta”.

Pietro, perché hai deciso di imbarcarti per Gaza?

Sono sempre stato attirato dal mare: sono nato a Genova e ho frequentato l’istituto nautico, poi due anni fa ho iniziato a lavorare come marinaio sui charter di lusso durante l’estate. Già da tempo, però, avevo maturato la decisione di lasciare: non riesco più a stare in un mondo che ruota attorno al lusso e al consumo, ho visto cose che non riesco ad accettare eticamente. Appena ho saputo della possibilità di imbarcarsi con la Flotilla, ho contattato gli organizzatori dando la mia disponibilità: era l’occasione per iniziare a vivere il mare in modo diverso. Ho dovuto prima compilare un questionario sulla mia esperienza in mare e le mie motivazioni, poi affrontare un colloquio online, in cui mi è stato chiesto se potessi arrivare a Barcellona il giorno successivo. Non ho esitato e sono partito.

Al di là della dimensione personale, qual è il senso politico che dai a questa missione?

"Vogliamo portare solidarietà concreta e aprire un corridoio umanitario, ma anche risvegliare le coscienze, smuovere i nostri governi, restituire un senso di umanità"

L’obiettivo primario è portare gli aiuti a Gaza e aprire un corridoio umanitario che sia permanente. Abbiamo a bordo medicinali, riso, biscotti, farina. Ma vogliamo anche risvegliare le coscienze, smuovere qualcosa, restituire quel senso di umanità che sembrava perduto. In parte ci stiamo già riuscendo: alcune istituzioni si stanno interrogando, migliaia di persone sono scese in piazza a Genova, Roma e Catania, oltre che in decine di altre città europee e non solo, i portuali hanno promesso di mobilitarsi e tante altre organizzazioni hanno risposto all’appello.

Come procede a bordo?

Bene, ci stiamo conoscendo pian piano con gli altri membri dell’equipaggio: ci siamo imbarcati tutti spinti dalla stessa motivazione, ma veniamo da esperienze e percorsi diversissimi. Nel concreto, passiamo le giornate discutendo tra noi, aggiustando quello che si rompe, comunicando con le altre imbarcazioni per capire quale rotta seguire, quali sono le condizioni meteo, facendo esercitazioni per prepararci a diversi scenari: sorvolo di droni, intercettazione in acqua… 

Chi vi attacca parla spesso della Flotilla come di una “crociera”. Tu che conosci anche quel mondo, cosa ne pensi?

È tutt’altro che una crociera. Non siamo qui per fare una vacanza, ma per portare solidarietà concreta a un popolo, il che comporta anche mettere a rischio le nostre vite. Certo, non è nulla in confronto a quello che affronta il popolo palestinese, che a differenza nostra non l’ha scelto. Ma affrontare una missione di questo tipo è faticoso, come lo è stata la preparazione.

Come vi siete preparati?

Appena arrivati a Barcellona sono stati composti gli equipaggi e a ognuno è stata assegnata un’imbarcazione. Alcune necessitavano di molto lavoro perché potessero affrontare un viaggio così lungo, per cui abbiamo passato la settimana prima della partenza a sistemarle. Poi abbiamo seguito training sulla nonviolenza e sulle questioni legali, per prepararci a cosa ci aspetta, per esempio, nel caso in cui venissimo intercettati e sapere come comportarci.

Cosa pensi possa succedere quando vi avvicinerete a Gaza?

Lo scenario più probabile è che tentino di intercettarci in acque internazionali come hanno fatto negli ultimi due casi. Ma questa volta le barche sono molto più numerose, quindi anche per le forze israeliane sarà più difficile. E abbiamo anche gli occhi dei media e dei social puntati su di noi.

A proposito, alcuni, anche tra chi sostiene la causa palestinese, temono che la Global Sumud Flotilla possa distogliere l’attenzione da quanto sta succedendo a Gaza. Capisci questa preoccupazione?

Certo. Vediamo già che molto di quello che accade nella Striscia fatica a passare sui giornali e le televisioni. Ma credo che le due cose non si escludano: il nostro obiettivo è contribuire ad aprire gli occhi sul genocidio. 

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Il ministro israeliano Ben Gvir ha detto che sarete trattati come terroristi. Ti spaventa?

Di certo non mi rassicura, ma quando ho scelto di imbarcarmi ho messo in conto anche il rischio di poter essere arrestato e incarcerato in Israele. Il loro gioco è una guerra mediatica nei nostri confronti, puntano a spaventarci e metterci in cattiva luce. Ma io so di non essere un terrorista, anzi lo è chi continua a fare strage di civili a Gaza.

La presidente Meloni ha però assicurato che vi assicurerà “tutte le misure di tutela e di sicurezza”...

"Le parole di Meloni rivelano la sua ipocrisia: da una parte dice che ci tutelerà e che l'Italia sta fornendo aiuti umanitari, dall'altra continua a mantenere accordi con Israele e dargli copertura"

Più che le parole del governo mi rassicura la gente che è scesa in piazza, i portuali che hanno promesso di bloccare tutto se perderanno il contatto con la Flotilla. Quello che ha dichiarato Meloni rivela la sua ipocrisia: da una parte dice che ci tutela e che l’Italia sta già facendo la sua parte fornendo aiuti umanitari, dall’altra mantiene gli accordi con Israele e continua a dargli copertura.

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Come si può contribuire alla vostra missione dalla terraferma?

Si può continuare a donare alla Flotilla e moltiplicare il messaggio sui social. Ma è importante anche continuare a scendere in piazza, organizzarsi, informare chi ci sta attorno su cosa sta succedendo in Palestina, far pressione sulle istituzioni perché finalmente alzino la voce, taglino i rapporti con Israele e si decidano a fare quello che stiamo facendo noi. Il messaggio è semplice: c’è un genocidio in corso e che bisogna fare qualcosa, essere indifferenti oggi significa essere complici.

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