
Dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro si aprono partite importanti

23 dicembre 2022
Sumud è una parola araba difficile da tradurre. Vuol dire fermezza o perseveranza, ma anche resilienza o resistenza. Eppure, sebbene abbia a che fare con l'azione, non riguarda apertamente la lotta armata. Per i palestinesi è un simbolo nazionale, una strategia politica e un valore culturale. Oggi a Gaza il Sumud si nasconde nella vita di tutti i giorni, fa capolino tra le macerie, i gazawi ci custodiscono la propria umanità.
Dal 2007 questa sottile lingua di terra è una prigione a cielo aperto. Ci vivono oltre 2 milioni di persone in appena 360 chilometri quadrati. Israele controlla i confini, le coste, lo spazio aereo. E dentro c'è Hamas, col suo regime che limita le poche libertà rimaste. Nel nord della Striscia, a pochi passi da un'enorme discarica, sorge Al-Nada, sobborgo animato da centinaia di bambini. A Gaza gli under 14 sono oltre 800 mila, quasi la metà della popolazione, e nessuno di loro ha mai visto cosa c'è oltre il confine. "Non hanno niente, giocano per strada – racconta Mohammed Almajdalawi, che collabora con le ong internazionali – ma sono contenti lo stesso, per noi sono la cosa più importante". Tra i tanti significati del Sumud qui c'è la lotta demografica: fare figli per rimanere maggioranza e fronteggiare senza armi l'espansione dei coloni sionisti.
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Nel dicembre del 2000, a Palermo veniva firmata la Convenzione Onu contro il crimine organizzato transnazionale, presentata in termini trionfalistici come una svolta nella lotta ai fenomeni mafiosi in tutto il mondo. Ma cosa è cambiato da allora? Qual è lo stato dell'arte in fatto di contrasto ai traffici illeciti globali?