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16 settembre 2025
In Friuli Venezia Giulia il caporalato esiste ed è un problema serio. Anche nel Nord-Est i lavoratori della terra sono sfruttati e malpagati, nonostante svolgano un mestiere indispensabile per l’intero comparto agricolo. Il fenomeno illegale è diffuso e conosciuto ma fatica a emergere: i controlli sono insufficienti, i tavoli di lavoro tra sindacati, forze dell’ordine e autorità che faticano a riunirsi e il monitoraggio delle filiere è molto difficile.
Un passo in avanti è stato fatto lo scorso luglio, con un emendamento nel bilancio regionale che ha istituito l’Osservatorio contro il caporalato, stanziando un budget iniziale di 60mila euro da investire nel 2025. Il nuovo istituto diventerà operativo attraverso una delibera regionale. Fino ad allora tutto resta fermo.
“Siamo stati abituati a pensare che il caporalato e lo sfruttamento del lavoro in agricoltura fossero una peculiarità del Centro-Sud quando invece, come dicono gli esperti, è un problema strutturale che coinvolge tutta l’Italia. Le isole felici non esistono”. Così a lavialibera Paolo Attanasio, ricercatore sui temi dell’immigrazione e referente regionale di Idos, che per l'associazione Terra! ha curato il capitolo sul Friuli Venezia Giulia (Fvg) nel report “Gli ingredienti del caporalato. Il caso del Nord Italia”. “E comunque l’agricoltura – precisa Attanasio – si mantiene competitiva anche grazie allo sfruttamento della manodopera”.
Una gang sfruttava corrieri pachistani, al lavoro in appalto per Sda (Poste italiane)
In Fvg sono 16.400 le aziende agricole attive, con una superficie totale pari a 300mila ettari. Un numero che negli ultimi dieci anni è calato del 26,3 per cento. Oltre la metà dei terreni è coltivata a seminativi, 26mila ettari sono destinati alla produzione vitivinicola e oltre 3mila ettari sono utilizzati per la produzione di barbatelle, imprescindibili per l’impianto di un nuovo vigneto. I controlli sono pochi: nel 2023, su 2.109 ispezioni effettuate in tutta la regione, soltanto 111 hanno riguardato il comparto agricolo, vale a dire circa il 5 per cento del totale. Un dato in parte giustificato dall’esiguo numero di ispettori, appena 48 dei 108 necessari per eseguire controlli a tappeto.
In Fvg sono 16.400 le aziende agricole attive, con una superficie totale pari a 300mila ettari
Nel 2022, come riporta la ricerca, “vi erano 14.960 operai a tempo determinato e soltanto 2.561 a tempo indeterminato”. I precari sono l’85,4 per cento, ma il numero sale per i lavoratori stranieri, arrivando al 92,2 per cento. Secondo i dati Inps del 2023, “la componente straniera dei lavoratori agricoli ha superato la metà del totale, raggiungendo i 7.983 su un totale di circa 15mila”. Negli ultimi anni è cambiata anche la provenienza: ora la maggior parte è di origine pakistana.
“La flessibilità richiesta dal settore agricolo determina una grande precarietà per i braccianti – insiste Attanasio – tanto è vero che, come mi è stato detto da molti imprenditori e intermediari, se è vero che gli italiani non vogliono più lavorare nell’agricoltura anche gli stranieri, se solo potessero, ne farebbero volentieri a meno”.
Il quadro è complesso, perché per il lavoro sui campi domanda e offerta si intersecano con la questione migratoria. La posizione del Fvg, passaggio centrale nella rotta balcanica, rende gli oltre 4mila migranti ospitati nei centri di accoglienza straordinaria “una forza di lavoro ‘ideale’ da adibire al lavoro agricolo – osserva Attanasio – in quanto altamente ricattabile per via dell’estrema necessità di trovare un’occupazione remunerata in tempi brevi, e della scarsissima dimestichezza con la lingua e le regole del mondo del lavoro locale”.
Tutto questo fa sì che i braccianti subiscano diversi livelli di sfruttamento. E così, ad esempio, succede che parte della cifra riportata sulla busta paga venga riconsegnata all’intermediario dopo un prelievo al bancomat. O ancora, che per l’affitto di una stanza (spesso in realtà è un subaffitto) siano chiesti centinaia di euro.
I migranti sono altamente ricattabili per via dell’estrema necessità di trovare un’occupazione remunerata in tempi brevi, e della scarsissima dimestichezza con la lingua e le regole del mondo del lavoro localePaolo Attanasio
“Se un lavoratore è un richiedente asilo accolto in un progetto di accoglienza, è il sistema di accoglienza che in una prima fase si fa carico della sistemazione abitativa. Superati i 6mila euro annui, però, il lavoratore perde il diritto all’accoglienza e spesso finisce in questa doppia rete di sfruttamento, lavorativo e abitativo”. Dalla paga oraria – varia dai 3 ai 7 euro (limite sotto il quale è definito “sfruttamento”) – sono in molti casi scalate anche le spese per il trasporto. “In due ore è possibile viaggiare per quasi tutta la regione, senza sapere per quante ore verranno impiegati” fa notare Attanasio.
Sfruttamento e incidenti: questo non è un bel lavoro
C’è poi la questione della filiera, che nel settore vitivinicolo presenta al suo interno significative differenze geografiche: a ovest, le colture della zona di Pordenone, con un grande sistema cooperativo e centinaia di piccoli produttori; a est, nella zona del Collio, la presenza di vitigni pregiati consente agli agricoltori di guadagnare molto di più per ogni bottiglia venduta e di non doversi quindi “piegare” alla grande distribuzione organizzata, che decide il prezzo per gli altri prodotti.
Esistono più strade per affrontare il problema. “La repressione non è sufficiente – dice ancora Attanasio – semmai serve fornire strumenti concreti agli agricoltori onesti. Occorre, ad esempio, far funzionare la rete agricola del lavoro di qualità, per invogliare all’iscrizione e soprattutto per riuscire a differenziarsi da chi invece sfrutta i lavoratori”,
Il contrasto allo sfruttamento può avvenire anche controllando le nuove partite iva “senza terra”, ossia aziende che non hanno terreni di proprietà da coltivare: nel 2023, nella sola provincia di Pordenone, ne sono state aperte 73.
Occorre far funzionare la rete agricola del lavoro di qualità, per invogliare all’iscrizione e soprattutto per riuscire a differenziarsi da chi invece sfrutta i lavoratoriPaolo Attanasio
Per riuscire a monitorare la situazione, indispensabile è l’attività del neonato Osservatorio regionale sul caporalato “Soprattutto su tre fronti – spiega Attanasio –, ossia trasporto, alloggio e consapevolezza dei diritti”.
Un passo decisivo per contrastare l’illegalità nell’agricoltura è stato compiuto a fine luglio, quando durante l’approvazione del bilancio regionale è stato inserito un emendamento che ha istituito l’Osservatorio regionale sul caporalato, al quale spetta monitorare, analizzare e proporre percorsi di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare e dello sfruttamento lavorativo.
Al suo interno figurano rappresentanti della Regione, delle organizzazioni sindacali e datoriali del settore agricolo, degli enti locali, degli enti ispettivi, dei Centri per l'impiego, dell'Osservatorio regionale antimafia e degli altri soggetti pubblici e privati con competenze in materia di lavoro, legalità e inclusione sociale.
A inizio settembre, in assenza di convocazioni ufficiali, le segreterie regionali dei tre maggiori sindacati che si occupano di agricoltura – Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil – hanno inviato una nota congiunta per chiedere di avviare la collaborazione all’assessorato regionale al lavoro, guidato da Alessia Rosolen.
I tanti episodi che negli ultimi tempi hanno coinvolto lavoratori stranieri sfruttati nei vigneti, nei cantieri navali, nell’edilizia e nella ristorazione ci dicono che il problema è serioLibera
“Ribadiamo la nostra preoccupazione sull’evoluzione del mercato del lavoro del comparto – hanno scritto i segretari Stefano Gobbo, Maurizio Comand e Pier Paolo Guerra –, i casi di lavoro irregolare e sfruttamento che riusciamo a intercettare o ci vengono denunciati sono sempre più numerosi, con comportamenti che spesso sfociano in veri e propri fenomeni del caporalato. Riteniamo vi sia l’assoluta necessità di convocare l’Osservatorio, aspettiamo ancora la convocazione in prefettura per l’avvio del tavolo di lavoro tecnico e per ’istituzione delle sezioni territoriali del lavoro agricolo di qualità all’Inps”.
All’appello dei sindacati si è aggiunto quello di Libera Fvg: “I tanti episodi che negli ultimi tempi hanno coinvolto lavoratori stranieri sfruttati nei vigneti, nei cantieri navali, nell’edilizia e nella ristorazione ci dicono che il problema è serio. Non si può fare finta di niente, non possiamo vedere e girarci dall’altra parte”.
Il consigliere regionale di minoranza Furio Honsell, che ha presentato l’emendamento, spiega a lavialibera: “L’istituzione dell’Osservatorio ha un grande valore sociale, economico e politico. Non si può tornare indietro, il rischio è che senza pressioni di realtà quali sindacati e associazioni, il nuovo organismo rimanga sospeso o definanziato. Per questo serve monitorare il prossimo assestamento di bilancio regionale, in programma a ottobre, e assicurarsi che le risorse rimangano e vengano utilizzate nel migliore dei modi”.
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