
A Gaza, la tragedia dei dispersi e dei corpi senza nome



1 novembre 2025
Alcuni parlano addirittura di epidemia, tanto la solitudine si è diffusa nel mondo. Un male che ne innesca a sua volta altri, con gravi conseguenze sulla salute personale, sui legami, sulla società e sul sistema sanitario nazionale. In un paese dove l’età media si alza e si fanno meno figli, sempre più persone anziane soffrono di solitudine. Diego De Leo, medico, è professore emerito in psichiatria alla Griffith University, in Australia, dove ha insegnato per anni, ed è presidente dell’Associazione italiana psicogeriatria, che da otto anni dedica al tema una Giornata nazionale.
Un filo (telefonico) spezza la solitudine degli anziani
Professore De Leo, innanzitutto: cosa si intende per solitudine?
Per solitudine intendiamo una qualità soggettiva, la sensazione di essere soli, che può avvenire anche in un contesto di moltitudine. La persona si sente sola, non conosciuta dagli altri e non capita. Ha sensazioni di straniamento, una mancanza di connessione con gli altri. Va distinta dall’isolamento sociale, che è un dato obiettivo e riguarda l’essere fisicamente isolati da altre persone. Ha quindi un’accezione negativa, non è la beata solitudo, quella ricercata per meditare, riflettere, connettersi a Dio.
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