(Collage realizzato con immagini di Pexels e Freepik)
(Collage realizzato con immagini di Pexels e Freepik)

C'è un filo (telefonico) che spezza la solitudine degli anziani a Milano

A Milano, più della metà dei nuclei familiari è composta da persone sole, molte delle quali anziane. L'Auser offre loro un servizio di compagnia telefonica dedicata: con una chiacchierata i volontari spezzano la monotonia di chi vive in solitudine. Abbiamo passato una mattinata con loro per capire come funziona

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

19 settembre 2025

  • Condividi

A volte basta poco per spezzare la monotonia di una giornata solitaria, lunghissima soprattutto se si è anziani in una grande città come Milano. Il telefono che suona e poi una voce amichevole possono fare la differenza. Lo sanno i volontari dell’Auser di Milano, che ogni giorno chiamano alcune persone che vivono da sole per fare una chiacchierata sul più e sul meno, assicurarsi delle loro condizioni, ascoltare eventuali sfoghi e, perché no, fare un cruciverba insieme, seppure a distanza. “Signora Annamaria, buongiorno sono Francesca del Filo d’Argento. Come sta?”. A comporre il numero è Francesca Parigi, che da qualche tempo fa la volontaria per l’associazione nata nel 1989 con l'obiettivo di favorire l'invecchiamento attivo degli anziani e valorizzare il loro ruolo nella società. “Mi occupo della telefonia sociale, faccio le telefonate a questo gruppo di assistiti che seguiamo e tengo il filo organizzativo dei contatti, così da chiamarli ogni due, tre, quattro giorni”. Non è soltanto un momento di compagnia: “Verifichaimo che vada tutto bene, che le medicine vengano prese regolarmente, che la salute sia buona, che non ci sia bisogno di un intervento. Spesso queste persone hanno i figli lontani”, aggiunge Fulvia Colombini, presidente dell’Auser Lombardia e vicepresidente nazionale dell’organizzazione.

Sono otto i volontari milanesi che si occupano di questa attività, una delle tante rivolte alle persone entrate nella terza età: gite, corsi o, spesso, l’accompagnamento a visite mediche, offerto tramite il servizio chiamato “Filo d’argento” (numero verde 800-995988) a chi – tesserandosi – diventa socio dell'Auser. “È un centralino di ascolto e registriamo tutte le esigenze che il cittadino ci pone", spiega Francesco Cardullo, che coordina il servizio. Ogni giorno ricevono una ventina di telefonate. "Alcune sono ‘informative’ – aggiunge – perché prima di fornire un servizio abbiamo bisogno di conoscere la persona e capire se riusciamo a dare un aiuto".

Con il Covid, niente più visite a casa

“Serve una sensibilità e la capacità di cogliere le sfumature per capire qual è il bisogno di quella persona. I volontari di base hanno già questa attitudine e questa attenzione”Francesca Parigi - Volontaria dell'Auser Milano

“Alcune persone andavano a casa a trovare i nostri soci, facevano un po’ di compagnia, scambiavano quattro chiacchiere, ma con il Covid abbiamo dovuto interrompere questa attività – prosegue Cardullo –. Quindi abbiamo cercato di essere vicini alla gente con il telefono”. Erano circa 150 le persone che venivano contattate in questo modo. “Finito il Covid, abbiamo continuato a fare questa attività, però si è interrotta quella della visita domiciliare”, dice ancora il volontario.

“Attualmente 80 persone ci hanno chiesto di essere contattate per quella che chiamiamo una compagnia telefonica – aggiunge Francesca Parigi –. Sono ‘grandi anziani’. Ci chiedono la compagnia perché spesso, anche se hanno figli, nipoti, eccetera, le giornate sono lunghe da passare”. I figli telefonano soltanto la sera, i nipoti fanno visita nel fine settimana e le giornate sono lunghe da passare. “Molte volte si sfogano, magari lamentando la solitudine o del fatto che i figli non facciano abbastanza o che i nipoti non li vadano a trovare”.

I volontari dell’Auser hanno una rubrica su cui appuntano, per ogni chiamata, informazioni circa le condizioni di salute, le preoccupazioni, i bisogni espressi, così che di volta in volta possano verificare le condizioni. “Io volontario che arrivo, do un'occhiata alla scheda, in modo che so l'argomento discusso la volta scorsa e quindi posso magari riattaccarmi a quell'argomento per iniziare il nostro discorso”, spiega Cardullo. Non è tutto così semplice. “Serve una sensibilità e la capacità di cogliere le sfumature per capire qual è il bisogno di quella persona – dice Parigi –. I volontari di base hanno già questa attitudine e questa attenzione”.

Una casa tutta per sé. A Torino, l'Housing first dà nuove chance ai senzatetto

La solitudine degli anziani, un problema sempre più diffuso

“Dobbiamo parlare forse più che di solitudine degli anziani della solitudine delle anziane. Mi sembra che tra le donne sopra i 75 anni più di due terzi vive da sola, mentre tra gli uomini è il 20 per cento, tre volte tanto”Carla Facchini - Sociologa

La solitudine degli anziani è un problema sempre più importante in un paese come l’Italia, dove c’è un forte calo demografico. Ed è un problema soprattutto in una metropoli come Milano. “È un tema drammatico nelle grandi città ma anche nelle province, dove si sta purtroppo allargando – dice la presidente dell’Auser Lombardia –. È il tema centrale da cui si parte perché la solitudine provoca depressione, l'anticamera di malattie”.

“La percentuale di persone sole a Milano è sempre stata più alta che nel resto d'Italia. La metà dei nuclei è costituito da un'unica persona, a livello nazionale è poco più di un terzo. Negli anni Settanta era il 20 per cento”, illustra la sociologa Carla Facchini, professoressa all’Università di Milano Bicocca, che ha studiato a fondo temi quali l’invecchiamento, le condizioni degli anziani e i mutamenti dei legami familiari. Molti nuclei composti da una persona sono giovani adulti, spesso persone arrivate a Milano per ragioni di lavoro. “Ma anche tra gli anziani la percentuale di chi vive solo a Milano è molto più alta che altrove”, prosegue la sociologa, che precisa un concetto rilevante: “In italiano noi usiamo solitudine con due accezioni diverse, il vivere solo e il chi è solo. Una persona può vivere anagraficamente da sola, ma ha i figli che abitano nell'appartamento sotto. A Milano è meno frequente”, anche perché “le giovani coppie faticano a trovare casa ed escono dalla città”.

C’è poi un altro concetto che la professoressa sottolinea: “Dobbiamo parlare forse più che di solitudine degli anziani della solitudine delle anziane. Mi sembra che tra le donne sopra i 75 anni più di due terzi viva da sola, mentre tra gli uomini è il 20 per cento”.

I fattori sono molteplici: la longevità e la morte di mariti più anziani, soprattutto. Ma c’è poi una questione demografica più ampia, legata al numero di fratelli oppure di figli. “I grandi anziani sono gli ultimi ad avere avuto di media due, tre figli. I nuovi anziani, le persone che hanno dai 70 anni in giù, hanno avuto meno fratelli e sorelle e anche meno figli”. Infine c’è un fenomeno più recente e meno noto, quello dei cosiddetti “divorzi grigi” che avvengono dopo i 50 anni di età. “Aumenta il segmento della solitudine riconducibile alle separazioni e ai divorzi. Gli uomini più spesso si risposano, le donne meno”.

La generazione dei “nuovi anziani” – prosegue Facchini – può però contare sugli amici. “Le settantenni hanno più amiche di quante ne avessero le loro mamme, e hanno più amiche degli uomini. In qualche misura la rete amicale può attenuare la solitudine, ma è composta quasi sempre da coetanei”, quindi da persone che, con l’invecchiamento, saranno sempre meno presenti. Ecco quindi che un servizio come le telefonate di compagnia può in qualche modo colmare un bisogno.

Denatalità, la demografa Mencarini: "Meno figli perché siamo più libere"

Le telefonate di compagnia, una soluzione semplice

In queste telefonate ci chiedono anche tanto di noi, quindi c'è come uno scambio, a volte raccontiamo anche qualcosa di noi, su come siamo arrivati qui, su quando siamo andati in pensione, cosa facevamo”Francesca Parigi

Alcuni degli anziani che ricevono queste telefonate vorrebbero poter parlare con la stessa persona, ma non sempre è possibile. “Hanno spesso paura delle telefonate perché ci sono le truffe telefoniche per cui ti dicono di incidenti di nipoti – aggiunge Parigi –. Oppure ci sono tutte queste telefonate di call center invadenti e se colgono una persona anziana un po' titubante la martellano ancora di più. Quindi anche se ci conoscono, spesso all'inizio sono diffidenti. Per questo consigliamo loro di memorizzare il nostro numero di telefono”.

“Siamo otto volontari, ci conoscono tutti e si crea un legame per cui magari ti chiedono di essere richiamati. Molti ci invitano a casa a bere il caffè. Vogliono anche sapere di noi, avviene una sorta di scambio, e così a volte raccontiamo come siamo arrivati qui, quando siamo andati in pensione, cosa facevamo”.

Un volontario, parlando con una persona diventata ipovedente, ha colto la sua tristezza perché non poteva più fare le parole crociate. Lui ha comprato La Settimana enigmistica e hanno cominciato a fare i cruciverba insieme, via telefono. Da allora “abbiamo questo appuntamento, noi leggiamo la definizione, lei ci dà la soluzione e la scriviamo”.

Giovani caregiver: la complessità del prendersi cura

Spezzare l'isolamento sociale degli anziani

“Stiamo facendo delle sperimentazioni sul territorio di Lecco, sul territorio di Monza insieme all'Ats perché attraverso il nostro servizio telefonico di compagnia, possiamo provare a scoprire queste persone che gli stessi servizi sociali faticano a trovare”Fulvia Colombini - Presidente dell'Auser Lombardia e vicepresidente nazionale

Ci sono anche degli aspetti meno allegri e spensierati, legati all’isolamento di queste persone. “A volte con la semplice telefonata siamo stati in grado di identificare dei problemi che poi abbiamo risolto, dei quali magari non parlano in famiglia. Abbiamo riscontrato, in senso non professionale, degli stati depressivi che i figli non avevano colto. Alcune volte abbiamo identificato problemi di tipo sociale importanti, per esempio condizioni abitative di degrado. Abbiamo allertato i servizi sociali che sono andati a casa, poi il Comune ha mandato i pasti a domicilio, una signora per le pulizie...”. Queste telefonate, quindi, permettono anche di attivarsi per risolvere altre difficoltà.

Isolati, senza contatti, magari chiusi in casa. Invisibili. È difficile entrare in contatto con alcuni anziani soli, ma un gruppo di aziende sanitarie territoriali della Lombardia e l’Auser stanno mettendo in campo delle iniziative: “Stiamo facendo delle sperimentazioni sul territorio di Lecco e di Monza insieme all'Ats – dice la presidente Colombini – perché attraverso il nostro servizio telefonico di compagnia possiamo 'scoprire' persone che gli stessi servizi sociali faticano a trovare”.

Senza contratti, in attesa di click day e sanatorie: così le badanti rischiano la "Sindrome Italia"

Videochiamate e altri volontari per migliorare il servizio 

"Quando metto giù il telefono hai bisogno che qualcun altro sia vicino a te. Io spero di riuscire ad avere sempre più volontari per non perdere il contatto umano con le persone, perché è importantissimo. Anche solo il sorriso della persona è importante”Anna Maria Antoniolli - Presidente Auser Milano

Un’altra sperimentazione compiuta da alcune Auser è l’utilizzo delle videochiamate con gli smartphone, afferma la presidente dell’Auser Milano Antoniolli: “Dobbiamo capire come partire per poterlo fare anche noi, perché bisogna avere una struttura telefonica. Le persone vanno preparate, occorre dire loro ‘Guarda che ti stiamo chiamando’. Quando ci vedono, la persona anziana è anche più contenta”.

Per Colombini l’effetto è duplice: “Da un lato se si vede la persona in faccia si capisce subito se c'è qualcosa che non va, se ha bisogno di aiuto e quindi si può attivare una rete di prossimità. Dall'altro lato, fa bene anche la persona che la riceve perché si sistema bene, si mette in vestito carino, si pettina per apparire al meglio”. Certo, in alcuni casi bisogna insegnare loro a usare smartphone e tablet, ma in questo ci sono i giovani coinvolti dall'Auser nell'aiuto agli anziani.

La solitudine degli anziani è un problema strutturale e trovare una soluzione stabile non è facile. Bisogna ripensare al modello di società, ai legami, alle città e agli edifici in cui si vive. La compagnia telefonica dei volontari è un rimedio semplice, che però ha molto significato per chi riceve le chiamate. All’Auser sanno che si può e si deve fare di più. “Non è sufficiente – aggiunge Antoniolli –, bisogna anche individuare il volontario, la persona o la famiglia che aiuti la persona anziana a vivere al meglio la giornata. Ti posso telefonare, posso stare al telefono anche un'ora, ti faccio compagnia, però dopo quando metto giù il telefono hai bisogno che qualcun altro sia vicino a te. Spero di riuscire ad avere sempre più volontari per non perdere il contatto umano con le persone, perché è importantissimo. Anche solo un sorriso”.

Questo reportage è stato realizzato con tutoraggio e il sostegno di Transition e il supporto di Journalism Fund Europe nell'ambito del programma Sojo Europe per la diffusione del giornalismo costruttivo (solution journalism)

Crediamo in un giornalismo di servizio a cittadine e cittadini, in notizie che non scadono il giorno dopo. Aiutaci a offrire un'informazione di qualità, sostieni lavialibera
  • Condividi

La newsletter de lavialibera

Ogni sabato la raccolta degli articoli della settimana, per non perdere neanche una notizia. 

Ogni prima domenica del mese un approfondimento speciale, per saperne di più e stupire gli amici al bar

Ogni terza domenica del mese, CapoMondi, la rassegna stampa estera a cura di Libera Internazionale