Sostituzione etnica e natalità, la demografa Mencarini: "Meno figli perché siamo più libere"

Il ministro Lollobrigida parla di sostituzione etnica per il crollo della natalità e l'arrivo di migranti. Il governo propone sgravi fiscali per chi fa figli. La demografa Letizia Mencarini fa il punto sulla condizione dell'Italia: "Neanche gli stranieri possono bilanciare il calo demografico"

Martina Cataldo

Martina CataldoCollaboratrice lavialibera

Aggiornato il giorno 12 maggio 2023

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Il ministro Francesco Lollobrigida parla di "sostituzione etnica" per via del calo della natalità e dell'arrivo di migranti. Il governo, per bocca del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, pensa a sgravi fiscali per chi fa figli. Letizia Mencarini, professoressa di demografia all’università Bocconi di Milano, getta acqua sul fuoco della presunta emergenza demografica italiana. Le migrazioni sono fondamentali per fare funzionare le società che stanno invecchiando, come quelle europee. “Abbiamo di fronte un Paese molto più vecchio e un po’ meno numeroso” dichiara Mercarini, che aggiunge: “I migranti si occupano dei lavori umili in Italia, che comprendono anche servizi di assistenza verso anziani e i più piccoli, che aiutano le famiglie e le donne italiane. La demografia del nostro Paese è già un mix di culture. Servono servizi, oltre che incentivi e slogan”. La demografa non è d'accordo con il report dell’agenzia Onu, secondo cui la crescita della popolazione è indice di progresso: non si può non fare attenzione al benessere generale e all'impatto dell'uomo sulla terra. 

La professoressa Letizia Mencarini (dal sito dell'Università Bocconi)
La professoressa Letizia Mencarini (dal sito dell'Università Bocconi)

Esiste un'emergenza demografica nel nostro Paese?

Per la verità non stiamo vivendo un'emergenza particolare per quanto riguarda la fecondità, stiamo solo raccogliendo i frutti di un processo che è iniziato negli anni ‘80. In Italia, il 1977 è stato l'ultimo anno in cui la generazione dei figli è riuscita a sostituire numericamente la generazione dei genitori, con circa due figli nati per coppia. Dal 1985 in poi, in maniera velocissima, la fecondità italiana è scesa sotto l'1,5 figli per donna, per non tornare mai più a questo livello. Negli anni 60 sono nati più di un milione di bambini, negli anni 90 meno di 600mila, mentre i nati dello scorso anno non arrivano neanche a 400.000.

Però secondo l’Istat nel 2022 il numero dei nuovi nati è al minimo storico.

Il dato presentato dall’Istat è un numero storico, ma dipende sia dal numero  di figli che le coppie fanno in un anno, sia dal numero dei potenziali genitori, anch'esso in diminuzione. In altri termini, siccome i potenziali genitori di oggi sono in media i già pochi nati degli anni '90, a fecondità costante si avranno meno nati ogni anno. Ciò significa che non ha senso mettere in croce le coppie di oggi, avremmo dovuto guardare a cosa succedeva alle coppie degli anni '80, ma non lo abbiamo fatto. 

Perché questo calo è iniziato proprio negli anni '80?

Soprattutto per l'aumento della scolarizzazione. In quel decennio si è messo in moto un meccanismo per cui non solo si fanno pochi figli, ma si fanno sempre più tardi negli anni: consideri che oggi l'età media per la maternità supera i 32 anni. Dunque, per tornare alla domanda iniziale, non siamo di fronte a un ulteriore calo preoccupante, ma alla stagnazione di una situazione che prosegue da 40 anni, producendo gli effetti di una vera e propria trappola demografica.

Cioè?

I pochi figli di ieri producono i pochi genitori di oggi, e i pochi genitori di oggi fanno i pochi bambini che saranno i pochi genitori tra una generazione. Questo andamento sta creando e creerà ancora di più nei prossimi decenni un grande sbilanciamento tra le generazioni e un invecchiamento del paese. Lo chiamiamo effetto trappola. A meno che la fecondità non si rialzi molto.

Perché si fanno pochi figli?

Diventare genitori è diventato sempre di più una scelta individuale e consapevole. Prima non lo era. Dal mio punto di vista ciò è molto positivo. Ma vuol dire che i potenziali genitori aspettano di ritenersi pronti e nella condizione di fare fgli.

Quindi la ragione è legata solo alla maggiore libertà di scelta?

Nei paesi dove le donne lavorano di più, in Europa, la fecondità è più alta, perché il doppio lavoro nella coppia aiuta a progettare la nascita di un figlio. Ma in queste condizioni è molto più difficile avere anche un secondo o un terzo nato

Ovviamente entrano in gioco anche altri fattori, ad esempio, con l'aumento dell'istruzione e del lavoro femminile, la possibilità delle coppie di conciliare facilmente vita familiare e lavorativa. Al contrario di quello che spesso si pensa, è nei paesi dove le donne lavorano di più, in Europa, che la fecondità è più alta, perché il doppio lavoro nella coppia aiuta ad avere la sicurezza di progettare la nascita di un figlio, e lo stesso avviene nelle regioni italiane. Ma in Italia, sia perché si diventa genitori più tardi che altrove, sia perché mancano i servizi di supporto, è molto più difficile avere anche un secondo o un terzo nato. Non è tanto il desiderio di figli che manca, ma il problema politico è come aiutare i giovani a realizzare i propri desideri di fecondità. Questo senza perdere di vista la riduzione della povertà delle famiglie e le disuguaglianze. 

Quale ruolo hanno le migrazioni nel nostro inverno demografico? Sono d'aiuto?

Molto, perché la nostra popolazione per un po' di tempo ha continuato a crescere solo grazie al saldo migratorio positivo. Le donne di origine straniera nel 2020 hanno fatto quasi 1,9 figli a testa, molto di più delle italiane, con un'età media alla maternità di 29 anni, quindi più bassa. Ma anche la fecondità delle donne in calo. Gli arrivi migratori hanno tamponato la decrescita assoluta per diversi anni, ora non riescono più a farlo perché il numero dei morti sopravanza di così tanto quello delle nascite che il saldo finale dell'anno rimane negativo.

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Quindi ingressi regolari e regolarizzazioni sono positivi anche dal punto di vista demografico?

"Le nuove migrazioni non riusciranno mai a bilanciare il calo demografico. Il problema è lo squilibrio tra generazioni. Se la percentuale di persone anziane diventa troppo grande, pesa sul welfare, sulle famiglie

Dare la possibilità a tutti i bambini nati in Italia, che qui hanno studiato e imparato la lingua, di essere automaticamente cittadini dalle nostra nazione non può che essere un fatto positivo, ma non possono che compensare in minima parte il calo demografico. Il problema non è che la popolazione italiana si 55 milioni anziché 60. Il punto è come funziona la società e, in questo senso, la popolazione straniera è fondamentale per mantenere una società che funziona. L’immigrazione ne fa già parte in maniera integrante: un nato su cinque è figlio di stranieri. Il problema non è di per sé la diminuzione di individui, ma lo squilibrio tra generazioni, come annunciato con solennità anche dal primo ministro giapponese lo scorso gennaio. Se la percentuale di persone anziane diventa troppo grande (arriveremo presto a un individuo su tre oltre i 65 anni), pesa sul welfare, sulle famiglie, che ora si sobbarcano molto di questo lavoro non retribuito. Come possiamo aspettarci che le donne lavorino fino a 70 anni e si occupino contemporaneamente anche degli anziani? Con l’aumentare dell’aspettativa di vita, servono servizi di alta qualità, anche domiciliari.

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È corretto preoccuparsi così tanto del calo delle nascite in Italia in un mondo globalizzato? 

L’Italia in calo demografico dal punto di vista ambientale globale potrebbe essere vista come molto virtuosa. E se guardiamo la popolazione globale non esistono immigrati. Rispetto alla terra gli unici immigrati potrebbero essere eventuali popolazioni extraterrestri. Le società però distribuiscono risorse a livello locale, all’interno degli Stati, e questo crea problemi intergenerazionali all'interno delle singole nazioni.

Secondo l’Onu l'aumento della popolazione è indice di progresso. È d'accordo?

Io non sono molto d’accordo su questo. In un paese povero una fecondità molto alta non aiuta, non è una risorsa. L’esplosione demografica causa un circolo vizioso di povertà delle famiglie e pressione sull’ambiente.

Cosa pensa a proposito della proposta di Giorgetti di non far pagare le tasse a chi fa figli?

Pagare tutti le tasse e in maniera più progressiva potrebbe essere secondo me una soluzione migliore, per avere più soldi nelle casse dello Stato e poter garantire più servizi a chi ne ha bisogno. Sicuramente aiutare economicamente le famiglie numerose è importante, ma perché misure del genere abbiano un effetto positivo sulla propensione a fare figli devono essere accompagnate dal sostegno al lavoro femminile e da servizi di cura che garantiscano la conciliazione a tutti tra lavoro e famiglia. Sono soprattutto i giovani coloro che andrebbero aiutati ad avere più certezze, anche economiche, per aiutarli a realizzare i propri desideri di fecondità.

Cosa pensa del timore di una “sostituzione etnica” paventato dal ministro Lollobrigida? 

La storia del mondo è fatta di migrazioni. È sempre stato così: le persone cercano di andare in un luogo che le faccia stare meglio. Prendiamo come esempio la Nigeria, dove la popolazione giovanile è disoccupata ha raggiunto oltre il 50 per cento. Chi può, inevitabilmente cerca di accedere a condizioni di vita che possano soddisfarlo. Poiché la vecchia Europa è sempre piccola rispetto al resto del pianeta, regolarizzare e legalizzare i migranti è una soluzione necessaria. 

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