Francesco Merloni, presidente facente funzioni dell'Anticorruzione
Francesco Merloni, presidente facente funzioni dell'Anticorruzione

La sfida dell'Anac: mappare la corruzione in Italia

Al via il progetto per calcolare gli indicatori di "rischio tangenti" nelle amministrazioni e negli enti pubblici italiani. Un calcolo complesso, ma necessario per poter prevenire il malaffare e dare un quadro più preciso

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

14 febbraio 2020

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Misurare la corruzione in Italia mappando il rischio territorio per territorio, ente per ente. È l’ambizioso progetto lanciato dall’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) all’inizio di febbraio. Lo scopo è tentare di scoprire, sistematicamente e con metodo, dove si annida (o rischia di annidarsi) la corruzione e quanto sono efficaci le misure di prevenzione attuate dalle amministrazioni pubbliche con i piani anticorruzione. Insomma, l’idea è affrontare il tema in modo “scientifico” perché, dicono in Anac, “benché sia un fenomeno per sua natura sfuggente e in larga parte sommerso, la corruzione non è tuttavia esente da una elevata incidenza statistica in determinati contesti e da fattispecie ricorrenti che, messe a sistema, possono aiutare sia la prevenzione che il contrasto”.

Il team al lavoro

Il progetto è stato finanziato con 5,5 milioni di fondi europei collocati dal Programma operativo nazionale (Pon) "Governance e capacità istituzionale". A gestirlo, un gruppo coordinato da Fabrizio Sbicca, dirigente dell’Anac. Il team è composto da personale precedentemente impegnato nell’Ufficio Uspend che in passato ha indagato sui costi dei pasti negli ospedali o dei dispositivi per diabetici e ha elaborato un prontuario con i prezzi di riferimento per le forniture e i servizi alla pubblica amministrazione. A questo gruppo, inoltre, si aggiungono alcuni professori universitari ed esperti specializzati in analisi e misurazione della corruzione. “È un compito molto importante e allo stesso tempo molto difficile – spiega Alberto Vannucci, professore di Scienza politica all’Università di Pisa e componente del comitato scientifico de lavialibera -. La corruzione è un oggetto misterioso, si manifesta in modalità variegate ed è estremamente sfuggente”. Gli esperti ideeranno degli indicatori di rischio a partire da alcuni dati messi a disposizione da enti e amministrazioni pubbliche, come la banca dati nazionale dei contratti pubblici, o il cosiddetto Sdi (sistema d’indagine) del ministero dell’Interno, i casellari del ministero della Giustizia “con dettagli sulle condanne per reati contro la pubblica amministrazione”. “Si parla di indicatori perché è impossibile misurare il fenomeno in maniera perfetta - ribadisce Vannucci -. Da questi dati è possibile ricavare delle 'red flag', degli avvertimenti. Da questi si potrà poi passare dalle analisi statistiche e quantitative a quelle qualitative, valutando nel concreto i singoli casi”.

Il calcolo della corruzione 

Ci sono più denunce contro la mafia che contro i pubblici ufficiali corrotti. Corrotti e corruttori traggono dalla mafia preziosi insegnamenti (...). Ciò rende le indagini più difficili”Francesco Lo Voi - procuratore capo di Palermo

Calcolare la corruzione non è affatto facile. Impossibile stabilire con esattezza il numero di casi, dato che il fenomeno è sommerso e le denunce molto rare. “Ci sono più denunce contro la mafia che contro i pubblici ufficiali corrotti – ha detto all’inaugurazione dell’anno giudiziario, il primo febbraio scorso, il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi -. Corrotti e corruttori traggono dalla mafia preziosi insegnamenti, adottano cautele negli incontri per evitare intercettazioni, usano comunicazioni criptiche quando parlano tra loro, hanno incontri riservati avendo cura di lasciare i telefoni, riciclano come i mafiosi e autoriciclano. Comportamenti prima tipici solo dei mafiosi ora nella routine di corrotti e corruttori. Ciò rende le indagini più difficili”.

Altrettanto difficile è calcolare con esattezza l’ammontare totale delle tangenti. Ad esempio, il fatto che la corruzione in Italia valga 60 miliardi l’anno “è frutto di una valutazione troppo sommaria per essere affidabile”, scrivevano l’ex presidente dell’Anac Raffaele Cantone ed Enrico Carloni, professore di diritto amministrativo all’Università di Perugia, in Corruzione e anticorruzione. Dieci lezioni (Feltrinelli, 2018). Quella somma è soltanto una stima basata su un’analisi della Banca mondiale. Transparency International ogni anno pubblica la sua classifica internazionale, il Corruption Perception Index, che – come dice il suo nome - è basata sulla percezione di una platea selezionata di persone, soprattutto esperti nazionali e uomini d’affari. La stessa organizzazione pubblica poi un altro studio, il Global corruption barometer, basato però sull’opinione e sulle esperienze di migliaia di cittadini. “Io continuo ad avere perplessità sul fatto che ci sia più corruzione in Italia che a Malta dopo le  vicende che quel Paese ha attraversato – ha dichiarato Francesco Merloni, presidente facente funzioni dell'Anac, martedì 11 febbraio alla presentazione del rapporto di Transparency International -. Però (l’indicatore di percezione, ndr) ci dice qualcosa. Se vogliamo prendere sul serio, come dobbiamo, l’indicatore di percezione, dobbiamo chiederci: perché miglioriamo meno e perché siamo distanti dagli altri Paesi europei più significativi?”.

 

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