
Don Italo Calabrò, pioniere dell'antimafia sociale

26 febbraio 2020
"Tra noi, la ‘cultura della minaccia’ corrisponde all’agire della mafia e della criminalità organizzata in genere; mentre la ‘paura’ è la risposta omertosa e malata della società civile che, pensando di difendersi, si dà per sconfitta di fronte al male". Parole chiare e forti. Le hanno scritte i cinque vescovi della Capitanata (cioè della provincia di Foggia) in una lettera che è stata letta in tutte le parrocchie in occasione del Mercoledì delle Ceneri e che indica l’impegno per la Quaresima. "Ognuno di questi giorni sia tappa di legalità", aggiungono. Non era mai successo. È la prima volta che tutti vescovi foggiani scrivono e firmano insieme un documento di denuncia e impegno sul tema del contrasto alla mafia foggiana, che secondo la Direzione investigativa antimafia è articolata in società foggiana, mafia garganica e malavita cerignolana. Un appello al "coraggio" e alla "speranza", che arriva dopo una serie di gravi e preoccupanti episodi che in questi mesi hanno colpito il Foggiano accendendo i riflettori su questa terra per troppo tempo dimenticata, sottovalutata, negata.
Gli arcivescovi di Foggia-Bovino e di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, Vincenzo Pelvi e Franco Moscone, e i vescovi di Cerignola-Ascoli Satriano, Luigi Renna, di Lucera-Troia, Giuseppe Giuliano e di San Severo, Giovanni Checchinato, invece non negano né sottovalutano. E alzano la voce. "Come Pastori delle Chiese che sono in Provincia di Foggia, dinanzi ai recenti avvenimenti criminosi, facciamo nostre le parole del profeta Isaia: 'Per amore del nostro popolonon possiamo tacere!'". Il titolo della lettera, Per amore del nostro popolo, non solo si ispira al profeta, ma evoca anche il famoso documento/denuncia di don Peppe Diana e dei parroci di Casal di Principe. Infatti, come fece il sacerdote ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994, i vescovi partono proprio dalla denuncia di quanto sta accadendo. E usano parole chiare. "Gli episodi gravi e inquietanti a cui assistiamo (omicidi, tentati omicidi sparatorie, atti intimidatori ed estorsioni, furti e riciclaggio di denaro proveniente da spaccio e ogni tipo di malaffare) rendono l’intero nostro territorio ad alta esposizione mafiosa e impongono di convertirci ad un modo di vivere più trasparente, caratterizzato da onestà, rettitudine e legalità, promuovendo una società più giusta e fraterna". Perché comportamenti e omissioni favoriscono le mafie e i loro affari. In primo luogo "l'impoverimento" del territorio, "sempre più caratterizzato da meno servizi, meno infrastrutture, meno lavoro e meno prospettive per tutti", una situazione che "causa una 'desertificazione strisciante', ossia la fuga dei giovani". La lettera non è solo denuncia, ma anche un invito all’impegno di tutti i cittadini, in particolare chi ha più responsabilità: "La Chiesa si sente impegnata a risvegliare le coscienze, educare al senso civico, formare persone che abbiano iI coraggio di assumere la responsabilità di essere onesti cittadini, promuovere la missione della politica e costruire modelli sani di imprenditorialità". E quei riferimenti alla "missione della politica" e a "modelli sani di imprenditorialità" non sono generici. Nel Foggiano negli ultimi anni sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa i comuni di Monte Sant'Angelo (lavialibera ha raccontato le minacce al sindaco eletto dopo lo scioglimento, ndr), Mattinata, Cerignola e Manfredonia, queste ultime due grandi città e sedi vescovili, commissariate proprio per stretti intrecci tra clan, politica e economia.
È possibile costruire un futuro diverso che semina e raccoglie frutti di legalità, sconfiggendo le 'strutture di peccato' e innescando alleanze positive per riedificare nella giustizia la casa comune della nostra terraI vescovi della Capitanata
Una fotografia che non fa sconti a nessuno quella dei vescovi di Capitanata che però lanciano un messaggio di concreta speranza: “È possibile costruire un futuro diverso che semina e raccoglie frutti di legalità, sconfiggendo le 'strutture di peccato' e innescando alleanze positive per riedificare nella giustizia la casa comune della nostra Terra di Capitanata". Dunque, è la loro corale esortazione, “Fratelli e sorelle, coraggio! Non ci manchi il coraggio di fare un serio esame di coscienza, di denunciare, reagire e agire”. Con l'impegno “ad abbandonare il desiderio di dominare gli altri”, imparando “a guardarci a vicenda come persone, come figli di Dio, come fratelli, che testimoniano quella cultura dell’incontro così da non ignorare i deboli, scartare i più fragili e gli ultimi, idolatrare il denaro”. L’esatto contrario delle vendette e delle faide che le mafie foggiane conducono con una terribile violenza. Serve una "conversione", anzi di più, una "rivoluzione" la chiamano i vescovi, "quella della giustizia e della legalità". Che vuol dire anche "essere più attenti alla vita delle nostre città, con uno stile di partecipazione democratica che sappia parlare il linguaggio del 'noi' e non frantumarsi in molteplici egoismi, che prendono il posto del diritto, rendendo quasi invisibile il confine tra legale e illegale". E qui il riferimento alle amministrazioni e alle imprese colluse è chiare. Una denuncia forte, senza rassegnazione, una chiamata a tutti. A quel "noi" più volte ripetuto. "Capitanata, non lasciarti rubare la speranza - è il forte appello dei vescovi -. Possiamo rialzarci solo se camminiamo insieme, ciascuno per la propria parte, evitando scontri o contrapposizioni, creando alleanze con tutti coloro che amano le buone pratiche e i comportamenti virtuosi". Certi che "Dio ci custodisce anche nella valle oscura della vita e non permette che iI buio del cuore spadroneggi nel nostro territorio".
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Con i criptofonini, i clan della Locride gestivano il narcotraffico internazionale da San Luca, paese di tremila anime arroccato sull'Aspromonte jonico. Tramite il "denaro volante", sistema informale di trasferimento di valore gestito da cinesi, con contatti a Dubai, pagavano la droga ai cartelli sudamericani. Con il beneplacito dei paramilitari, tonnellate di cocaina partivano da Colombia, Brasile e Ecuador per poi raggiungere il vecchio continente grazie agli operatori portuali corrotti dei principali scali europei. L'ultimo numero de lavialibera offre la mappa aggiornata degli affari della 'ndrangheta, così per come l'hanno tracciata le ultime indagini europee, in particolare l'operazione Eureka
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