Le parole di Lucarelli: femminicidio

Senza un nome una cosa non esiste, ma una parola da sola non basta a risolvere le cose

Carlo Lucarelli

Carlo LucarelliScrittore, sceneggiatore e conduttore televisivo

5 marzo 2021

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FEMMINICIDIO
s. m. 1. Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte.


Una volta ho presentato un libro di Nico Orengo al Festival della letteratura di Mantova, Il salto dell’acciuga si intitolava. C’erano lunghissimi elenchi di cose e di luoghi che duravano intere pagine, me ne ricordo uno di pesci, castardella, aguglia, surgelina, potasselo, nasello, uno di alberi, acero, castagno, erica, maggiociondolo, noce, faggio, un altro di barche, navette, coche, panfili, saette. Erano tanti e così gli ho chiesto perché ce li avesse messi. "Perché se non continui a nominarle – mi ha detto – le cose si dimenticano". Senza un nome una cosa non esiste.

Prima di chiamarlo stalking, e di dargli anche un articolo, nel senso del codice penale, il 612 bis – "chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno" – c’era solo un insieme di comportamenti vari e variabili, di difficile quantificazione, mi telefona, mi segue, mi spia, me lo trovo davanti a casa, che a seconda della sensibilità di chi ne riceveva confidenza o denuncia spesso venivano accolti con un rassegnato allargare di braccia. Cosa vuoi che sia. Non farci caso, non rispondere, vedrai che gli passa. Poi, però, non passavano, diventavano mi insulta, mi minaccia, mi spinge, mi strattona, mi picchia, e già era tardi.

In ogni numero de lavialibera, lo scrittore Carlo Lucarelli analizza i significati di una parola

Quanto tempo ci abbiamo messo per trovare una definizione che desse un’impronta visibile a quella nebulosa di comportamenti che improvvisamente si concentravano in un pestaggio, uno sfregio, un omicidio, dove improvvisamente, indica soltanto la velocità dell’evento e non la sua imprevedibilità. Tanto tempo per farlo diventare un concetto concreto fino al luogo comune, guardi, mi scusi, non mi prenda per uno stalker, la chiamo ancora per quella consegna, così radicato nel nostro immaginario da bastare a definire la trama di una serie televisiva, Night stalker, caccia a un serial killer.

Non è che senza nome le cose proprio non esistano, ma è più facile far finta di non vederle

C’è un’altra parola che è riuscita a dare un nome a qualcosa che già esisteva da tempo, anzi, da sempre, perché non è che senza nome le cose proprio non esistano, ma è più facile far finta di non vederle. Per tanto tempo, per esempio, abbiamo spiegato la maggior percentuale di donne vittime di serial killer col fatto che, in una logica puramente predatoria, fossero le vittime più deboli. E invece no: in tanti, tantissimi casi, lo sono state solo perché erano donne. "Una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale". Femminicidio. Brutta fusione di altri due termini, va bene, ma non importa, perché non è una bella cosa quella che illustra. E ancora così nuova che il correttore di word te la sottolinea di rosso come se fosse sbagliata.

Le parole, però, non bastano. Ho la fortuna di fare tante cose che mi piacciono e una delle più belle è lavorare per una fondazione della mia regione che si occupa di aiutare le vittime di reati gravi. In una logica molto pratica e concreta stanziamo velocemente degli aiuti per contribuire a risolvere qualche problema a chi si trova nei guai. Funziona anche come segno di solidarietà, perché chi sta male si senta meno solo. Ecco, una volta ci siamo occupati di una ragazza che per tanti anni, da quando era poco più di una bambina, fino a diventare quasi una giovane adulta, è stata perseguitata da un vicino di casa, poco più grande di lei. Stalking. Ma non è bastato: il giovanotto è stato denunciato, arrestato, sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, condannato, ricoverato, ma tutte le volte è tornato alla carica. Io ti avrò. E se non posso averti io, non ti avrà nessun altro. Alla fine, la ragazza, stanca di uscire la sera con la scorta del padre, stanca di avere paura, di temere di essere, prima o poi, l’ennesimo femminicidio, ci ha chiesto aiuto. Ci ha chiesto i soldi per andare all’estero, in un posto in cui il suo persecutore non potesse trovarla. E questa è una sconfitta. Per tutti, per il sistema legislativo, quello giudiziario, per le forze dell’ordine, per la sensibilità e la cultura di un intero Paese. Sensibilità e cultura. Perché una parola, a risolvere le cose, da sola non basta. Neanche quando è accompagnata da un articolo, pure del codice penale.

FEMMINICIDIO
s. m. 1. Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte.
Propr. Uccisione di una donna o di una ragazza.

Da lavialibera n° 7 2021

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