3 maggio 2021
Dohuk, nord dell’Iraq. Il professore Nashat Yousef, 32 anni, è uno dei sopravvissuti al massacro del Sinjar. L’evento ha segnato l’inizio del genocidio degli yazidi, il 3 agosto 2014, quando i combattenti dello Stato islamico dell’Iraq occuparono il Sinjar, regione del nord dell’Iraq, a circa 15 chilometri dal confine con la Siria. Da quella data sono passati quasi sette anni, eppure i suoi ricordi sono ancora nitidi e ben scolpiti nella memoria: "Abbiamo sentito i rumori degli spari e abbiamo capito che l’Isis stava arrivando. Siamo scappati immediatamente, senza neanche avere il tempo di prendere le nostre cose. Abbiamo camminato un giorno e mezzo nelle montagne. Camminavamo soprattutto la notte perché il caldo era infernale. Non avevano né cibo, né acqua. Abbiamo visto corpi uccisi dall’Isis e corpi uccisi dalla fatica. Ci siamo fermati in un villaggio per riposarci ma tutti erano già scappati, allora ci siamo rimessi in cammino. Dopo quattro giorni, avevamo perso tutte le speranze, poi abbiamo intravisto un’automobile. Ho scongiurato l’autista di darci un passaggio. All’inizio non voleva, poi quando ha visto mia moglie incinta e i miei figli stremati, ci ha accompagnati fino a Sersink, in una scuola. Lì ho capito che eravamo salvi".
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