24 marzo 2020
Hanno approfittato dell’emergenza coronavirus per aumentare i loro guadagni in maniera illecita. Speculazione, in una parola. Rincari salatissimi, mascherine e gel igienizzanti non a norma che alimentano un mercato nero. Furti, truffe, concorrenza sleale, esportazioni illecite e tangenti. Da quando l’Italia è stata colpita dal Covid-19, sono state avviate in tutta Italia una serie di controlli a tappeto sulla produzione e vendita dei prodotti più ricercati, le mascherine e i detergenti simili all’Amuchina. Fino a martedì scorso, secondo i dati della Guardia di finanza, erano stati sequestrati 60mila tra dispositivi medici e prodotti per l'igiene. L'attività delle fiamme gialle, unita a quella dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli o dell’Autorità garante per il mercato e la concorrenza (Agcm), lascia emergere un catalogo di illegalità quotidiane piccole e grandi.
I dipendenti del Comune di Nichelino (Torino) erano preoccupati per il contagio. Per questa ragione, il responsabile del servizio ambiente ha contattato la ditta cui era affidato temporaneamente l’appalto per la pulizia del municipio, per integrare il contratto. In cambio dell’affidamento diretto, un lavoro pagato dal Comune, l’imprenditore avrebbe dovuto pagare una tangente. Lunedì 16 marzo i militari della Guardia di finanza hanno arrestato il dipendente pubblico, mentre riceveva ottomila euro in contanti, e la dipendente della ditta che faceva da intermediario. I due sono finiti in carcere con l’accusa di corruzione.
I prodotti erano venduti a prezzi esorbitanti, 70 euro per una mascherina
Venduti in una sala slot i prodotti disinfettanti e le mascherine chirurgiche rubate all’Azienda unità sanitaria locale di Parma. Gli investigatori hanno individuato il dipendente dell'Ausl che aveva trafugato i materiali su indicazione del gestore della sala slot, nel frattempo denunciato per ricettazione. “I prodotti erano venduti a prezzi esorbitanti (70 euro per una mascherina) sfruttando, in modo speculativo, l’aumento della domanda dell’ultimo periodo”, spiega la Guardia di finanza. Non era l’unico dipendente infedele: anche un altro operatore sanitario, un 58enne di Torrile, è stato trovato in possesso di materiali rubati all’ospedale. Entrambi sono stati denunciati per peculato e i materiali restituiti.
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Un farmaco utilizzato a livello sperimentale per curare i contagiati da Covid-19, il Kaletra (un antiretrovirale anti-Hiv), era stato messo in vendita sul sito farmacocoronavirus.it con un prezzo superiore ai 640 euro a confezione (120 pillole). Altri due siti registrati in Italia erano pronti al lancio. “Unico farmaco contro il Coronavirus (COVID-19)” e “unico rimedio di combattere il Coronavirus (COVID-19)”, erano gli slogan per reclamizzare la vendita, anche se l'utilizzo sperimentale del farmaco ha finora dato esiti incerti. Il prodotto può essere venduto soltanto sotto prescrizione medica, ma il sito permetteva di raggirare l’obbligo. Il comando provinciale di Firenze, insieme al Nucleo speciale Antitrust e l’Agcm, ha oscurato il primo sito e ha impedito l’attivazione degli altri. Le indagini della procura di Firenze proseguono seguendo varie ipotesi di reato truffa aggravata, somministrazione di medicinali senza autorizzazione e in modo pericoloso ed esercizio abusivo della professione di farmacista. La finanza sta cercando di ricostruire la filiera di provenienza del farmaco e il gestore del sito.
Sono 36 le offerte di vendita pubblicate su Amazon e Ebay sequestrate su ordine del Tribunale di Milano. I finanzieri del Nucleo speciale “Tutela privacy e frodi tecnologiche” hanno scandagliato la rete per scovare rivenditori di gel o mascherine con prezzi gonfiati. Sono emersi aumenti dal 150 al 1000 per cento. Ad esempio, in un singolo caso, le mascherine di tipo chirurgico, le più semplici e con limitata azione protettiva dai contagi, il cui costo normalmente non supera i pochi centesimi, erano vendute in confezioni da 50 pezzi al prezzo di circa 80 euro. A volte il rincaro arrivava al 4000%. In certi casi le confezioni di gel igienizzanti erano vendute con prezzi gonfiati del 300% e del 600%. Sedici “vendors” italiani, 28 stranieri e altri quattro in via di identificazione, sono stati denunciati per manovre speculative su prodotti di prima necessità.
Contro gli “speculatori online” si è mossa anche la GdF di Torino che ha denunciato 33 persone, di cui 14 imprenditori italiani denunciati per frode in commercio: vendevano i dispositivi di protezione individuale a prezzi fuori mercato e con claim che indicavano una protezione totale dal virus. C’era anche un “Coronavirus shop”, così si chiamava uno dei tanti siti web scoperti. A Milano le indagini del nucleo di polizia economico-finanziaria hanno permesso di individuare nove soggetti attivi in Italia che avevano innalzato i prezzi fino al 400%. Il materiale, ritrovato in un centro di distribuzione e nei magazzini di alcuni rivenditori, è stato sequestrato.
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Sono partiti da una profumeria di Arzano (Napoli) per scoprire una fabbrica di saponi che produceva illecitamente disinfettati. Nel negozio i finanzieri partenopei avevano scoperto 773 confezioni di spray igienizzante. Sulle etichette non c’erano le indicazioni delle autorizzazioni ministeriali. In seguito hanno individuato una fabbrica di Frattamaggiore che aveva convertito la sua attività. All’interno c’erano ventimila flaconi ed etichette con “diciture ingannevoli”. Frode in commercio è il reato per cui i titolari del negozio e della fabbrica sono stati denunciati. Storia molto simile a Sant’Antimo (Na) dove sono stati sequestrati una fabbrica di detersivi e saponi e oltre 400 litri di igienizzante per mani prodotto senza alcuna autorizzazione ministeriale. Il prodotto, "Kappao liquido" era venduto online e il suo marchio era molto simile a quello dell'Amuchina.
Ponte Chiasso, frontiera tra Lombardia e Canton Ticino. Qui il personale della Dogana e i militari della Guardia di finanza hanno sequestrato dispositivi medici diretti verso la Svizzera in barba alla circolare del ministero della Salute del 12 febbraio scorso che ne vieta l’esportazione senza autorizzazione. Lo scorso 5 marzo sono stati bloccati 800mila guanti monouso in vinile e il 10 marzo altri 40mila guanti e 120 mascherine con valvola, di classe Ffp2. Nell’interporto di Bologna, sono stati sequestrati circa 13.200 componenti di apparecchiature di terapia intensiva spediti verso il Sudafrica. A Vado Ligure (Savona) i doganieri hanno sventato una esportazione non autorizzata 44mila occhiali di protezione per uso chirurgico che una ditta lombarda stava inviando verso gli Emirati. Al porto di Ancona sono stati sequestrati 1840 circuiti respiratori, usati per facilitare la respirazione di chi ha problemi: una ditta milanese li stava spedendo in Grecia. A Malpensa, invece, sono stati sequestrate 900mila mascherine prodotte in Egitto. Tutto il materiale è stato consegnato alla Protezione civile per l’emergenza in Lombardia.
Farmacie, parafarmacie, supermercati, sartorie. Molte attività sono state scandagliate per verificare la regolarità delle mascherine prodotte e vendute. In moltissimi casi le confezioni non riportavano il marchio “CE”. In altri casi erano prodotti artigianali realizzati con materiali non adatti. Nella provincia di Foggia i finanzieri hanno trovato mascherine fatte con i filtri delle cappe dei piani cottura avvolti e cuciti nel cotone. Sempre nel Foggiano, erano state usate coppe dei reggiseni a cui erano stati cuciti degli elastici (nella foto). Partendo da una farmacia di Trentola Ducento (Caserta) i finanzieri hanno trovato un commerciante all’ingrosso che aveva piazzato prodotti scadenti ad altre farmacie e parafarmacie. In altri casi hanno trovato mascherine artigianali vendute a caro prezzo. A Lamezia Terme, in due supermercati, le cassiere vendevano “sotto banco” le mascherine ai clienti che ne facevano richiesta. Erano quelle di tipo Ffp2: con la valvola costavano 15 euro, senza 11 euro, fornite da un distributore che in origine le vendeva a 35 centesimi l’una. “Mascherine esaurite” era la scritta su una vetrina di una farmacia di Guidonia Montecelio, ma nel retrobottega ce n’erano 228 vendute a 35 euro l’una, cinque volte superiore al valore di acquisto.
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