19 gennaio 2022
Negli ultimi mesi si sono moltiplicate in Italia le iniziative della cosiddetta società civile per monitorare la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): ciò è sicuramente un segnale rassicurante. Serve, però, essere cauti: coinvolgere i cittadini, questa volta, non può limitarsi a un invito alla partecipazione, neanche se preceduto dal quel civic engagement (impegno civico, ndr) così tanto enfatizzato nei convegni e sui media. Va detto con molta chiarezza e onestà intellettuale: il Pnrr è estremamente complesso e anche solo seguirne lo stato di avanzamento richiede una preparazione che non si improvvisa, tanto da parte dei cittadini quanto da parte degli esperti.
Molte organizzazioni di cittadinanza attiva hanno già al proprio interno competenze ed esperienze di coinvolgimento civico e monitoraggio, che torneranno certamente utili anche in questa occasione. Ma stavolta sia l’ingaggio sia la formazione dei cittadini, per comprendere e seguire l’attuazione di un Piano che non ha precedenti nel nostro Paese, richiede una preparazione profonda e specifica, che parta dallo studio del Piano, anche da un punto di vista tecnico, e dalla produzione di una strumentazione ad hoc che renda il monitoraggio serio e affidabile.
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Ciò non significa che seguire lo stato di avanzamento del Piano debba restare materia da addetti ai lavori, ma che, al contrario, possa e debba essere esteso a chiunque voglia aggiungere alla propria buona volontà e competenza anche uno sforzo ulteriore: quello di dotarsi di una “cassetta degli attrezzi” mirata sul Pnrr.
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Un primo elemento di questa “cassetta degli attrezzi” è costituito da una metodologia scientificamente fondata, che possa guidare il lavoro di chi si assume la responsabilità civica del monitoraggio, prima, e l’onere della valutazione d’impatto poi. Si tratta di mettere a disposizione delle “comunità monitoranti” e delle squadre di esperti che si applicheranno a questa difficile operazione un “manuale di istruzioni” in grado di sostenere un serio esercizio di democrazia partecipativa, capace di esercitare quel controllo sociale diffuso sull’agire della pubblica amministrazione che anche l’ordinamento italiano contempla come diritto ma anche come responsabilità del cittadino a partire dalla legge 190/2012 e dal Codice della trasparenza amministrativa.
Peraltro anche l’Unione europea – che accoglie il principio della democrazia partecipativa per se stessa (art. 11 Tue) – reputa che essa sia uno degli elementi di uno Stato di diritto, valutando l’inclusività del processo deliberativo pubblico e il coinvolgimento della società civile come un rafforzamento di esso; incoraggiando il coinvolgimento dei cittadini in ogni fase del processo decisionale entro gli Stati membri, come leva importante di legittimazione delle istituzioni pubbliche; sostenendo la necessità che le istituzioni pubbliche creino un contesto favorevole alle organizzazioni della società civile (Osc) per la promozione e la salvaguardia dei diritti dei cittadini europei.
In particolare a proposito del Pnrr, proprio perché esso è strumento destinato a migliorare le condizioni di vita delle persone, l’Unione sostiene che queste ultime debbono poter essere coinvolte nella fase tanto della formazione del Pnrr (ormai conclusa per tutti gli Stati membri) quanto della sua esecuzione. Non è un caso che il regolamento (Ue) 2021/241 pretenda che i cittadini e più in generale i portatori di interesse siano coinvolti nella fase tanto decisionale che esecutiva del Pnrr (art. 18.4, lett. q), dovendo essere ascoltati e dovendo la pubblica amministrazione nazionale motivare come abbia tenuto in conto la loro opinione.
Perché questa responsabilità sia ben esercitata occorre tuttavia conoscere a fondo il Pnrr e che al suo monitoraggio e alla sua valutazione sia applicato un metodo capace di fornire un set di indicatori che aiuti chiunque a muoversi agevolmente tra obiettivi qualitativi (nel linguaggio dell’Unione: milestones) e obiettivi quantitativi(ancora nel linguaggio dell’Unione: targets) del Piano, così come tra riforme e progetti di investimenti. Una seria metodologia unica garantisce anche la comparabilità dei risultati del monitoraggio e della valutazione dei risultati del Pnrr.
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Il rischio concreto è che molti piccoli Comuni non riescano ad aggiudicarsi le tante risorse messe a bando, oppure che, pur aggiudicandosene alcune, non riescano poi a spenderle
Ma il Pnrr, prima ancora di essere monitorato e valutato, ha bisogno di gambe per camminare, e queste gambe sono le amministrazioni pubbliche. Conosciamo tutti lo stato di salute di molti Comuni italiani, soprattutto di quelli piccoli: il rischio concreto è che molti di loro non riescano neppure ad aggiudicarsi le tante risorse che saranno messe a bando, anziché distribuite a riparto, oppure che, pur aggiudicandosene alcune, non riescano poi a spenderle. La pubblica amministrazione italiana, così variegata e frammentata, sta manifestando molte difficoltà nel comprendere le dinamiche sottostanti al funzionamento del Pnrr. Proprio per questo, il governo sta assumendo personale a tempo determinato e approntando diverse forme di assistenza tecnica.
Tutto ciò va bene. Ma stavolta dovrebbe essere colta l’occasione per interventi strutturali, e non solo emergenziali, capaci di rafforzare e professionalizzare la nostra Pa mortificata da riforme inadeguate, impoverita da provvedimenti di blocco del turn-over, invecchiata e spesso demotivata. Il Pnrr comprende fra le proprie misure riforme normative, tra cui quella di ammodernamento della Pa: è una riforma considerata abilitante, ovvero presupposto per l’esecuzione del Pnrr. A questa occorre provvedere per tempo e con saggezza.
Il Pnrr esige progetti di investimento da realizzare con contratti pubblici: diventa dunque urgente dare attuazione a quanto già previsto nel Codice di settore del 2016 e confermato dalla legge 108/2021, là dove si dichiara di voler procedere alla riduzione delle stazioni appaltanti (oggi polverizzate in un universo di più di 33mila) e alla loro professionalizzazione: proprio il disorientamento di tanti enti della Pa di fronte ai problemi che l’esecuzione del Pnrr pone è la prova che occorrono stazioni appaltanti molto competenti che sappiano coniugare rapidità d’azione con esperienza. Questa volta infatti non vi sarà la possibilità di godere di proroghe, gli investimenti devono essere “messi a terra” entro il 2023 e rendicontati entro il 2026.
Se la Commissione europea valuterà il raggiungimento dei 51 obiettivi, nel 2022 sarà erogata la somma di 24,1 miliardi di euro (di cui 11,5 a fondo perduto e 12,6 di prestiti). L'Italia dovrà quindi predisporre 66 riforme e 102 progetti di investimento
La rapidità non è tuttavia bastevole. Il Pnrr non è un programma di spesa, è un piano cosiddetto performance based. Ogni misura in esso contenuta deve essere adempiuta dallo Stato membro dell’Unione rispettando milestones e target, ovvero gli obiettivi (dette anche condizionalità) stabiliti consensualmente dal governo italiano e dalla Commissione europea. Soltanto il loro integrale rispetto garantisce che alla scadenza semestrale di ogni tappa di esecuzione del Pnrr le risorse finanziarie europee vengano erogate, per coprire le anticipazioni statali resesi necessarie per l’adempimento di ogni singola misura.
Ecco perché è stato importante per il nostro Paese rispettare la scadenza del 31 dicembre per dare esecuzione ai primi 51 obiettivi. Se anche la Commissione valuterà il reale conseguimento di essi, sarà erogata la somma di 24,1 miliardi di euro (di cui 11,5 a fondo perduto e 12,6 di prestiti). Se questa prima scadenza sarà superata con successo, per il 2022 ci aspetta un arduo compito: predisporre 66 riforme e 102 progetti di investimento. Questa volta, però, si tratterà di realizzare gli obiettivi, non solo di enunciarne la previsione.
È per questo che nel mese di gennaio 2021, prima ancora che la bozza del Piano venisse inviata a Bruxelles dal governo italiano, l’Università Cattolica ha coinvolto Fondazione Etica e Libera, insieme al Cnel, ed è nata LIBenter, acronimo di L'Italia BEne comune, Nuova, Trasparente, Europea, Responsabile. L’intento non è quello di aggiungersi alle tante e validissime organizzazioni della società civile del nostro Paese, quanto piuttosto di rendersi complementari a esse. LIBenter ha un obiettivo principale: rendere monitorabili e valutabili le principali misure previste nel Pnrr, al fine di vigilare sull’impiego delle risorse europee e nazionali finalizzate alla ripartenza italiana.
Ecco LIBenter: il Pnrr lo controlliamo dal basso
Per raggiungere quest’obiettivo sono previsti tre strumenti:
Se non siamo tutti preparati e coesi in primis tra organizzazioni della società civile, l'attuazione del Pnrr fallirà
È evidente che un’opera di portata enorme, come quella proposta, può riuscire solo se corale. È per questo che LIBenter si è posta, sin dall’inizio, come aperta e inclusiva, riscuotendo così l’adesione di partner di grande valore, quale, solo per citarne due, l’Università di Torino e il Gran Sasso Science Institute. Il nostro intento non è quello di collezionare loghi di partner sul sito web, tanto per dirci più rappresentativi di altri: se non siamo tutti preparati e coesi in primis tra organizzazioni della società civile, il Pnrr non potrà riuscire, almeno non pienamente. Non è il momento di competere, ma di collaborare fattivamente, per una chiamata all'azione che riguardi non solo cittadini e Pa, ma anche associazioni di categoria, imprese, fondazioni bancarie, operatori finanziari, e ogni altro soggetto che abbia a cuore il Paese e l’occasione di ripresa che ha davanti.
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