7 ottobre, il presidente del Consiglio, Mario Draghi durante una conferenza stampa al termine della Cabina di Regia per il Pnrr (Foto Palazzo Chigi)
7 ottobre, il presidente del Consiglio, Mario Draghi durante una conferenza stampa al termine della Cabina di Regia per il Pnrr (Foto Palazzo Chigi)

Pnrr, il governo non aggiorna le norme anticorruzione, ma le considera veicolo di malaffare

Da sei mesi si aspetta una revisione della legge anticorruzione 190 del 2012, migliorando quegli strumenti di prevenzione che il Piano nazionale di ripresa e resilienza ritiene "spesso occasione di corruzione". Secondo l'ong statunitense Rand se non si combatte il malaffare, l'Italia rischia di perdere fino a 237 miliardi di euro l'anno. Cifra pari ai fondi post-Covid

Leonardo Ferrante

Leonardo FerranteReferente Anticorruzione civica Gruppo Abele e Libera

22 dicembre 2021

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Il Piano nazionale di ripresa e resilienza guarda alle norme per la trasparenzae per la prevenzione della corruzione come veicoli di malaffare, e però il governo stesso dimentica di riformarle, come avrebbe dovuto fare entro giugno. Tra le tante iniziative previste, il Pnrr dovrebbe anche riformare proprio della legge “anticorruzione” 190 del 2012 (e i suoi decreti applicativi) che rende la gestione del bene comune accessibile, fruibile, rendicontabile, monitorabile e valutabile sia dalle istituzioni, sia dai cittadini. La percezione, però, è che si stia mettendo in pericolo la possibilità del “controllo diffuso” sulle amministrazioni pubbliche proprio quando ne abbiamo più bisogno. Parlano i fatti: la possibilità della vigilanza diffusa (con previsione di strumenti come la trasparenza, l’accesso ai dati e la verificabilità dell’azione pubblica) è prevista dalla normativa della prevenzione della corruzione.

Le norme per la trasparenza come strumenti che creano corruzione

“Da antidoti alla corruzione sono divenute spesso occasione di corruzione”Piano nazionale di ripresa e resilienza

Due sono gli allarmi principali. Innanzitutto il nostro Pnrr considera la legge di prevenzione del malaffare come una tra le “norme che alimentano la corruzione” (è appunto il titolo del capitolo in cui tale previsione di riforma è contemplata, a pagina 69 del piano), specificando che tali norme “da antidoti alla corruzione sono divenute spesso occasione di corruzione”. Anche se ha prodotto eccessi di burocrazia, screditando tutto un corpo di leggi che consente alla macchina pubblica di auto-valutarsi e farsi valutare si rischia di “buttare via il bambino assieme all’acqua sporca”. Ciò a favore di una formula che guarda alla semplificazione come unico antidoto: visione antiquata e già condannata dalla storia e dagli studi di settore.

La riforma anticorruzione dimenticata

Il secondo allarme riguarda i tempi. Stando al cronoprogramma del Pnrr, tale riforma doveva vedere la luce nel giugno 2021. A oltre sei mesi dal termine, ancora nulla si sa del processo di modifica della legge 190: ciò aumenta i nostri timori. Da una parte la volontà politica è quella di correre, e correre a spendere; dall’altra invece si rallenta all’infinito il processo di riforma che ci permetterebbe di vigilare come si spenderà.

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Il paradosso delle cifre

Secondo l'ong Rand, il costo annuo della corruzione in Italia è di 237 miliardi di euro: poco più dei fondi del recovery plan

E pensare che le risorse destinate per il Pnrr ammontano a 235 miliardi di euro, poco meno del costo annuo della corruzione in Italia, stimato dall’ong statunitense Rand in 237 miliardi di euro l’anno, pari al 13 per cento del prodotto interno lordo. Quando si parla di contare i costi della corruzione, la sensazione è sempre quella di lanciare cifre a caso, un po’ come avviene con il fantastilione di Paperon de Paperoni. Se questo dato – i 237 miliardi di euro l’anno di costi della corruzione – sia effettivamente veritiero o meno è difficile dirlo, in quanto il malaffare è fenomeno oscuro per definizione, ma è utile in chiave “pedagogica”. Correndo il rischio di suonare banali, si potrebbe dire che per avere le giuste risorse per la ripartenza basterebbe fare a meno della corruzione. Per evolvere nella riflessione: di fronte alla previsione di spesa straordinaria di 235 miliardi di euro, se già ne perdiamo altrettanti in “gestione ordinaria”, occorrerebbe evidentemente dotarsi dei migliori strumenti di prevenzione e contrasto al malaffare. Ecco: questo non sta succedendo. Anzi, la sensazione è che si stia proseguendo in senso opposto.

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Questi allarmi, lanciati da tempo dalla società civile nel silenzio generale, e questa schizofrenia rendono evidente come la prevenzione della corruzione non sia una priorità, con un conseguente disimpegno in materia da parte del nostro Stato. Per l’ennesima volta nella storia il nostro Paese rischia di dover agire quando è ormai già troppo tardi, con le sole armi della repressione.

Viceversa, ora più che mai, oltre che conoscere lo stato di avanzamento della riforma (preannunciata e poi sparita dai radar informativi) e anche partecipando tramite audizioni, occorre potenziare, e non indebolire, gli istituti che permettono alla cosa pubblica di monitorarsi e di farsi monitorare, relativi al diritto di sapere previsti dalla legge 190 del 2012.

Le richieste della società civile

Come società civile, molti stanno chiedendo a questo governo, che impronta la propria visione e quotidiana attività al diritto europeo, di non contravvenire a quanto il Trattato di Unione (artt. 1 e 15) e la Carta sui diritti fondamentali dell’Unione (artt. 41 e 42) proclamano a più riprese che l’amministrazione europea, inclusa quella di ciascuno degli Stati membri, deve essere integra e trasparente. Lo stesso governo dovrebbe anche ricordare che il regolamento Ue 2021/241 (il “dispositivo per la ripresa e resilienza”) chiede il coinvolgimento dei portatori di interesse nella fase (oltre che si stesura anche) di esecuzione del Pnrr.

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