10 dicembre 2021
Un incomprensibile tradimento delle intenzioni iniziali. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) era prevista l’intenzione di “valorizzare i beni confiscati alle mafie con il contributo del Terzo settore”, ma l’avviso pubblico per i progetti da finanziare con il piano, pubblicato il 23 novembre scorso dall’Agenzia della Coesione territoriale, presenta limiti e contraddizioni che hanno suscitato un coro di proteste tra diverse realtà del privato sociale, tra cui 60 cooperative sociali, associazioni, diocesi, sindacati che da anni si occupano della gestione e valorizzazione di questi beni e che hanno sottoscritto un appello alla Ministra Carfagna. “Un passo indietro, sono tante, troppe le criticità per un bando nato con le buone intenzioni, ma che rischia di essere l'ennesima occasione persa” ha scritto in una nota l’associazione Libera.
Due i punti particolarmente problematici:
Il Pnrr dispone un’assegnazione di 300 milioni di euro per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, all'interno della Missione 5 Componente 3, dedicata a interventi speciali per la coesione territoriale. Di questa cifra, si spiega sul sito del Ministero per il Sud e la coesione sociale, “250 milioni di euro sono riservati ai progetti selezionati attraverso una procedura selettiva, mentre ulteriori 50 milioni di euro serviranno a individuare altri progetti, di particolare valore economico e/o simbolico per il territorio”.
Sono previsti in totale “almeno 200 interventi di valorizzazione” per il “recupero, ri-funzionalizzazione e valorizzazione di beni confiscati alla criminalità organizzata presenti nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia). In particolare, il bando finanzia opere di demolizione e ricostruzione, di ristrutturazione e/o adeguamento di questi beni”. Sono premiati i progetti per la creazione di “centri antiviolenza per donne e bambini o case rifugio, oppure ancora asili nido o micronidi”. La scadenza per la presentazione delle domande è il 24 gennaio 2022.
È una discriminazione che disattende l’indirizzo virtuoso definito nel Pnrr Vanessa Pallucchi - Portavoce del Forum del Terzo settore
“Si tratta di un investimento finanziario di grande importanza – commenta Libera – unico nella storia dei 26 anni della legge 109/96 e a quasi 40 anni dalla legge Rognoni-La Torre ed a maggior ragione avrebbe richiesto – come sottolineato da tempo e da più parti – un urgente cambio di passo per evitare gli errori commessi e superare le diverse criticità già sperimentate ed i ritardi accumulati, non solo in termini di efficienza nell'utilizzo delle risorse europee, nazionali e regionali ma anche di trasparenza, di coinvolgimento dei cittadini e delle realtà sociali e di sostenibilità delle progettualità. Invece ci troviamo un bando rivolto solo agli enti locali, senza nessun ruolo attivo per gli enti del terzo settore, associazioni, cooperative sociali e dove sono previsti interventi solo di ristrutturazione". Sul mancato coinvolgimento della società civile organizzata, si è subito alzata anche la protesta del Forum nazionale del terzo settore. “È una discriminazione che non comprendiamo, e che disattende l’indirizzo virtuoso definito nel Pnrr", sottolinea Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum, secondo cui “è sbagliato non prevedere la possibilità di forme di partenariato fra le istituzioni pubbliche e il Terzo settore”.
Irrobustire le "aree fragili" con l'aiuto dei beni confiscati
“Per i Comuni, soprattutto quelli di piccole dimensioni, non sarà agevole in così poco tempo predisporre la documentazione richiesta, con il forte rischio che non possano partecipare e che tanti beni già destinati rimangano ancora a lungo inutilizzati"Libera
Pure gli enti locali, che tramite l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) sono stati coinvolti nell’esame del Pnrr e hanno potuto esprimere le loro considerazioni sulla materia beni confiscati, ora lamentano tempi troppo rapidi. Con la scadenza del 24 gennaio 2022, e Natale alle porte, ci sarà poco più di un mese per preparare i progetti e la domanda di partecipazione. Anche in questo caso la velocità rischia di travolgere soprattutto le coprogettazione con il privato sociale. “Per i Comuni, soprattutto quelli di piccole dimensioni, non sarà agevole in così poco tempo predisporre la documentazione richiesta, con il forte rischio che non possano partecipare e che tanti beni già destinati rimangano ancora a lungo inutilizzati. Inoltre, sarà impossibile in così poco tempo coinvolgere, sin da questa fase, i cittadini e le realtà sociali nelle diverse forme di progettazione partecipata utile a creare un raccordo forte tra la comunità territoriale (e i bisogni della stessa) e l’amministrazione pubblica”, si legge nella nota di Libera. Da più parti arriva l’appello per la riscrittura del bando, “crediamo che sia necessario correggere l’avviso pubblico. Siamo disponibili a collaborare mettendo a disposizione le competenze e l’esperienza maturata sul campo”, scrive Forum terzo settore e Fondazione per il Sud. “Solo se spese nella giusta direzione queste risorse potranno trasformare i beni sottratti alle mafie ed ai corrotti in segni di cambiamento etico e culturale – conclude Libera – tenendo al centro la cura delle persone e dei beni comuni e coltivando la memoria delle vittime innocenti della violenza mafiosa”.
Guida ai beni confiscati alle mafie
L'appello sottoscritto da 60 enti gestori (tra gli altri Legambiente, Arci, Acli, Cgil, Cisl, Uil, Legacoop nazionale, Confcooperative nazionale, Avviso Pubblico, Uisp, Agesci) chiede alla ministra per il Sud Mara Carfagna di modificare l'Avviso pubblico e di prevedere misure più inclusive, "assicurando partecipazione e riconoscendo al terzo settore il ruolo propulsore fin dalla fase di progettazione". In particolare – si legge ancora nell'appello– si chiede alla ministra Carfagna di:
"L'idea che il bando sui beni confiscati alla mafia limiti il ruolo propulsore del Terzo settore è del tutto infondata"Mara Carfagna - Ministra per il Sud e la Coesione sociale
Sul punto la ministra Carfagna, rispondendo alle critiche sulle colonne del quotidiano Avvenire, ha sostenuto la volontà di coinvolgere nei progetti il no profit, “una fondamentale risorsa della nostra società, e in particolare della società meridionale”, in particolare sulle attività antiviolenza, spiegando inoltre che “abbiamo scelto di individuare i Comuni come soggetti proponenti dei progetti perché questo ci aiuta a velocizzare ogni iter burocratico”.
La ministra ha poi comunicato all'Ansa di aver fissato un incontro per affrontare la questione con le parti coinvolte: "Ho parlato con don Luigi Ciotti offrendogli la mia massima disponibilità al confronto per valorizzare il ruolo del Terzo settore – ha annunciato il 7 dicembre la ministra per il Sud e la Coesione territoriale –. Ho incaricato i miei uffici di approfondire le istanze segnalate e la settimana prossima riceverò una rappresentanza delle associazioni guidata dal presidente di Libera". L'appuntamento "consentirà un confronto per migliorare e rendere più produttivo il coordinamento tra l'azione dell'associazionismo e la pianificazione degli interventi del Piano affidati alla mia responsabilità".
Secondo l'esponente del governo, "l'idea che il bando sui beni confiscati alla mafia limiti il ruolo propulsore del Terzo settore è del tutto infondata. Al contrario, il bando sostiene la sua partecipazione sia in fase di programmazione, sia di gestione attraverso diverse categorie di punteggi di premialità". Il coinvolgimento dei comuni – precisa – "ci aiuta a velocizzare ogni iter burocratico, evitando i numerosi passaggi richiesti quando i bandi sono aperti a enti non-pubblici, ma il bando incoraggia gli enti locali a 'tenere insieme' la pianificazione della ristrutturazione del bene con l'affidamento della sua gestione".
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