24 novembre 2021
Vicino ad Alicante, nel sud della Spagna, una villa confiscata nel 2007 al narcotrafficante iberico Francisco Javier Martínez Sanmillán è diventata un centro per il trattamento delle dipendenze gestito dal Comune di Pedreguer. Nei Paesi bassi un'imbarcazione utilizzata per il trasporto di droga è stata tolta ai suoi proprietari e adesso serve per le lezioni agli studenti di una scuola nautica. Si tratta di alcuni dei casi di riutilizzo sociale di beni confiscati, una pratica che dall'Italia si è diffusa nel resto del continente. A sei anni di distanza dalla direttiva europea che estende questa opportunità a livello comunitario, Libera ha realizzato Good(s) Monitoring, Europe!, in cui è inclusa una prima mappatura delle buone pratiche di riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati in Europa con l'obiettivo di contrastare il fenomeno criminale e mafioso. “La presenza pervasiva delle mafie in Europa non è una scoperta recente – scrive il presidente di Libera, Luigi Ciotti, nell’introduzione dello studio –. È da tempo che le forze di polizia e gli organi di magistratura dei Paesi membri hanno iniziato a cooperare per colpire le attività della criminalità organizzata transnazionale. Molto più recente è il tentativo di mobilitare la società civile e responsabile europea su questo tema, costruendo conoscenza, consapevolezza e un impegno dal basso che è ingrediente fondamentale per contrastare con successo le mafie a livello sociale e culturale, come insegna l’esempio italiano. I percorsi di riutilizzo sociale dei beni confiscati fanno parte di questo tentativo iniziato da poco, ma che già conta, come descritto nel report, esperienze interessanti”. Tuttavia, nota ancora Ciotti, “bisogna accelerare” perché soltanto 19 Stati membri (su 27) hanno adottato una legislazione sull'uso dei beni confiscati per scopi di interesse pubblico o sociali, promosso a livello europeo attraverso la direttiva 42 del 2014. Eppure sono soltanto sette quelli che hanno cominciato a mettere a frutto l’esempio italiano della legge 109 del 1996.
Guida ai beni confiscati alle mafie
In Europa sono all’opera più di cinquemila gruppi di criminalità organizzata, sostiene l’Europol per quale il crimine organizzato è una delle maggiori minacce alla sicurezza dell'Ue. Le loro attività illegali genererebbero enormi profitti, stimati a circa 110 miliardi di euro all'anno. Tuttavia, soltanto il due per cento circa dei proventi del crimine vengono congelati e l’uno per cento confiscati, si stima nell’ultimo studio dell’Europol, Serious and organised crime threat assessment 2021. Questo permette ai gruppi del crimine organizzato di investire nell'espansione delle loro attività illecite e infiltrarsi nell'economia legale. A tal proposito la Commissione europea, nell’ambito della Strategia europea contro il crimine organizzato, ha ribadito che la confisca è essenziale. Questo è il punto da cui partire per aumentare il numero di beni confiscati riutilizzati per finalità sociali.
La mappatura delle buone pratiche di riutilizzo è stata realizzata da Libera all’interno del progetto Good(s) Monitoring, Europe! per promuovere innanzitutto strategie europee di inclusione attraverso il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata in Europa e processi partecipativi dal basso. Insieme alla mappatura, il team ha anche elaborato una prima proposta che possa portare all’adozione di una strategia comunitaria per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati attraverso le politiche di coesione e l’utilizzo di fondi europei, sull’esempio di quella elaborata in Italia. Questa strategia è stata presentata il 12 ottobre scorso, durante la European Week of Regions and Cities 2021.
Al momento, escludendo quelle italiane, sono tredici le esperienze di riuso in tutta l'Unione europea: tre in Spagna, due in Romania, due in Bulgaria, quattro in Belgio, una in Francia e Olanda. In Belgio, per esempio, i fondi confiscati provenienti da pratiche corruttive vengono destinati al Centro pubblico per la previdenza sociale (Cpas) di Bruxelles per sostenere attività sociali. In Bulgaria una proprietà residenziale a Nessebar (in provincia di Burgas), prima utilizzata da un noto boss della droga, è stata confiscata nel 2010 e nel 2016 è stata trasferita all’Agenzia del catasto. In Spagna, una delle esperienze è quella della villa “Finca El Campell”, nella provincia di Alicante, confiscata in seguito ad operazioni di polizia contro il narcotraffico: dal 2016 l’immobile è diventato sede del Centro per la prevenzione comunitaria dei comportamenti di dipendenza, per sviluppare attività di prevenzione e riabilitazione per persone tossicodipendenti. In Romania, quattro proprietà confiscate a un’organizzazione criminale specializzata nel traffico di stupefacenti sono oggi riutilizzate da un’associazione per fornire un alloggio temporaneo a persone vulnerabili o vittime di reati. Nei Paesi Bassi, a Rotterdam, la nave confiscata “Sila Inua”, originariamente progettata per la ricerca artica e poi finita nelle mani di narcotrafficanti, è diventata il primo (e unico per ora) progetto di riutilizzo sociale: viene utilizzata da un istituto nautico di Rotterdam per le attività formative. In Francia l’esperienza di riutilizzo riguarda un appartamento nel centro di Parigi, di proprietà di Gioacchino Campolo, il re dei videopoker; il bene faceva parte dell'ingente patrimonio immobiliare per il quale, nel 2017, la procura di Reggio Calabria aveva chiesto alle autorità francesi il riconoscimento della decisione di confisca. La confisca preventiva è stata così riconosciuta e l’appartamento è stato dato in gestione ad un'associazione, l'Amicale du Nid, che si occupa di inclusione di donne vittime di tratta.
Da club del crimine a pasticceria sociale. L'Albania scopre il riutilizzo dei beni confiscati
Le buone prassi raccolte da questa mappatura mostrano che la strada è giusta, ma ancora molto c'è da fare. Per questo Libera, insieme alla rete Civil Hub Against orgaNised Crime in Europe(Chance), ha elaborato alcune proposte per le istituzioni europee, a sostegno dell’azione dal basso che la società civile porta avanti. Ad esempio, chiede che si preveda e si ricorra anche a misure di confisca “non basate sulla condanna”, sul modello delle misure di prevenzione patrimoniale, attraverso una direttiva specifica che includa la garanzia di un giusto processo. Inoltre suggerisce la creazione di un fondo dedicato al riutilizzo dei beni confiscati attraverso le politiche di coesione nel periodo di programmazione 2021-2027, favorendo così la creazione di una strategia europea per la destinazione pubblica e sociale dei beni criminali.
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