Una centrale elettrica a Poznan, in Polonia (Marcin Jozwiak /Unsplash)
Una centrale elettrica a Poznan, in Polonia (Marcin Jozwiak /Unsplash)

L'Italia a tutto gas

Dovrebbe essere un ossimoro nella transizione ecologica. Eppure il governo Draghi sta autorizzando la costruzione di nuove centrali e il potenziamento dell'esistente

Barbara Ciolli

Barbara Ciolligiornalista

21 febbraio 2022

 L'Italia è il Paese con più finanziamenti del Recovery fund da destinare all’ambiente: circa 87 dei 235 miliardi di euro complessivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. La soglia del 37 per cento, che l’Ue impone di investire nel Green deal, equivale a più dei 70 miliardi complessivi della Spagna, ed è quasi quanto riceverà in totale anche la Francia (circa 100 miliardi). È una montagna di soldi che consentirebbe al Paese di pianificare la conversione alle energie rinnovabili, verso il traguardo delle emissioni zero entro il 2050. Un’occasione storica per uscire dal fossile. Eppure in questi mesi il governo Draghi sta autorizzando la costruzione di nuove centrali a gas, il potenziamento di decine di impianti esistenti e della rete del metano. Nel dossier L’insensata corsa al gas dell’Italia Legambiente calcola 110 infrastrutture a gas al vaglio nel 2021 al ministero della Transizione ecologica (Mite), per oltre 30 miliardi di euro. A dicembre il Sole 24 Ore ha censito 48 progetti di centrali a metano, "in vari gradi di sviluppo, dalla prima richiesta di valutazione fino ai lavori autorizzati e in corso ", per 18.500 Megawatt e fino a 10 miliardi di euro di spesa.

Da Nord a Sud

La corsa al gas dovrebbe essere un ossimoro nella transizione ecologica, invece attraversa tutto lo stivale. Per due centrali a carbone da trasformare a metano (a Monfalcone, in Friuli, per A2A e alla Spezia, per Enel) i via libera sono arrivati tra settembre e dicembre. Lo stesso è in programma per gli impianti a carbone Enel a Civitavecchia e Brindisi, i più grandi e inquinanti del Paese. Nelle centrali a gas di Marghera (Venezia) e di Tavazzano (Lodi) Ansaldo monta le due turbine più potenti d’Italia, ed è in ampliamento la centrale a gas di Ostiglia (Mantova) sul Po. Dal nord al sud, si installano piccoli impianti a metano tra Melfi, Piombino, Gorizia e in altre località, la Sardegna accelera sulla metanizzazione. Puntare sul gas, anche estraendo idrogeno dagli idrocarburi anziché spingere eolico e solare, è d’altronde la strategia del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima del 2020. Un peccato originale anche del Pnrr per l’accesso al recovery fund dell’Ue: tra il 2021 e il 2026 l’Italia stanzia appena 5,9 miliardi per le energie rinnovabili, due dei quali per il biometano da biomasse, un comparto attrattivo per Eni e Snam come quello dell’idrogeno. Appena 1,1 miliardi vanno all’agrivoltaico, 680 milioni all’eolico, 2,2 miliardi a comunità energetiche locali sostenibili. "A oggi, il 90 per cento dell’idrogeno non è verde, da fonti rinnovabili, ma si produce dagli idrocarburi – precisa la co-portavoce di Europa Verde ed europarlamentare Eleonora Evi –. Incentivi al fossile si trovano nel Pnrr anche sui trasporti, per rinnovare flotte di autobus regionali e di altri veicoli con mezzi a idrogeno. E nei finanziamenti per le caldaie a gas dell’ecobonus. Su questi rilievi la Commissione Ue ci ha dato ragione. Non di meno ha comunque approvato un piano che secondo il barometro del Green recovery tracker ha solo il 16 per cento dei fondi sicuri per l’ambiente. Non il 40 per cento come afferma il governo".

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