30 settembre 2021
Il terzo e ultimo giorno della Youth4Climate è iniziato con toni ben più accesi rispetto alle prime due giornate di lavori dei 400 giovani delegati provenienti da tutto il mondo per discutere di cambiamento climatico. Prima le manganellate delle forze dell’ordine agli attivisti di Riseup4climatejustice che questa mattina alle 8 hanno cercato di bloccare l’ingresso principale di Milano Congressi (MiCo). Poi, quando ha preso la parola il premier Mario Draghi, alcuni delegati vicini al movimento Fridays for future hanno lasciato la sala gridando: “El pueblo unido jamas sera vencido” (ovvero: “Il popolo unito non sarà mai sconfitto”) e “No more greenwashing”. Infine, il blocco stradale di Extinction rebellion in Largo Domodossola: dopo due ore di protesta, la polizia ha iniziato a caricare in macchina alcuni attivisti che più volte si sono sdraiati in mezzo alla strada.
Dentro il MiCo e per tutta la mattinata, i giovani delegati hanno incalzato i ministri arrivati qui per partecipare alla PreCop (la riunione preparatoria della Cop26 di novembre), prevista da oggi a sabato: “Dovete parlare non di quello che avete fatto finora ma di quello che volete fare ora perché manca solo un mese alla Cop”; “Non vogliamo più sentire i vostri discorsi preconfezionati, rispondete precisamente alle nostre domande”. “Parlate di transizione ecologica, ma guardate questa foto – ha esordito una delegata del Libano mostrando l’immagine della nonna costretta a cucinare con la sola luce di una candela –: le nostre nonne non hanno nemmeno l’energia elettrica”.
“La transizione ecologica non è una scelta, è una necessità – ha rassicurato il premier Draghi –. Abbiamo solo due opzioni: o affrontiamo i costi della transizione ora oppure agiamo poi pagando il prezzo molto più alto di un disastro climatico. La vostra pressione è la benvenuta: abbiamo bisogno di essere spronati ad agire”. Più pragmatico il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che ha sostenuto: “La sostenibilità è un compromesso tra diverse istanze: dobbiamo essere super veloci nel mitigare i problemi connessi al cambiamento climatico, ma dobbiamo essere abbastanza lenti per non distruggere i posti di lavoro perché i vostri genitori devono lavorare e anche noi”.
I lavori dei quattro gruppi di giovani delegati hanno portato in questi giorni all’elaborazione di un documento, i cui punti sono stati presentati in plenaria questa mattina e che verrà sottoposto ai ministri che da oggi partecipano alla PreCop.
I delegati hanno chiesto ai Paesi e alle istituzioni internazionali di garantire la loro partecipazione a tutti i tavoli decisionali sul cambiamento climatico, nonché di assicurare loro il supporto finanziario e logistico per promuovere l’impegno dei giovani.
I partecipanti hanno invocato un’urgente, diversificata e inclusiva transizione ecologica entro il 2030 che permetta di mantenere l’aumento medio delle temperature globali rispetto ai livelli preindustriali entro i +1,5° come previsto dall’accordo di Parigi del 2015. Inoltre hanno sollecitato soluzioni per i gruppi e le regioni più vulnerabili, a partire delle comunità indigene, e chiesto un sistema di finanziamento trasparente.
Per i giovani delegati la transizione deve iniziare subito e procedere in maniera rapida. Servono report almeno annuali per definire i passi da compiere e monitorare i progressi. Per garantire l’uscita completa dalle fonti fossili entro il 2030 hanno chiesto che nessuno degli attori non statali, incluse le istituzioni delle Nazioni unite, accetti investimenti dall’industria fossile e dalle loro lobby, soprattutto in caso di negoziati internazionali.
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E infine la formazione: l’educazione al cambiamento climatico deve essere introdotta in tutte le scuole e in tutti i Paesi, specialmente là dove a molti ragazzi è ancora negato il diritto all'istruzione.
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Dopo la presentazione dei punti chiave, il premier Draghi ha promesso che l’impegno di investire 100 miliardi di dollari per i cosiddetti Paesi in via di sviluppo al fine di agevolare la loro transizione ecologica verrà rispettato. La cifra, che doveva essere mobilitata ogni anno entro il 2020, era stata fissata già durante la Cop16 di Cancun, 10 anni fa. Non solo: come sottolineato martedì dall’attivista ugandese dei Fridays for future Vanessa Nakate nel suo discorso di apertura, questi fondi dovrebbero essere donazioni, non prestiti (come avviene ora per la maggior parte). Anche su questo aspetto, il premier italiano le ha dato ragione. Il ministro Cingolani in conferenza stampa ha promesso invece che l’Italia metterà a disposizione un miliardo.
"It’s time to acknowledge that there must be additional funding for mitigation and adaptation. It’s time for that funding to come in the form of grants — not loans. Loans will only add debt on top of existing debt." My Full speech at https://t.co/UXRyfRcpodpic.twitter.com/tJKzaT9rza
— Vanessa Nakate (@vanessa_vash) September 30, 2021
In parte contraddittorie le parole in conferenza stampa del titolare della Transizione ecologica che prima è parso fare un passo indietro sulla sua impostazione da scienziato e poi ha riposto le sue speranze nel mero sviluppo tecnologico. “Quando sono diventato ministro ho subito visto la transizione ecologica come un gigantesco problema tecnologico – ha esordito –. Qui parlando con i giovani mi è venuto un dubbio: il problema sono anzitutto le disuguaglianze globali. La transizione ecologica non è un fenomeno unico, cambia in base alle circostanze locali”, ha affermato ricordando l’immagine mostrata dalla ragazza libanese. Una differenza immensa, ha detto, rispetto alla prospettiva dei Paesi del G20 che vedono la transizione solo come un cambiamento del modo in cui l’Occidente si muove e produce. Eppure, incalzato dai giornalisti sulla fattibilità per l’Italia di uscire dal fossile entro il 2030, si è limitato a un “altamente desiderabile” e a promettere che per quella data le fonti rinnovabili in Italia saranno passate dal 27 al 72 per cento. Concludendo: “Vediamo cosa riuscirà a fornirci la tecnologia di accumulo”.
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“Questo confronto con i giovani è solo l’inizio di un percorso insieme – ha concluso Alok Sharma, presidente della Cop26 –. Più volte oggi ci hanno sfidati affermando che non rispondiamo alle loro domande. Porteremo tutti i loro messaggi alla Cop26 di Glasgow e ci assicureremo che i ministri presenti rispondano alle loro richieste”.
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