15 settembre 2021
“Lo scorso trimestre la bolletta elettrica è aumentata del 20 per cento, il prossimo trimestre aumenta del 40 per cento". Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, non è un tipo diplomatico quando parla. "Succede perché il prezzo del gas a livello internazionale aumenta, succede perché aumenta anche il prezzo della CO2 prodotta”, ha aggiunto lunedì durante un convegno della Cgil a Genova. Come a dire: ecco il conto della transizione ecologica.
Le durissime repliche non si sono fatte attendere, né sul fronte politico né tantomeno su quello ambientalista. "Siamo alle solite: di fronte a un problema, si cerca di accusare i soldi spesi per una giusta causa (in questo caso il prezzo della CO2, in passato gli incentivi alle rinnovabili) per alzare una cortina fumogena – è l'accusa delle associazioni Wwf, Greenpace e Legambiente –. Questo impedisce di comprendere e ovviare alle dinamiche speculative internazionali sui prezzi e sull’approvvigionamento del gas. Ma soprattutto mette in ombra l’indubbio ruolo calmierante che le rinnovabili stanno avendo per la bolletta elettrica, visto che ci consentono di limitare le importazioni di gas".
Sul fronte politico, Rossella Muroni, vicepresidente della Commissione ambiente alla Camera e membro del gruppo ecologista FacciamoEco, annuncia: "Abbiamo scritto a Draghi chiedendogli di venire a riferire in Parlamento quale sia l'idea di transizione ecologica di questo governo. Lo stesso Timmermans (vicepresidente della Commissione europea, ndr) ieri ha indirettamente risposto a Cingolani ricordando che il vero problema è che siamo in ritardo di cinque anni sul Green deal e criticando i Paesi – come l'Italia – che stanno invece utilizzando la questione dei costi dell'energia per sviare dagli obiettivi della transizione ecologica".
Muroni, cosa ne pensa delle dichiarazioni del ministro Cingolani, dalla transizione che "potrebbe essere un bagno di sangue" agli "ambientalisti radical chic" fino all'apertura sul nucleare?
Sono preoccupata, innanzitutto perché ho l’impressione che il titolare del dicastero della Transizione ecologica non abbia bene in mente quale sia la sua missione. Mi stupisco poi che un ministro che si è sempre dichiarato un tecnico si sia lanciato in dichiarazioni che per forza di cose diventano politiche sollevando polemiche. È un problema perché in questo modo perdiamo tempo e rischiamo in generale di perdere la nostra occasione: la transizione ecologica dovrebbe essere un'alleanza, un grande sforzo collettivo che ci lancia nel futuro.
Perché secondo lei queste dichiarazioni?
Temo che dietro ci sia l'idea che il gas vada mantenuto e difeso il più possibile e che quindi questa transizione ecologica vada rallentata moltissimo. È chiaro che dichiarazioni del genere, come quella sul nucleare, possono suscitare degli appetiti e nel mondo fossile può passare l'idea che il gas rimarrà comunque nel futuro dell'Italia per i prossimi 30 anni. Mi domando allora se il ministro abbia chiara la necessaria radicalità con cui dobbiamo invece intervenire per affrontare il cambiamento climatico. Con queste dichiarazioni Cingolani si sta dimostrando inadeguato al suo ruolo.
Il co-portavoce di Europa verde Angelo Bonelli ha chiesto le dimissioni di Cingolani: è d’accordo?
Non sarebbero le dimissioni di un singolo ministro a cambiare il ritmo della transizione ecologica. Il dl Semplificazioni, per esempio, che porta la firma di tutto il governo e che doveva essere l'occasione per sbloccare le procedure autorizzative per le energie rinnovabili, è stata un'occasione persa. O la riforma della giustizia promossa dalla ministra Cartabia: non siamo riusciti a far passare l'emendamento per inserire i delitti ambientali tra quelli di particolare gravità e complessità per cui sono previsti tempi più lunghi per indagini e processi. Qui il problema è il governo nel suo complesso: quanto crede in questo cambiamento? Per questo abbiamo chiesto a Draghi in persona che venga a riferire in aula e illustrare la sua idea di transizione.
"Non sarebbero le dimissioni di un singolo ministro a cambiare il ritmo della transizione ecologica. Il problema è il governo nel suo complesso"
Tornando alla notizia dell'aumento della bolletta elettrica, in Spagna, dove il prezzo della luce è fuori controllo da settimane, il governo prevede di intervenire con tagli ai giganti dell’energia. È una strada anche per l’Italia?
Penso di sì, chiamiamola carbon tax, comunque sia è necessaria una forma di tassazione europea per i grandi produttori di energia. Deve però essere un provvedimento comune, non dei singoli Paesi.
In Italia passerebbe?
Io temo che l’industria dirigente di questo Paese stia ancora remando potentenmente contro. Penso all’Eni che ancora si concentra sulla cattura della CO2 quando dovrebbe cambiare la propria mission o alla Fiat di Marchionne che per anni ha ripetuto che l'auto elettrica fosse una bolla e non il futuro e ci ha fatto perdere una grande occasione. Purtroppo anche gli industriali italiani sono inadeguati alla transizione ecologica.
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Nucleare, gas, idrogeno: tutti temi divisivi. Ma quanto di questi temi viene discusso in Parlamento?
Sono temi che arrivano nelle Commissioni chiamate a vagliare i singoli provvedimenti. Per esempio ora in commissione Ambiente stiamo lavorando al recepimento della messa al bando della plastica. Il Parlamento, però, in quanto luogo collettivo è piuttosto esautorato in questa fase storica. Non si riesce a discutere, i tempi sono sempre contratti. Capisco la pandemia, ma non si tratta di passaggi tecnici, il Parlamento dovrebbe essere il luogo della discussione politica. Basti pensare al Pnrr (il Piano nazionale di ripresa e resilienza presentato dall'Italia alla Commissione europea a fine aprile, ndr): nella sua stesura finale abbiamo votato in aula un documento ricevuto 20 minuti prima.
A che punto è la transizione ecologica nel Pnrr?
È incardinato adesso in commissione Ambiente il provvedimento che riguarda i fondi, ma continuo a pensare che sia un piano poco ambizioso sulla promozione delle energie rinnovabili e sulla mobilità sostenibile. Si sono perse occasioni di metodo e di merito. L'importante ora è che la prima tranche di fondi in arrivo dall'Europa venga spesa bene e non per opere inutili come lo stretto di Messina.
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Perché secondo lei la transizione ecologica diventa ogni volta il capro espiatorio?
Perché richiede scelte radicali e quindi non lascia più tempo alla politica del "ma anche". Ma abbandonare ora il sistema fossile significa toccare interessi e poteri e non è semplice in una fase di debolezza della politica come quella che stiamo vivendo, nella quale non si fanno le scelte ma si subiscono e ratificano. C'è poi un tema culturale enorme: dalla classe dirigente politica a quella industriale, fino al mondo dell'informazione, sembrano tutti all'oscuro delle grandi potenzialità che questo Paese ha nel campo della sostenibilità ambientale. Brevetti italiani che all'estero stanno avendo grande successo, in Italia non hanno diritto di cittadinanza. Penso all'economia circolare, di cui tutti si riempiono la bocca, ma per la quale abbiamo previsto pochissimi decreti attuativi per aiutare le imprese a recuperare i rifiuti. E questo perché non se ne capiscono le potenzialità anche in termini economici e di posti di lavoro.
"Tanti interpretano la transizione ecologica come un viatico per continuare a fare quello che si è sempre fatto. È il limite culturale del tecnico Cingolani punta tutto sulla tecnologia. Serve invece una rivoluzione sociale"
Basta cambiare fonti energetiche per salvare il pianeta e noi stessi, mantenendo questo modello di sviluppo?
Tanti interpretano la transizione ecologica come un viatico per continuare a fare quello che si è sempre fatto, semplicemente grazie allo sviluppo di nuove tecnologie. È esattamente questo il limite culturale del tecnico Cingolani che pensa che la supremazia tecnologica risolva tutti i problemi. Dobbiamo invece cambiare tutto passando ad esempio da un modello centralizzato dell'energia basato sul consumo come dogma principale a piccole comunità energetiche in cui gli utenti sono anche produttori e fornitori di energia nella loro comunità territoriale. Serve una grande rivoluzione sociale, non una mera operazione di maquillage del sistema capitalistico e questo fa paura.
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