I volontari di Ink Club preparano i kit spesa per Superbergamo (©Roberto Giussani - Red zone chronicles)
I volontari di Ink Club preparano i kit spesa per Superbergamo (©Roberto Giussani - Red zone chronicles)

Coronavirus, i nuovi "mille" di Bergamo

Nella città più colpita dal contagio, centinaia di volontari si sono messi a disposizione per portare spesa, pasti, medicine e altro nelle case di anziani, malati e nuovi poveri: "Non è solo un servizio, vogliamo preservare le relazioni umane"

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

8 aprile 2020

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Hanno iniziato a portare la spesa ai familiari e ai vicini chiusi in casa per il coronavirus. Si sono accorti che insieme potevano fare di più, passare dal condominio al quartiere, dal quartiere alla città, cioè Bergamo, la più colpita dal Covid-19, dove contagiati e morti sono molti di più delle stime ufficiali della Regione Lombardia e della Protezione civile. Destinatari degli aiuti non solo gli anziani e i malati, ma anche quei lavoratori, precari o in nero, spinti verso la povertà dalla crisi. Nel momento di maggiore difficoltà si sono organizzati e alla fine hanno creato Superbergamo, dove Super sta per “supporto unitario popolare e resiliente”. Con i suoi 130 volontari, è una nuova e importante realtà tra le tante organizzazioni spontanee oppure più stabili, come la Caritas, il Banco Alimentare o i City Angels e altri, che si sono messe a disposizione. “Martedì siamo arrivati a mille volontari”, spiega Marcella Messina, 40 anni, assessore alle Politiche sociali del Comune di Bergamo che ha organizzato tutti i volontari nel progetto "BergamoxBergamo". La città da cui partirono 180 volontari per seguire Giuseppe Garibaldi (da cui l’epiteto “Città dei Mille”) vede ora mille volontari che preparano i pacchi e i pasti, consegnano spese e farmaci e ricreano legami: “È un segnale di speranza. C’è un’attivazione da cui partire per ricostruire”, aggiunge l’assessore.

Superbergamo

Le persone hanno voglia di parlare. Nei volontari ritrovano i figli lontani. Ci sentiamo dire che siamo angeli. Per noi è esagerato: facciamo una cosa normaleStefano "Kino" Ferri - Cantante degli Arpioni e volontario

Una delle iniziative più significative parte dal circolo Maite a Bergamo Alta, borgo storico, un tempo popolare e ora attrazione per turisti. “A fine febbraio abbiamo chiuso il locale anticipando le ordinanze. Però siamo incapaci di stare fermi e ci siamo chiesti cosa fare”, premette Pietro Bailo, 39 anni, presidente dell’associazione Maite che gestisce questo luogo di musica, cultura e incontri. “Ognuno di noi ha dovuto organizzarsi per la propria famiglia e i propri anziani - prosegue Stefano “Kino” Ferri, cantante del gruppo ska “Arpioni” e fondatore del circolo -. Poi come associazione abbiamo pensato di farlo anche per altri. Abbiamo fatto delle locandine e le abbiamo messe nei negozi. Ci siamo trovati a rispondere a decine di telefonate provenienti non soltanto dal quartiere, ma anche da altre parti della città”. Così è nato il "Supporto unitario popolare e resiliente": “In tre giorni abbiamo coinvolto una quarantina di volontari. Poi altre associazioni si sono unite. Ora siamo arrivati a 130 volontari e abbiamo fatto 730 interventi nel giro di due settimane”, riprende Bailo.

Anziani, malati e nuovi poveri

I destinatari non sono soltanto gli anziani e i malati. In queste settimane i volontari hanno visto cambiare la “platea” di persone che chiede un aiuto. “Questa crisi sta colpendo anche a Bergamo delle persone che fino a un mese e mezzo fa non avevano problemi - spiega Bailo -. Parlo del mondo del precariato, del settore degli spettacoli e del lavoro sommerso. A Napoli la situazione è drammatica, ma anche qui non è tanto meglio. Pensiamo a molti muratori che lavorano in nero e ora non possono chiedere sussidi”. Senza guardare i redditi di chi chiede, "Kino", Bailo e gli altri distribuiscono il “kit spesa solidale”: “Lavoriamo sulla fiducia. Non facciamo soltanto un servizio di puro volontariato, ma vogliamo preservare le relazioni umane e la socialità”. Per questa ragione oltre ai sacchetti della spesa, lasciano anche un foglio per spiegare il progetto e delle brevi biografie dei volontari: “Così facciamo sapere chi c’è dietro le mascherine”, aggiunge Bailo. “Le persone hanno una gran voglia di parlare - aggiunge “Kino” -. Nei volontari a volte ritrovano i figli che sono lontani. Ci sentiamo dire che siamo angeli, ma per noi è esagerato perché facciamo una cosa del tutto normale, anche se per alcuni è importantissima”. E sono importanti anche certe attenzioni: “All’anziana legata a certe abitudini, noi cerchiamo di farle mantenere. Lo dico perché un giorno una signora mi aveva chiesto certi prodotti di determinate marche. Può sembrare una frivolezza, ma non lo è: nell’isolamento può dare un po’ di conforto”. C’è chi, ricevuta la spesa, lascia delle mance che all’inizio venivano rifiutate e ora finiscono nel fondo per alimentare i kit spesa solidale. 

A Milano cooperative, Emergency e Comune hanno predisposto una struttura per ospitare i giovanissimi figli di genitori contagiati dal virus

Le istituzioni al seguito

Un volontario di BergamoxBergamo (©Roberto Giussani - Red zone chronicles)
Un volontario di BergamoxBergamo (©Roberto Giussani - Red zone chronicles)
Superbergamo ha anticipato di qualche giorno le istituzioni. “All’inizio di marzo abbiamo attivato due numeri di telefono - spiega l’assessore Marcella Messina -. Il primo, destinato a persone sole o in situazioni di fragilità, serve a richiedere una serie di servizi domiciliari. Poi abbiamo attivato un numero per raccogliere i volontari da affiancare agli operatori del terzo settore”. È il progetto “BergamoxBergamo - Facciamo squadra”. Così, ai 130 volontari legati alle associazioni come il Maite e le altre di Superbergamo, si sono aggiunti altri giovani per arrivare a un totale di quasi mille persone: “Ci sono 25 squadre di quartiere, ma non sono tutti in giro. Altri assemblano i pacchetti o preparano i pasti”, prosegue l’assessore.

Nuovi legami

Un anziano che mi ha detto di aver finalmente capito perché 'gli africani' stanno sempre al telefono. Adesso anche lui sta sempre attaccato al suo per parlare coi nipotiPietro Bailo - Presidente Maite

Si rafforzano le reti di vicinato e di quartiere e cresce la solidarietà intergenerazionale: “Bisogna costruire la fiducia, dare continuità alle relazioni, far sì che i rapporti non siano soltanto strumentali e passare del tempo insieme - sostiene Messina -. Il giovane che si attiva trasmette l’idea di una ripresa in un tempo di malattia e morte”. “Ringrazio con tutto il cuore i volontari che, nonostante il pericolo, così generosamente si sono offerti di aiutarci”, ha scritto in una lettera una signora i cui figli sono lontani. “Qualche giorno fa, una coppia di anziani che abita vicino a me mi ha detto che vorrebbe adottarmi come nipote”, racconta Giulio, 28enne di Ragusa arrivato da pochi mesi in città per insegnare sax in un liceo e ora volontario di Superbergamo. Bailo segnala anche un certo cambiamento nella mentalità di chi incontra: “Mi ha stupito un anziano che mi ha detto di aver finalmente capito perché 'gli africani' stanno sempre al telefono perché adesso anche lui sta sempre attaccato al suo per parlare coi figli e i nipoti”. "Passata questa emergenza non dovrà tornare tutto come prima - riflette il cantante degli Arpioni -. Bisogna riflettere su cosa fare dopo. Uniti non si fa tutto, ma si fa molto. Adesso agiamo insieme per Bergamo, poi dovremo pensare in grande". 

Cosa succede in città

“Stiamo provando a mappare cosa accade a Bergamo - spiega Antonio Porretta, direttore generale del Centro servizi volontariato di Bergamo -. Abbiamo contato circa 300 episodi tra solidarietà diretta, informale, donazioni”. Nella provincia di 1,1 milioni di abitanti, nel 2011 l’Istat aveva censito 104mila volontari. “Aderiscono al Csv un centinaio di realtà, alcune delle quali sono reti di altre organizzazioni, quindi sono circa 650 gli aderenti diretti e indiretti”. D’altronde Bergamo è la città dei Mille ed è anche la città di papa Giovanni XXIII, il papa buono. “Bergamo era già una capitale del volontariato in tempo di pace”, spiegava il sindaco Giorgio Gori a Le Monde pochi giorni fa. L’origine può essere trovata in due contesti: “Da una parte è una civiltà di origine contadina, con pratiche mutualistiche all’interno, e poi c’è la forte presenza cattolica e l’educazione nelle parrocchie”, spiega Porretta. “Molto dipende dall’aspetto religioso - spiega don Roberto Trussardi, direttore della Caritas bergamasca -, ma c’è anche molta umanità, come molti altri popoli. I bergamaschi sono gente silenziosa, che non parla molto, ma sa dare tanto”.

Qualcuno costretto a fermarsi

Il virus sta uccidendo i volontari 'storici'. Ogni paese può piangere il suo. Tutti i giorni ci sono degli articoli sull’Eco di Bergamo Antonio Porretta - Direttore Csv Bergamo

In questa fase, però, alcuni enti hanno dovuto fermarsi. “Il volontariato organizzato è parzialmente in panchina. Sono attivi le Croce verdi e rosse, le Auser e i servizi che trasportano i malati o fanno consegna di cibo e farmaci. Alcune attività si sono fermate perché comportano socialità, relazioni”, prosegue Porretta. E quindi potenziali contagi. “La normativa non riconosce il volontariato come attività essenziale, a meno che non faccia la consegna pasti, ad esempio. Nelle attività che proseguono i volontari si fermano alla porta: questo non consente di fare un servizio di vigilanza e spersonalizza la relazione”. Questa condizione non riguarda soltanto le organizzazione strutturate, ma anche quelle più spontanee, come le Brigate di solidarietà attiva (Bsa), gruppo di volontari che in passato è intervenuto nelle zone terremotate o alluvionate. La sede è a Bergamo, dove ci sono molti “briganti”, ma in questa emergenza hanno deciso di fermarsi e fornire un servizio diverso: “Questa è un’emergenza inedita e diffusa e per prima cosa dovevamo ridurre i rischi di contagi - spiega Giuseppe Locatelli -. Con lo studio legale AlterEgo abbiamo approfondito i decreti e i diritti dei lavoratori fornendo informazioni per tutelare questi ultimi”. E in questa provincia, dove molte aziende hanno proseguito le attività nonostante l’emergenza, è cosa non da poco.  

Le Bsa sono attive nelle zone del Centro Italia colpite dal sisma dove all'emergenza abitativa e sociale, ora, si aggiunge anche quella da coronavirus

Anche la Caritas ha dovuto adeguare il suo impegno verso i senzatetto: “Abbiamo trasformato il dormitorio del Galgario, un centro notturno con 65 posti, in un centro diurno e notturno. Abbiamo aperto un altro dormitorio di 25 posti e uno da sei. Ne abbiamo un altro di 14. Poi c’è quello per le donne, con otto posti. In totale 120 persone. Ci lavorano gli operatori e nel fine settimana ci sono giovani sacerdoti che, dovendo chiudere parrocchie e oratori, lasciano ai primi il tempo di riposarsi”. Per quanto riguarda le mense “consegniamo il pasto e mangiano a distanza”. Per le docce e la consegna dei vestiti gli ingressi sono scaglionati. Nella provincia alcuni centri parrocchiali della Caritas hanno fermato le attività dei volontari: “Ci sono due telefoni che ricevono le chiamate dei paesi della Bergamasca e facciamo le consegne coi preti e con alcuni giovani delle parrocchie”. I volontari anziani sono fermi: “Abbiamo pensato che la cosa migliore fosse dirgli: state a casa anche voi”, dice don Trussardi. “Il virus ha ucciso alcuni volontari 'storici'-  fa notare Porretta -. Ogni paese può piangere il suo. Ogni giorno ci sono articoli sull’Eco di Bergamo”. Il mondo del sociale ha visto scomparire una persona molto importante per colpa del virus, don Fausto Resmini, 68 anni non ancora compiuti, una vita passata vicino agli ultimi: minori “difficili”, senza tetto, detenuti e vittime della tratta. Le sue iniziative, però, continuano, come il Servizio Esodo, del Patronato San Vincenzo, per distribuire i pasti nella zona della stazione.

Gli ultras, gli alpini e gli altri

Lo staff di Emergency nell'ospedale allestito alla fiera di Bergamo (Foto Sergio Agazzi per Emergency)
Lo staff di Emergency nell'ospedale allestito alla fiera di Bergamo (Foto Sergio Agazzi per Emergency)

Molti si mettono a disposizione. Un tabaccaio dona le mascherine per aiutare la città che lo ha accolto. I titolari e i dipendenti di una concessionaria si sono messi a disposizione per la consegna di pasti del progetto "Ol disnà" ("Il pranzo") coi mezzi a disposizione. Lo chef Chicco Cerea del ristorante “Da Vittorio” (tre stelle Michelin) e i suoi collaboratori si sono offerti per cucinare per medici, infermieri e pazienti all’ospedale allestito nella Fiera di Bergamo. Ad allestire la struttura, dove lavoreranno alcuni medici russi, personale dell’ospedale papa Giovanni XXIII e lo staff di Emergency, che ha raccolto alcuni igienisti volontari, sono stati gli artigiani di Confartigiano, gli Alpini e anche alcuni ultras dell’Atalanta, chiamati a fare gli imbianchini dalle penne nere. I tifosi della Curva Nord in passato hanno portato la loro solidarietà attiva all’Aquila o ad Amatrice dopo i terremoti e adesso anche nella loro città. Subito hanno devoluto 40mila euro, il rimborso della mancata trasferta a Valencia per la partita di Champions League, all’ospedale cittadino. Con la loro rete in Italia e all’estero, hanno raccolto altri aiuti.

Il bene fatto ritorna

Così sono arrivati aiuti dagli amici lontani. I tifosi della “Dea” a Innsbruck hanno attivato i loro contatti e raccolto 50mila euro per l’ospedale di Seriate, altri aiuti sono arrivati dai tifosi atalantini a Vienna e dagli ultras del La Spezia per l’ospedale di Romano di Lombardia. Il settore giovanile della Rugby Experience de L’Aquila ha devoluto all’ospedale i soldi destinati alla partecipazione a un torneo a Milano annullato per l’emergenza e il presidente della Ternana Calcio, i cui tifosi sono gemellati con quelli nerazzurri, ha donato altri 50mila euro per l’ospedale Papa Giovanni XXIII. Ma non finisce qui. “Abbiamo ricevuto contributi e donazioni da tutta Italia - racconta “Kino” -. Dalla Banda Bassotti, l’Atletico San Lorenzo di Roma, la Palestra popolare di Terni”. L’elenco di donazioni per la popolazione bergamasca aumenta giorno dopo giorno. A questi gesti, poi si aggiungono le lettere arrivate al Comune da Kakanj (Bosnia) e Peja (Kosovo), città aiutate da Bergamo e dai bergamaschi durante le guerre nei Balcani.

lavialibera ha deciso di trattare l'emergenza coronavirus raccontando le situazioni di marginalità, ma anche quelle di impegno. Puoi leggere tutti i nostri articoli qui

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