A Ponticelli, quartiere di Napoli, il presidio di Libera consegna cibo alle famiglie bisognose  (Facebook)
A Ponticelli, quartiere di Napoli, il presidio di Libera consegna cibo alle famiglie bisognose  (Facebook)

Welfare criminale, la mafia batte dove lo Stato duole

La criminalità approfitta della pandemia per sostituirsi all'assistenza pubblica. Dai territori, l'allarme di Libera e delle altre associazioni preoccupate per la crescita di consenso ai clan e dall'usura. La soluzione: la presenza e gli aiuti sociali, ma non solo

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

13 aprile 2020

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Il fratello del boss fa la spesa agli abitanti del quartiere Zen di Palermo che non possono permettersela. A Napoli c’è allerta: gli uomini dei clan consegnerebbero cibi ai più bisognosi. Un furgone proveniente dall’Est, guidato da calabresi vicini alla ‘ndrangheta, trasportava 500mila euro in contanti. Ma non solo: “Abbiamo segnalazioni anche dalla Lombardia. Ci sono stati alcuni personaggi che si sono messi a portare pacchi”, spiega Enza Rando, vicepresidente di Libera, rilanciando l’allarme sul sistema di assistenza alternativo creato da alcune organizzazioni criminali durante l’emergenza Covid-19. "Non chiamiamolo welfare - dice -. Non crea benessere". Un aiuto non disinteressato: da una parte le mafie si assicurano il consenso e la fedeltà di alcuni cittadini a discapito dello Stato, dall’altra le legano a sé per poi stritolarle, magari concedendo prestiti a tassi usurai. “A Linea Libera, il numero di telefono di Libera per ricevere denunce, sono arrivate alcune segnalazioni di imprenditori in difficoltà a cui sarebbero arrivate offerte di aiuto dubbie”, continua Rando.

L'economia sommersa si ferma. La mafia si attiva

Il consenso sociale è una parte del loro piano di espansioneFederico Cafiero De Raho - Procuratore nazionale antimafia

A mettere in guardia da queste prospettive erano stati, tra gli altri, il magistrato Raffaele Cantone e il ministro per il Sud e la Coesione Sociale, Giuseppe Provenzano: la crisi sanitaria e le restrizioni avrebbero fermato tutti quei lavoratori dell’economia non osservata (cioè quella che sfugge alle rilevazioni fiscali, previdenziali e statistiche) che, non potendo ottenere sussidi statali, avrebbero potuto ampliare il serbatoio dei gruppi criminali. Nei giorni successivi la cronaca ha fornito alcuni spunti e l’attenzione sul fenomeno è aumentata. “Il consenso sociale è una parte del loro piano di espansione”, ha detto il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho in un’intervista a La Repubblica. “Famiglie e lavoratori già in questa fase vengono circuiti nelle regioni del Sud con l’offerta generosa di buste della spesa e generi di prima necessità”, spiegava il capo della Polizia, Franco Gabrielli all’Interpol. Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, sabato ha dato direttive ai prefetti per monitorare le attività criminali, mentre la Banca d'Italia ha richiesto a banche e intermediari finanziari di "continuare a sottoporre la clientela a tutti gli obblighi previsti dalla disciplina in materia di antiriciclaggio".

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Qui Palermo. I mafiosi regalano la spesa, ma anche le associazioni

Palermo, il murales di Falcone e Borsellino
Palermo, il murales di Falcone e Borsellino

Prima gli annunci di assalti ai supermercati e i clienti che escono con carrelli pieni e senza pagare. Poi la notizia, pubblicata da Salvo Palazzolo su La Repubblica, sul quartiere Zen, dove Giuseppe Cusimano, pregiudicato e fratello di Nicolò (condannato per traffico di droga), regala la spesa alle famiglie bisognose. Nel capoluogo siciliano l’emergenza sanitaria sta aggravando le condizioni di povertà e la criminalità ne approfitta. “Questa situazione sta evidenziando la povertà di Palermo e anche di tutta la Sicilia - racconta Lillo Gangi, referente di Libera nel capoluogo isolano -. C’è molto lavoro in nero, molti giornalieri non possono uscire a lavorare e non hanno di che fare la spesa”. Non solo nel capoluogo, ma anche nel resto dell’isola: “In alcuni paesi dell’entroterra l’economia si basa molto sul lavoro sommerso e le persone non possono accedere a forme di aiuto dallo Stato”.

Per questo dopo la metà di marzo sono sorti i primi problemi: “Ci sono state delle prime minacce di assalti ai supermercati e si è capito che dietro c’erano pregiudicati e criminalità. Il dato reale, però, arriva dai quartieri”. Dallo Zen, quartiere di periferia il cui nome vuol dire Zone di espansione nord, si può arrivare a Ballarò, borgata del centro storico molto popolare. “Al Cep (altro quartiere in periferia, ndr) e a Ballarò, stiamo notando che in questo momento la mafia c’è - prosegue Gangi -. In punta di piedi loro stanno dando degli aiuti. Siccome hanno liquidità, si permettono di fare la spesa alle persone. È un voler sostituirsi allo Stato e serve a riprendere quel consenso scemato negli ultimi anni”.

C’è però anche un aspetto positivo: “Ci sono molte associazioni attive. A Ballarò, ad esempio, Caritas e Moltivolti sono impegnate nella distribuzione dei pasti oppure aiutano le persone a riempire i moduli per richiedere i buoni spesa erogati dal Comune”. È un modo per reagire: “La soluzione è esserci, esserci noi come associazioni e come Stato”, conclude Gangi.

Qui Napoli. Lo spaccio si ferma. Rischio usura

Il 30 marzo il Mattino ha diffuso una notizia: “Pasta e prestiti. Il virus-welfare dei clan a Napoli”. Segnalava le nuove strategie della camorra: “Hanno congelato i prestiti a usura, hanno rinviato ogni scadenza, sanno che la partita decisiva si gioca in questi giorni”. E ancora: “C’è chi ha fatto arrivare pasta, zucchero e caffè nelle case dei più bisognosi, c’è chi fa arrivare la busta della spesa a casa di chi non ce la fa più”.

Fabio Giuliani è il referente regionale di Libera in Campania: “Al momento, non potendo muoverci molto, non abbiamo conferme dirette - premette -, ma abbiamo un dato: dai Serd delle Asl emerge una maggiore richiesta di metadone”. I tossicodipendenti, non potendo rifornirsi di eroina, chiedono soluzioni ai servizi sanitari: “Il lockdown ha colpito la criminalità perché i controlli fermano lo spaccio”. Potrebbe non essere l’unica attività criminale in pausa: “In questo momento noi e gli amici della Federazione antiracket abbiamo la sensazione che anche il pizzo sia più difficile da riscuotere, ma siamo molto preoccupati dall’usura”. In prospettiva, sarà un grave problema: “Bisogna prendere in considerazione il grido di allarme della Confederazione nazionale artigiani (Cna) sulla liquidità: va bene il credito di imposta, che permette di scalare le tasse da pagare, ma servono soldi liquidi. Il problema dell’usura non riguarda soltanto le famiglie povere, ma anche imprenditori”, aggiunge Giuliani. Qui l’usura è una attività legata a certe famiglie contigue alla camorra, come la famiglia Potenza, legata al clan Lo Russo: “Alcune famiglie storiche sono più dedite di altre. Molte famiglie cominciano con un tipo di reato e poi si estendono. Però è meno diffusa dalle forme di ‘gangsterismo urbano’ dei più giovani”, Cioè quelli della cosiddetta “paranza dei bambini”.

La violenza dei clan non si ferma con la pandemia. L'auto di Fabio Giuliani, il referente di Libera Campania, è stata colpita da proiettili nel quartiere Ponticelli

In Puglia, tra la violenza e l'assistenza

Don Angelo Cassano
Don Angelo Cassano
Alla parrocchia si rivolgono anche alcune famiglie affini a certe realtà, vicine alla manovalanzaDon Angelo Cassano - Referente Libera Bari

Occhi aperti su Foggia, dove la violenza mafiosa non si ferma neanche per le restrizioni sanitarie. Di strategie precise da attuare in questa fase, approfittando della crisi sanitaria, sociale ed economica, ancora non ci sono segnali: “Qui la mafia è molto sotterranea, non si racconta come quella siciliana o che ama farsi vedere - dice Daniela Marcone, vicepresidente di Libera e referente per l’area della Capitanata -. Le mafie foggiane sono chiuse, salvo poi mettere le bombe per fare terrore, estorcere e lanciarsi messaggi”.

Più giù, a Bari, il referente è don Angelo Cassano, parroco della parrocchia di San Sabino, un osservatorio particolare: “Da noi, più che un’emergenza sanitaria, sta diventando un’emergenza sociale. In passato qui la gente si è venduta il voto per le spese”, spiega. Le restrizioni sanitarie hanno fermato molte attività e i lavoratori in nero non hanno sostegni: “Si sono affacciati a noi persone che lavorano in nero o alla giornata nei campi, ma anche in ristoranti e alberghi. È gente con molta dignità che ci chiede un aiuto o una spesa perché non hanno diritto al bonus”. L’impegno della parrocchia è intenso:  “Da un mese stiamo sostenendo circa cinquanta famiglie bisognose - continua -. Ci sono molte persone che ci portano viveri o piatti da distribuire”. C’è poi un’altra forma di assistenza: “Alcuni volontari aiutano chi non sa compilare il modulo del Comune per ottenere il bonus”. In questo modo la criminalità potrebbe avere problemi a proporsi come alternativa: “Dove ci sono dei presìdi del Comune o della Caritas, dove c’è una presenza del territorio, è più difficile che la gente cada in quei meccanismi. Se c’è il vuoto, allora le mafie si inseriscono”. Anzi, potrebbe anche succedere il contrario: “Alla parrocchia si rivolgono anche alcune famiglie affini a certe realtà, vicine alla manovalanza”. Le porte sono aperte.

Anche qui, però, a preoccupare di più sono gli strozzini: “La paura è l’usura, che da noi è forte. Negozianti e imprese già in difficoltà ci cadranno, il rischio è alto, ma se l’assistenza della chiesa e dei comuni regge, allora si può tamponare. Bisogna attivarsi per i piccoli e medi commercianti”.

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