Il termine lobby deriva dal latino lobium (“portico” o “loggia”) e viene associato alla politica dal 1640 circa in Gran Bretagna, per indicare la stanza d'ingresso della Camera dei comuni, aperta al pubblico, dove i parlamentari possono conversare con le persone che rappresentavano interessi particolari, privati. Negli Stati Uniti, dal 1832, la parola lobby viene usata anche come verbo per indicare l’attività di persuasione sui politici locali.
Spesso il termine viene utilizzato con un’accezione negativa sia perché l’attività di lobbying sembra piegare l’interesse generale a quello privato, sia per la scarsa trasparenza di alcune istituzioni. Talvolta sembra rimandare a gruppi occulti e misteriosi che tramano nell’ombra. Tuttavia, invece, l’azione delle lobby può fornire elementi importanti all’interno di un processo decisionale.
In generale, l’opera dei lobbisti è fatta di:
Incontri con politici e funzionari pubblici, sia con riunioni private, sia in eventi pubblici, per presentare le loro posizioni su questioni specifiche e persuaderli a prendere decisioni vantaggiose;
Campagne di sensibilizzazione per informare il pubblico e generare sostegno alle loro posizioni.
Finanziamento di campagne elettorali;
Ricerca e analisi per informare i decisori pubblici e dare vigore alle proprie posizioni.
Nel mondo anglosassone l’attività di lobbying è ritenuta uno strumento efficace per aumentare l’efficacia delle politiche pubbliche, garantire un’ampia partecipazione della società civile ai processi decisionali e ridurre i rischi di corruzione. Negli Stati Uniti il lobbying è un’attività molto diffusa e professionalizzata, con gruppi di pressione che investono ingenti risorse per promuovere le proprie “agende” di interessi. Ad esempio, negli States sono molto attive la lobby delle armi da fuoco (la National Rifle Association) che si oppone a qualsiasi restrizione sul possesso, quella dell’industria petrolifera e dell’industria farmaceutica (“Big pharma”).
In Europa, il fenomeno ha assunto maggiore rilevanza negli ultimi decenni, con l’aumento della complessità delle politiche pubbliche e l’internazionalizzazione delle questioni economiche. Le lobby sono particolarmente attive al livello dell’Unione europea, dove vengono prese le decisioni che gli Stati membri devono poi adottare. Gli ambiti di maggior interesse sono quelli legati all’industria chimica, energetica, agroalimentare e alla tutela dei consumatori. Per una maggiore trasparenza, il Parlamento europeo ha istituito un registro dei lobbisti che consente di monitorare l’attività delle lobby e la loro influenza sulle decisioni dei singoli eletti, ma la sua efficacia è ancora oggetto di dibattito.
Moltissimi Stati hanno adottato norme per regolarne l’attività, con registri ufficiali, codici di condotta e agende trasparenti. In Germania, il Bundestag è stato il primo parlamento in Europa a prevedere, nel 1972, disposizioni specifiche. In Finlandia e Svezia le lobbies sono ritenute il miglior modo per raccogliere le opinioni della società civile.
In Italia, da anni si cerca di regolamentare il funzionamento delle lobby. Tuttavia, gli ultimi tentativi non sono mai andati in porto e questo favorisce comportamenti opachi. Soltanto la Camera dei deputati e pochi ministeri hanno istituito un registro degli incontri tra eletti e portatori di interesse, mentre il Senato e la maggior parte dei dicasteri ancora no. Questo provoca il timore che le lobby (spesso organizzazioni come Confindustria oppure associazioni di categoria come quelle dei balneari e dei tassisti) possano avere un’influenza eccessiva sulle decisioni politiche senza adeguata trasparenza e controllo.
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