Un toret, la tipica fontanella pubblica di Torino, in piazza Castello (Foto di Francesco Marino da Flickr, CC BY-NC-SA 2.0)
Un toret, la tipica fontanella pubblica di Torino, in piazza Castello (Foto di Francesco Marino da Flickr, CC BY-NC-SA 2.0)

Ci sono pfas nelle acque potabili di tutta Italia, denuncia Greenpeace

Per l'indagine "Acque senza veleni", Greenpeace Italia ha raccolto 260 campioni di acqua potabile in 235 città. Nella metà dei casi c'è pfoa, una sostanza cancerogena. Molto diffuso anche l'acido trifluoroacetico (Tfa). Nonostante i gravi casi di inquinamento a Vicenza e Alessandria, i controlli sui pfas negli acquedotti sono assenti: "Il governo è assolutamente assente sul tema", afferma Giuseppe Ungherese

Redazione <br> lavialibera

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22 gennaio 2025

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In quattro campioni di acqua potabile su cinque, raccolti in 235 città italiane, quasi tutti prelevati in fontanelle pubbliche, ci sono tracce di pfas, sostanze chimiche tossiche e cancerogene presenti in molti oggetti di uso quotidiano. Il dato emerge dall’indagine “Acque senza veleni” condotta da Greenpeace Italia tra settembre e ottobre, i cui risultati sono stati presentati oggi alla sede della Stampa Estera a Roma. “Il nostro governo è assolutamente assente sul tema”, ha dichiarato Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna della ong contro l’inquinamento.

I risultati dell'indagine "Acque senza veleni"

Roma, 22 gennaio 2024. Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace
Roma, 22 gennaio 2024. Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace

Nel 47 per cento dei campioni sono state trovate molecole di Pfoa, ritenuta dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) come sostanza certamente cancerogena per l’uomo: “Possiamo dire che la metà degli italiani hanno ricevuto acqua contaminata”, ha sintetizzato Ungherese. Il Pfos, ritenuto un possibile cancerogeno, è presente nel 22 per cento dei campioni. “Oltre agli inquinanti più noti di questa famiglia, ci siamo focalizzati sulle molecole su cui ci sono forti preoccupazioni da parte della comunità scientifica e dei legislatori europei. Sono molecole a catena ultracorta, molto piccole”, ha spiegato. Ad esempio, la molecola dell'acido trifluoroacetico (Tfa) è stata trovata in due campioni su cinque: “Tfa o Pfos sono state vietate dalla convenzione di Stoccolma, ma ancora oggi le troviamo nell’ambiente perché non si degradano una volta disperse in natura, tant’è che si sono guadagnati l’appellazione di inquinanti eterni”.

L’analisi dei 260 campioni dimostra una diffusa presenza di questi composti pericolosi, con almeno tre campioni positivi per ogni Regione, eccezion fatta per la Valle d’Aosta in cui sono stati prelevati solo due campioni. “Non esiste regione non intaccata da questa contaminazione”, ha proseguito Ungherese. Livelli elevati si registrano in Lombardia (ad esempio in quasi tutti i campioni prelevati a Milano) e in numerosi comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’Alessandrino, ma anche Bussoleno in Valle di Susa), del Veneto (anche in comuni fuori dall’area rossa già nota per essere tra le più contaminate d’Europa, come Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), dell’Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), della Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), della Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), della Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e Perugia in Umbria.

Le concentrazioni più elevate sono state rilevate ad Arezzo, in due punti di Milano (via Padova e via delle Forze armate), ma anche Perugia.

Nonostante l’Italia ospiti alcuni dei più gravi casi di contaminazione dell’intero continente europeo, come dimostrano le vicende della Miteni di Trissino (Vicenza) e della Solvay a Spinetta Marengo (Alessandria), a oggi i controlli sui pfas nelle acque potabili sono per lo più assenti o limitati a poche aree geografiche.

I limiti sanciti dalla direttiva europea

L’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) ha dichiarato che i limiti in via di adozione rischiano di essere inadeguati a proteggere la salute umana

A partire dall’inizio del 2026, entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che impone dei limiti normativi. “La legge che entrerà in vigore in Europa pone un limite di 100 nanogrammi per litro per la somma di 24 molecole. La legge è stata approvata nel 2020, ma col quadro di conoscenze scientifiche attuali questa legge risulta ampiamente superata”, ha chiarito Ungherese.

I parametri di legge fissati a livello comunitario sono però stati superati dalle più recenti evidenze scientifiche (ad esempio quelle diffuse dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare, l'Efsa) tant’è che recentemente l’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) ha dichiarato che i limiti in via di adozione rischiano di essere inadeguati a proteggere la salute umana. “Numerose nazioni hanno scelto di adottare parametri più severi nel recepimento della normativa europea. Non è il caso dell’Italia”, ha aggiunto il rappresentante di Greenpeace.

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La presenza di Tfa

Nell’ambito delle sue analisi indipendenti, Greenpeace Italia ha inoltre verificato la presenza nelle acque potabili italiane dell'acido trifluoroacetico, la molecola del gruppo dei pfas più diffusa sul pianeta, per cui nel nostro Paese non esistono dati pubblici. Il Tfa è una sostanza persistente e indistruttibile ancora oggetto di approfondimenti scientifici che, per le sue stesse caratteristiche, non può essere rimossa mediante i più comuni trattamenti di potabilizzazione.

Il comune di Castellazzo Bormida (Al) ha mostrato i valori più elevati (539,4 nanogrammi per litro), seguito da Ferrara (375,5 nanogrammi per litro) e Novara (372,6 nanogrammi per litro). Concentrazioni molto alte si registrano anche ad Alghero (Ss), Cuneo, Sassari, Torino, Cagliari, Casale Monferrato (Al) e Nuoro. La Sardegna (77% dei campioni positivi), il Trentino Alto Adige (75% dei campioni positivi) e il Piemonte (69% dei campioni positivi) sono le regioni in cui la contaminazione da Tfa è risultata essere più diffusa.

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Politica ferma sull'inquinamento da pfas

"Al di là di quello che dicono lobbisti e scienziati a libro paga delle industrie, oggi nella gran parte delle produzioni industriali esistono alternative più sicure"Giuseppe Ungherese - Responsabile campagna Inquinamento, Greenpeace Italia

La presentazione del rapporto è stata per Greenpeace Italia anche l'occasione per denunciare l'inattività della politica: “È inaccettabile che, nonostante prove schiaccianti sui gravi danni alla salute causati dai pfas, alcuni dei quali riconosciuti come cancerogeni, e la contaminazione diffusa delle acque potabili italiane, il nostro governo continui a ignorare questa emergenza, fallendo nel proteggere adeguatamente la salute pubblica e l’ambiente – ha affermato Ungherese –. Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei pfas. Azzerare questa contaminazione è un imperativo non più rinviabile. Il governo Meloni deve rompere il silenzio su questa crisi: la popolazione ha diritto a bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti”.

Da tempo Greenpeace Italia ha lanciato una petizione che chiede al nostro governo di mettere al bando l’uso e la produzione di tutti i pfas, sostituendoli con alternative più sicure e già disponibili nella quasi totalità dei settori industriali. "Bisogna anche mettere in sicurezza le acque potabili in tutti quei comuni dove emergono delle criticità. Inoltre si deve guidare il nostro comparto industriale nella transizione verso produzione che non preveda l’uso di queste sostanze. Al di là di quello che dicono lobbisti e scienziati a libro paga delle industrie, oggi nella gran parte delle produzioni industriali esistono alternative più sicure”. La petizione, sottoscritta da oltre 136 mila persone, non ha trovato ancora alcun riscontro nell’azione legislativa: l’esecutivo italiano e i ministri competenti continuano a non intervenire sacrificando milioni di persone alla contaminazione da pfas.

“Le lobby sono fortissime – rilancia Ungherese commentando i risultati dell’inchiesta europea Forever Lobbying Project, a cui lavialibera ha preso parte –. Recentemente abbiamo visto questa cosa anche in Italia. Pensiamo al dossier Draghi sul futuro dell’economia in Europa. In quel corposo dossier compare un lungo pezzo dedicato alla necessità di preservare la produzione di queste molecole. Assistiamo quotidianamente ai tentativi di influenzare le decisioni con le tecniche usate in passato dalle lobby del tabacco e dell’energia fossile”.

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