21 settembre 2022
Più di seimila richieste di asilo nel 2021, quasi dieci volte quelle fatte nel 2020. Dopo la presa del potere da parte dei talebani a Kabul, il numero di profughi afghani è tornato a crescere a ritmo sostenuto. Ad oggi, secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, costituiscono una delle più grandi popolazioni di rifugiati al mondo, la terza dopo quelle siriana e venezuelana: sono 2,7 milioni, cui si aggiungono i 3,5 milioni di sfollati interni. Dall’agosto 2021, alcuni di loro sono arrivati anche in Italia. Mustafa Ahmadi, 30 anni, lavora come mediatore per la Diaconia valdese di Torino che si occupa dell’accoglienza dei suoi connazionali in Piemonte.
Dietro l'esodo iracheno la paura di un nuovo Afghanistan
A un anno dalla caduta di Kabul, arrivano ancora molti afghani in Italia?
Sì, anche se con numeri inferiori ai mesi successivi alla presa del potere da parte dei talebani. Arrivano soprattutto dal Pakistan e dall’Iran, attraverso i corridoi umanitari, perlopiù in modo autonomo. In questo periodo è impossibile passare per le vie irregolari, anche perché la Turchia blocca i migranti e molti temono di essere rimandati in Afghanistan.
Com’è stata l’accoglienza delle istituzioni?
L’Università di Torino ha aperto un canale ad hoc accogliendo alcuni docenti – e le loro famiglie – attraverso un contratto di lavoro e ha organizzato dei corsi di italiano.
La Prefettura ha cercato di ridurre i tempi di attesa delle richieste di asilo politico, ma non c’è stata la stessa attenzione da parte della questura: a volte rinviano gli appuntamenti di mesi per via di una stampante rotta.
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