28 febbraio 2023
"Abbiamo paura a stare da soli la sera vicino a un bancomat, ma non siamo minimamente preoccupati da quello che succede nei consigli di amministrazione". Eccolo, il paradosso dei reati dei colletti bianchi: abusi di mercato, corruzioni, frodi, inquinamenti, violazioni delle norme di sicurezza provocano danni su larga scala, a volte anche attentando alla salute di migliaia di persone, eppure sono considerati meno pericolosi rispetto ai crimini di strada o violenti. "Anzitutto perché le vittime non sono consapevoli di subire un danno – spiega Grazia Mannozzi, professoressa di diritto penale all’Università degli studi dell’Insubria –. Chi sversa sostanze nocive nell’ambiente mantiene una condotta invisibile per chi ne subisce gli effetti, così come la violazione di norme antinfortunistiche può provocare danni distanti nel tempo e difficili da accertare".
Sta dicendo che è difficile collegare l’abuso alle sue conseguenze?
Non solo, perché nel caso dei colletti bianchi siamo di fronte a condotte che spesso non vengono scoperte, sono reati con un’elevata cifra nera.
Ci sono ostacoli all’emersione di questi reati?
Se guardo alla storia del nostro Paese devo dire di sì. Le vittime dei colletti bianchi subiscono tipicamente reati di corruzione, che rappresentano una sorta di filiera criminosa tra illeciti come il falso in bilancio, utili a monte ad accumulare fondi neri e liquidità, e le attività di riciclaggio. Gli interventi dei legislatori hanno sfavorito l’emersione di questi fatti, hanno anzi minimizzato la risposta sanzionatoria al falso in bilancio. Aggiungo che se anche le organizzazioni criminali iniziano a optare – come già fanno – per dinamiche corruttive, la loro forza d’intimidazione può limitare ulteriormente la scoperta.
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