30 giugno 2023
"Negro di m****". Mentre festeggiava un goal, preso in braccio da un compagno, Ahmed ricorda, insieme alla sua gioia, l’urlo razzista sugli spalti. "Non ci faccio più caso, è successo, succede. Non è giusto, ma faccio finta di niente", ci racconta questo 23enne originario di Grand-Bassam in Costa d’Avorio. Lo incontriamo una domenica pomeriggio di maggio su un campo da calcio a Milano, dove insieme ad alcuni giovani di Libera e della comunità Martinitt gioca nel torneo in ricordo delle vittime innocenti delle stragi del 1993. Che un calciatore nero si trovi nei grandi stadi della serie A o su un campo di provincia per un torneo dilettantistico, ovunque corre forte il rischio che venga insultato per il colore della pelle. Da qualche tempo, però, Ahmed Gnoan Kadjo gioca con la maglia del St. Ambroeus Fc, la prima squadra di richiedenti asilo e rifugiati iscritta a un campionato della Federazione italiana gioco calcio a Milano, e questa esperienza che lo fa sentire meno solo di fronte al razzismo.
“Facciamo rete con altre associazioni per aiutare a ottenere i documenti o per affrontare situazioni di crisi”
Arrivato a Pavia a 14 anni per ricongiungersi alla sua famiglia, ricorda i tempi duri dei primi anni: "Inserirmi è stato difficile. Ad aiutarmi, la scuola e lo sport; parlavo francese e qualche parola riuscivo a capirla. E sono arrivati i primi amici". Poi arriva un cambiamento importante. Dalla città di provincia si trasferisce insieme alla famiglia nella metropoli: "Dopo qualche anno ci siamo trasferiti a Milano e un amico mi ha parlato della squadra del St. Ambroeus Fc. Così ho contattato l’allenatore, il mister Davide, e ho cominciato ad allenarmi con loro".
Guida al razzismo nel calcio italiano
"Ci sono stati diversi episodi di razzismo, alcuni anche brutti e un arbitro aveva addirittura dovuto interrompere una partita. Ora sono più sottili, insultano sottovoce per innervosire i nostri giocatori"
Questo club è stato fondato nel 2018 e raccoglie l’eredità di due squadre, i Black Panthers e i Corelli Boys, nate per aggregare giovani richiedenti asilo. "La realtà è molto cambiata negli anni. Prima i giocatori provenivano soprattutto dall’Africa subsahariana. Poi abbiamo coinvolto anche persone con storie di migrazione diverse, dall’America Latina, dal Nord Africa, dall’Est Europa e dall’Italia", spiega il presidente Davide Salvadori, che ricorda gli episodi di razzismo alla prima stagione in un campionato della Figc: "Ce ne sono stati diversi, alcuni anche brutti e un arbitro aveva addirittura dovuto interrompere una partita. Ora sono più sottili, insultano sottovoce per innervosire i nostri giocatori". Oggi il team, che deve il suo nome al santo patrono di Milano, sant’Ambrogio appunto, è aperto anche agli italiani, una sorta di “accoglienza al contrario”. Inoltre il progetto sportivo non comprende solo il calcio, ma vuole dare una mano ai tanti ragazzi che, attraverso un numero sulla maglia, hanno soprattutto bisogno di sentirsi “in squadra”: "Abbiamo 'Strapatente', un corso di italiano finalizzato alla scuola-guida, e poi molte attività informali in rete con altre associazioni per aiutare a ottenere i documenti o per affrontare situazioni di crisi", aggiunge Salvadori.
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"Love tackles, hate racism", ama i contrasti e odia il razzismo, è lo slogan del St. Ambroeus
Il colore della pelle non conta quando ti senti a casa, anche se a migliaia di chilometri di distanza dalla terra natìa. Basta un pallone, un campo con le porte e un gruppo che ti faccia sentire parte di un progetto. Oggi il St. Ambroeus Fc può contare su una squadra a 11 che nell’ultima stagione ha disputato il campionato di seconda categoria della Federcalcio, terminato purtroppo con la retrocessione. C’è poi una squadra – sempre a 11 – iscritta al campionato maschile del Centro sportivo italiano (Csi, ente di promozione sportiva nato dall’Azione cattolica), una squadra femminile di calcio a sette (nata nel 2021) iscritta al torneo del Csi e infine un progetto di calcio a cinque amatoriale. In totale, sono quasi cento gli sportivi e le sportive del St. Ambroeus Fc e Ahmed, da quasi un anno, è uno di loro. "Sono un attaccante, un esterno alto, ma il mister mi mette anche a centrocampo perché mi piace correre e recuperare la palla". Si allena due volte a settimana, il mercoledì e il venerdì sera, per vivere l’opportunità, preziosa, di giocare a calcio con persone che arrivano anche da dieci paesi diversi.
Nella vita di Ahmed non c'è solo il calcio. "Ho preso il diploma di meccanica e mi piacerebbe andare all’università, magari alla facoltà di ingegneria. Ogni tanto aiuto mio padre che è parrucchiere, ma vorrei vivere di sport, mi piace come gioca Paul Pogba. Oggi mi sento bene, lo sport mi ha fatto sentire a casa e il team del St. Ambroeus in famiglia".
"Love tackles, hate racism", ama i contrasti e odia il razzismo, è lo slogan del St. Ambroeus. Sembra facile, no? Sembra. E in fondo, almeno lì, lo è.
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