30 giugno 2023
In Italia, la procura di Reggio Emilia è l’unica che ha chiesto e ottenuto l’archiviazione di un’inchiesta sulle morti provocate dall’Eternit, multinazionale del cemento-amianto: nei casi relativi alle altre città in cui la società aveva uno stabilimento, Stephan Schmidheiny, ultimo proprietario dell’azienda, è sempre stato condannato. Nel gennaio 2021, tra covid e zone rosse, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero Giulia Stignani, ha archiviato il procedimento per l’omicidio colposo di 52 persone a carico dell’imprenditore svizzero e di Luigi Giannitrapani, ex amministratore delegato dell’Eternit di Rubiera, azienda specializzata nella produzione di cemento amianto, materiale cancerogeno e per questo messo al bando in Italia nel 1992.
Le ragioni dell’archiviazione sono di natura strettamente giuridica, ma proprio in quei giorni la giustizia emiliana stava vivendo un periodo di caos, alle prese con l’addio del procuratore capo Marco Mescolini – oggetto di un procedimento disciplinare perché coinvolto nel caso Palamara – poi trasferito a Firenze per incompatibilità, motivo per cui la notizia ha avuto poco risalto. Altro elemento non favorevole perché ci fosse attenzione civica al caso è l’età dei familiari delle vittime: molti sono anziani e in pochi hanno la forza per seguire un nuovo, logorante processo. Non che l’azione penale si eserciti se sottoposta a “pressioni esterne”, ma è innegabile – il caso di Casale Monferrato lo dimostra – che la spinta delle parti civili contribuisca a evitare che questioni importanti qual è la vicenda Eternit finiscano nel dimenticatoio.
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