Dall'antirazzismo alla solidarietà. Lo sport può insegnarti il mondo

Non solo agonismo. Alcune storie sportive mettono in crisi le discriminazioni, altre esaltano valori come libertà e lo stare in comunità. "Facciamo squadra" è una rubrica aperta per raccontarle

Lucilla Andreucci

Lucilla AndreucciResponsabile settore Sport di Libera

30 gennaio 2020

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Non importa se giochi in attacco, sei in panchina, corri veloce, salti in lungo o in alto. Non conta da quale parte del campo stai: le storie dello sport escono dal perimetro di un palazzetto, stadio o velodromo. Sono storie che possono rappresentare un riscatto, una salita veloce nell’olimpo degli dei oppure una caduta nell’inferno dei compromessi. Un guanto nero in un pugno chiuso e il capo chino, come Tommie Smith e John Carlos sul podio dell’Olimpiade 1968 di Città del Messico, una protesta contro la discriminazione dei neri entrata nella storia (nella foto sopra, ndr); o i chilometri “clandestini” di Kathrine Switzer alla maratona di Boston il 19 aprile 1967, che si registrò con la sola iniziale del nome per aggirare i regolamenti che impedivano alle donne di partecipare.

Gesti di coraggio, esempi così potenti da cambiare le regole del gioco, da mettere in crisi razzismi e discriminazioni. Capita quando, insieme al corpo, entra in azione anche la volontà di andare oltre. Oltre le scorrettezze dei soliti furbi, le umiliazioni dei buuuu e del tifo che offende, oltre (e contro) chi si fa fregare dal doping. Lo sport afferma che siamo persone con uguali diritti. Uno sopra ogni altro: il diritto di sentirsi tutti sulla stessa linea partenza. Senza distinzioni: vale per il colore della pelle, il genere, l’età, la classe sociale di appartenenza. È democratico, lo sport. Non conta da dove vieni. Conta chi sei nel momento in cui scendi in un campo.

Ezio Bosso, musicista scomparso a 48 anni, a gennaio ci ricordava come la musica sia capace di valicare i confini e di come l'orchestra rappresenti "la società ideale dove tutti imparano ad ascoltare"

In questa rubrica desideriamo dare voce alla bellezza dei percorsi sportivi che regalano libertà, cittadinanza, solidarietà, comunità. Ma vogliamo anche raccontarvi come rischia di ammalarsi il piacere di tifare per la propria squadra se non lo liberiamo da chi lo offende. Informarvi di come le mafie stiano allungando anche in questa parte di mondo i loro urticanti tentacoli: dalla gestione del mercato delle sostanze dopanti a quello, molto remunerativo, delle scommesse su esiti pilotati dei risultati. Vogliamo parlare di quanto fa male doparsi. Non solo alla salute di chi bara, ma anche all’anima dello sport, fondata sul principio del giocare insieme e del competere lealmente.

Da sinistra, l'australiano Peter Norman, lo statunitense Tommie Smith e il connazionale John Carlos sul podio di Città del Messico nel 1968 (Lapresse)
Da sinistra, l'australiano Peter Norman, lo statunitense Tommie Smith e il connazionale John Carlos sul podio di Città del Messico nel 1968 (Lapresse)

Vogliamo tornare a innamorarci di valori e di piaceri che si imparano già da bambini. E che potrebbero restare patrimonio di ognuno se questo Paese scegliesse di sostenere, investire, credere che in quel campetto in cui si sgambetta da piccoli o in quel canestro da centrare, in quelle rotelle tolte finalmente dalla bicicletta per la prima pedalata da “grandi”, in tutti quei momenti c’è un tesoro che sarebbe un peccato civile non sfruttare. Per comunicare in una lingua familiare a chiunque, per imparare che cosa significhi sentirsi parte di una squadra, che è il miglior antidoto contro il bullismo, contro la solitudine che sta diventando un male endemico anche tra i giovani, contro la cattiva cura del proprio corpo.

Non è un caso se proprio attraverso lo sport Libera affronta percorsi di rieducazione con minori che hanno commesso reati. Il terreno d’incontro più immediato è il giocare insieme, che sia calcetto o pallavolo o una staffetta. Questa sarà una rubrica aperta, nella quale cercheremo di raccontare il bello e il brutto dello sport. Siete invitati a contribuire a questa nuova avventura, con le vostre esperienze dirette, testimonianze dai territori, denunce di oltraggio allo sport o proposte di buoni esempi da seguire. La nostra partita comincia ora. Giochiamola insieme.

Da lavialibera n° 1 gennaio/febbraio 2020

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