2 agosto 2023
“Chiediamo alle forze politiche di mobilitarsi in ogni modo, dentro e fuori il Parlamento, perché il Governo non cancelli una misura così importante in un Paese già duramente colpito da 13 anni ininterrotti di crisi”. È l’appello lanciato dalla Rete dei numeri pari lunedì 31 luglio in difesa del reddito di cittadinanza, soppresso dal governo di Giorgia Meloni con la legge di bilancio 2023.
Povertà, serve un cambio di passo sulla legge di bilancio
Nei giorni scorsi, 169mila famiglie che beneficiavano del reddito di cittadinanza hanno ricevuto un SMS che informa della “sospensione” dell’erogazione. Sono coloro che il governo considera “in grado di lavorare”, e che dal primo settembre potranno accedere al nuovo (e molto meno consistente) “Supporto per la formazione e per il lavoro” (SFL): 350 euro al mese per un anno al massimo, con l’obbligo di partecipare a “progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro”.
I “nuclei non attivabili al lavoro” presi in carico dai servizi sociali continueranno a percepire il reddito di cittadinanza fino al 31 dicembre. Poi, la misura verrà sostituita dall’”Assegno di inclusione” (ADI), il cui importo mensile va dai ?187,50 euro al mese per chi vive solo ai 539,82 euro per le famiglie di 6 o più componenti. Misure irrisorie, se si considera che la soglia di povertà relativa calcolata dall’Istat per il 2021 (ultimo dato disponibile) oscilla tra i 629 euro per i singoli e i 2.517 euro per le famiglie di più di sei membri. Senza contare l’inflazione che, come sottolinea l’Istituto nel rapporto 2023 pubblicato il mese scorso, ha generato “nuove forme di povertà e nuove esigenze di servizi sociali”. Ma mentre il parlamento europeo invita gli Stati membri ad “aumentare gradualmente il sostegno al reddito minimo”, il governo italiano fa l’opposto.
L'Europa chiede un reddito minimo, il governo si muove in direzione opposta
"Il governo dimostra di non avere come priorità la lotta alle mafie, che trovano nella perdita di diritti le condizioni migliori per continuare a fare affariGiuseppe De Marzo
“A una situazione già catastrofica aggiungiamo ulteriori ingiustizie e dolore, in un paese che da 13 anni vede aumentare le disuguaglianze e milioni di cittadini perdere diritti”, denuncia Giuseppe De Marzo, coordinatore nazionale della Rete dei numeri pari e responsabile delle politiche sociali di Libera. “Non lo meritano le persone colpite, ma non lo merita tutto il paese. Non è civile un paese che lascia milioni di persone nella povertà, è disumano e cinico un governo che cancella il diritto al reddito con un SMS”.
“Con questa decisione - continua De Marzo - il governo dimostra di non avere come priorità la lotta alle mafie, che trovano nella perdita di diritti le condizioni migliori per continuare a fare affari. O c’è lo Stato a garantire lavoro, casa, salute e redditto quando non hai lavoro, o spesso si finisce in mano alle mafie”.
Il diritto al reddito è uno dei sette punti cardine dell’agenda sociale promossa dalla Rete dei numeri pari e sottoscritta da 700 realtà della società civile: “Chiediamo che il reddito di cittadinanza venga sostenuto e rafforzato - si legge tra le proposte elaborate lo scorso dicembre - rendendo la misura meno condizionata e investendo il doppio delle risorse rispetto a quanto fatto finora, con l’obiettivo di raggiungere una platea più ampia di beneficiari, abolendo discriminazioni ed esclusioni sessiste e razziste”. Tra i firmatari dell’agenda anche Moviemnto 5 Stelle, Partito Democratico, Sinistra Italiana e Unione Popolare, che con la Rete hanno istituito anche un tavolo di confronto permanente.
Una e indivisibile: società civile e partiti contro l'autonomia differenziata
“Chiediamo a queste forze politiche di impegnarsi per fermare l’ennesimo scempio ai danni della Costituzione”, continua De Marzo, che lancia un appello anche al governo Meloni: “Ascolti i cittadini e faccia un passo indietro. Altrimenti, speriamo che sia la mobilitazione della cittadinanza a costringerlo”. Proprio la Costituzione sarà al centro della manifestazione unitaria del 7 ottobre a Roma: “Ne chiederemo la piena applicazione: sì al diritto al reddito, no alla guerra, no all’autonomia differenziata”.
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