
Guerra in Congo, l'interesse del Ruanda per il coltan e gli accordi con l'Ue

12 settembre 2023
Vittime e solitudine sono sinonimi. Se la vittima muore gli altri rimangono soli, privati della sua presenza. Se invece sopravvive, perde delle parti di sé, può diventare sola a se stessa, non riconoscersi. L’offesa, in particolare quella criminale, è sempre disconoscimento dell’altro e il primo effetto nella persona colpita è proprio la ricerca di essere ri-conosciuta.
È esperienza frequente per le vittime, purtroppo, quella di non suscitare accoglienza, vicinanza e solidarietà: di essere lasciate sole
È esperienza frequente per le vittime, purtroppo, quella di non suscitare accoglienza, vicinanza e solidarietà: di essere lasciate sole proprio da chi dovrebbe proteggerle. Abbiamo un’innata tendenza a cercare nella stessa vittima le ragioni, se non la causa, della loro stessa disgrazia, quasi a dover accertare una sorta di meritevolezza dell’offesa subita. Persino gli ebrei, tra i loro tentativi di comprendere il significato ultimo dell’immane tragedia che fu la Shoah, arrivarono ad accusarsi per la loro infedeltà verso Dio. A volte si è vittime proprio perché si è lasciati soli come sanno i morti eccellenti, i servitori dello Stato, raggiunti dalla criminalità organizzata. Anche i mafiosi, a loro volta, cadono proprio quando vengono meno le cautele con cui si proteggono.
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