Caivano, il murales ritrae due bambine e dà il benvenuto al Parco Verde, dove due cuginette sarebbero state violentate da alcuni ragazzi (Ciro Fusco/Ansa)
Caivano, il murales ritrae due bambine e dà il benvenuto al Parco Verde, dove due cuginette sarebbero state violentate da alcuni ragazzi (Ciro Fusco/Ansa)

Al Parco verde di Caivano lo Stato fallisce e la società è debole

Oltre gli appelli, le marce, le denunce e le visite, manca a Caivano una storia di impegni concreti. Così le persone continuano a vivere tra rifiuti e violenza

Toni Mira

Toni MiraGiornalista e componente del comitato scientifico de lavialibera

1 settembre 2023

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Nelle parole della presidente del Consiglio Giorgia Meloni al “Parco verde” di Caivano è ritornata più volte la parola “bonifica”. Una strana e un po’ perfida coincidenza. Lei parlava di bonifica criminale e sociale, ma la parola evoca immediatamente i rifiuti. Ed ecco la coincidenza da cui vorrei partire. Caivano finisce per la prima volta sui giornali nazionali, diventa un “caso”  11 anni fa, per un altro dramma, proprio quello dei rifiuti. A lanciare l’allarme è l’allora sconosciuto parroco di “Parco verde”, don Maurizio Patriciello.

Il 5 luglio 2011 sulle pagine di “Avvenire” scrive raccogliendo la voce del “popolo inquinato”: “Ormai non hanno più paura di niente e di nessuno. L’incredibile misfatto avviene in pieno giorno, sotto gli occhi di tutti”. È l’accusa contro chi scarica rifiuti e poi li incendia. È la comparsa mediatica della “Terra dei fuochi” (termine coniato nel 2003 da Legambiente, ma all’inizio con poco successo mediatico). Ma don Maurizio va oltre e lancia un appello (“Chi ne ha la responsabilità si faccia avanti”) a non restare in silenzio e con le mani in mano. Per decenni sui traffici delle “ecomafie” aveva regnato il silenzio, l’omertà, in parte subita e in parte interessata. Tanti guadagni, grandi e miseri. Ma soprattutto tanti danni. Tanti morti. Tanti tumori infantili.

Cosa sono le ecomafie?

Il parco verde di Caivano sotto i riflettori

Ma da Caivano, proprio dal “Parco verde” parte una nuova storia che, vedremo, poi si perde. Il 19 novembre 2012, a sfilare dietro una croce per le vie de paese, partendo proprio dai palazzoni delle case popolari, sono in più di 20mila. Altro che i 200 della marcia organizzata sempre da don Maurizio dopo il dramma delle bambine violentate. Niente simboli politici o di associazioni. Solo cittadini, famiglie, donne, bambini. E gigantografie dei bambini morti. Un corteo dolente, sotto una fitta pioggia, al quale si unisce anche il vescovo di Aversa, monsignor Angelo Spinillo.

Il 19 novembre 2012, a sfilare dietro una croce per le vie de paese, partendo proprio dai palazzoni delle case popolari, sono in più di 20mila

Non era mai successo. Ed è notizia. A scendere in piazza sono gli “straccioni”, che non chiedono legalità, ma giustizia. Non vanno sotto i “palazzi” a protestare, ma pretendono che i “palazzi” vengano a vedere. E accade. Già, perché la visita della Meloni accompagnata da tre ministri, un sottosegretario e il capo della polizia, non è la prima visita istituzionale al “Parco verde”. Dopo l’appello del parroco nel 2012, dopo la marcia, dopo le notizie drammatiche che finalmente escono sui giornali, è una sfilata di ministri, di prossimi premier (Renzi), di commissioni del Parlamento italiano e dell’Europarlamento.

La visita della Meloni accompagnata da tre ministri, un sottosegretario e il capo della polizia, non è la prima visita istituzionale al “Parco verde”

L’Italia delle istituzioni si sveglia sul dramma dei rifiuti, si muove. Ma si muove anche la società, i cittadini. Scuole, famiglie, Chiesa. Nascono comitati, fanno rete, promuovono iniziative, non solo di denuncia. Coinvolgono il mondo della scienza e della sanità. In pochi anni si ottengono, finalmente, la legge sugli “ecoreati”, la nomina di un commissario straordinario “antiroghi”, l’arrivo dei militari per affiancare le forze dell’ordine, alcune importanti condanne degli “ecomafiosi”, camorristi e imprenditori. Per i rifiuti. Ma “Parco verde”, come si è tanto scritto in questi giorni, non è solo rifiuti.

La società dei rifiuti è l’altra faccia della società dei consumi
 

Altri campanelli d'allarme a Caivano

Proprio negli anni della scoperta della “Terra dei fuochi”, i palazzoni, già terreno di spaccio in mano a gruppi locali, diventano una delle “piazze” più importanti. Sotto la pressione della magistratura e delle forze dell’ordine, gruppi camorristi abbandonano le piazze di Scampia per occupare quartieri a nord di Napoli come a Caivano, Afragola, Acerra.

Nel 2013, nel pieno dell’interesse per la “Terra dei fuochi”, scrissi un reportage sulle piazze del “Parco verde”, già perfettamente organizzate, alla luce del sole, visibilissime. Facilitate, allora, da un contrasto quasi inesistente. Ma anche da un silenzio generale, quello rotto sui rifiuti, non sulla droga. Niente cortei, niente marce. Poca società “responsabile”. Certo qualcuno chiede più sicurezza, l’apertura del commissariato (ci vorranno anni…). Nelle scuole qualche insegnante si impegna coi pochi mezzi a disposizione. Ma non c’è quel movimento che aveva fatto sperare in una “rivolta culturale”.

I cittadini di Caivano chiedono più attenzione 

Poi nel 2016 emerge un altro dramma che forse poteva essere un campanello d’allarme per quanto accaduto (o scoperto) ora. Muoiono ancora bambini ma precipitando dai “palazzoni” del “Parco verde”. Fortuna e Mario, uccisi, storie di degrado e violenza familiare. In quell’occasione incontro in parrocchia alcune mamme e papà. Recupero qualche frase di quell’incontro. “Ora le luci sono accese su di noi, ma Parco verde è solo il vertice che si vede”. “In questi giorni così tristi arrivano tanti giornalisti a scrivere del 'palazzo dei mostri'. Quanto accanimento! Ma non raccontano la realtà, non raccontano che ci hanno messo dentro questi 250 alloggi e poi si sono dimenticati di noi”.

“In questi giorni così tristi arrivano tanti giornalisti a scrivere del 'palazzo dei mostri'. Quanto accanimento! Ma non raccontano la realtà, non raccontano che ci hanno messo dentro questi 250 alloggi e poi si sono dimenticati di noi”

“Chi sapeva ha taciuto, ma non parlate di omertà del quartiere”. “Avevamo capito, abbiamo sempre capito che si trattava di un caso di pedofilia, ma non avevamo prove”. E un profetico: “Uscirà altra immondizia, verranno fuori nuovi casi”. Sette anni fa. Come una drammatica richiesta. “Abbiamo paura per i bimbi più piccoli, devono tutelare i nostri figli”. Con un appello generale. “Vogliamo più attenzione dalle istituzioni, a partire dall’amministrazione comunale. Perché la raccolta differenziata dei rifiuti si fa nel paese e non a Parco verde? Qui abbiamo solo i bidoni e vengono anche da fuori a scaricare. E poi siamo noi gli zozzoni!”. C’è un senso di estraneità. E ancora i rifiuti. Di cui però non si parla più.

La risposta del governo ai fatti di Caivano: aggravere le pene per i minori

Di nuovo dimenticati

“Uscirà altra immondizia, verranno fuori nuovi casi”

Certo i roghi sono fortemente diminuiti ma crescono i rifiuti abbandonati, anche perché il sistema di smaltimento in Campania è ancora fortemente insufficiente. Ma quel movimento di base, quell’impegno di società responsabile di 11 anni fa si è perso in mille rivoli. Dalla denuncia non si è riusciti a passare alla proposta, non c’è stata una crescita culturale. Per i rifiuti così come per i successivi drammi. Così c’è poco da stupirsi se ora a manifestare sono in pochi. Disillusione? Sfiducia? In questi giorni, sentiamo giustamente, il coro di chi dice “serve lavoro per respingere le proposte della camorra e della droga”.

Tra clamori e paura di essere presto “nuovamente dimenticati”. Mentre le poche associazioni sul territorio e la stessa Chiesa faticano a costruire progetti di crescita e cambiamento. Eppure a pochi chilometri distanza un altro paese è cresciuto ed è cambiato proprio grazie all’impegno dal basso di associazioni e Chiesa. E anche una buona politica locale. Casal di Principe, un tempo “regno” del potentissimo clan dei “casalesi”, non camorra di spaccio ma di grandi affari e di intrecci con politica e economia. Anche qui una visita importante, il 21 marzo scorso, quella del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ma molto diversa.

Per ricordare don Peppe Diana, ma soprattutto per rendere atto del forte cambiamento, della rinascita e per dire “grazie” a una società davvero responsabile. Un’altra storia su cui riflettere. Oltre gli appelli, le marce, le denunce, le visite. Una storia di fatti concreti, di mani “sporche” di cultura e di servizi. Quello che nel “Parco verde” e in altri territori non si riesce ancora a costruire.  

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