7 settembre 2023
Pene più severe per i minori trovati con armi o stupefacenti, con la possibilità del questore di proporre il divieto di utilizzare "piattaforme o servizi informatici e telematici specificamente indicati, nonché il divieto di possedere telefoni cellulari”. Sono queste alcune delle misure contenute nel cosiddetto "Decreto Caivano" approvato questo pomeriggio dal Consiglio dei ministri dopo i recenti fatti del comune campano e di Palermo. Secondo Franco Prina, sociologo della devianza ed ex professore dell'università di Torino, "pensare che più carcere produca maggior rieducazione rischia di fare molti danni".
Al Parco verde di Caivano lo Stato fallisce e la società è debole
Professore, cosa pensa delle misure contenute nel cosiddetto “Decreto Caivano”?
C’è una filosofia di fondo che credo non debba stupire: questo pacchetto di misure molto diverse tra loro si basa sull’impostazione che i problemi sociali che hanno a che fare con la sicurezza si risolvano con lo strumento penale. In questo periodo ci si concentra, in modo particolare, sui minorenni o giovani adulti, anche se il confine dei 18 anni è formale. Chi si aggira intorno a quell’età ha comportamenti simili. In ogni caso, questo tipo di risposta ai fatti che sono avvenuti non può essere la soluzione. Rischia di rimanere una foglia di fico.
Quale sarebbe una risposta adeguata?
Innanzitutto, è bene non prendere provvedimenti in base all’ondata di emotività che scatenano episodi come quelli a cui abbiamo assistito nelle scorse settimane, ma che si riproducono in modo periodico. Seppur gravi, non rappresentano la situazione del nostro paese. La delinquenza minorile in Italia non si può paragonare a quella di altri Stati anche vicini a noi. I ragazzi detenuti negli istituti penali sono circa 400, mentre in Francia se ne contano dieci volte tanti. Questa differenza è dovuta all’intreccio di misure penali e sociali che si sono messe in atto negli ultimi trent’anni, che ha fatto diventare la nostra una delle migliori procedure penali al mondo. Non dobbiamo rinunciare a principi sanciti anche in accordi internazionali che abbiamo sottoscritto, perché l’obiettivo è far uscire al più presto il minore dal circuito penale e ridurre al minimo il ricorso alla carcerazione.
Si fa presto a dire "baby gang"
Sono misure che per le carceri minorili funzionano meglio di quelle dove scontano la pena gli adulti?
La delinquenza minorile in Italia non si può paragonare a quella di altri Stati anche vicini a noi
Sì, e lo dico guardando a 30 anni di politiche di un certo tipo. Gli istituti per minori hanno investimenti educativi di personale, anche se anche questi sono sempre più ridotti. In carcere finiscono pochi autori di reato. In questo pacchetto di misure, invece, si vogliono applicare misure di sicurezza che sono sottratte alla giurisdizione.
In che senso?
Ci sono misure che vengono adottate senza il vaglio dell’autorità giudiziaria, che si occupa di valutare caso per caso le misure più adatte alla situazione. Senza questa attenzione, si rischia di fare seri danni, soprattutto se l’autore del reato è minorenne, perchè è incapace di contenersi perché ancora immaturo. Non si sanno le conseguenze di queste decisioni, della rabbia che scatenano. Questo vale anche per alcuni provvideminenti in particolare, come quello del sequestro dei cellulari.
“Più carcere significa più sicurezza” è uno slogan all’insegna del populismo penale, che crea consenso nell’opinione pubblica, ma che dal punto di vista di chiunque abbia a che fare con questi problemi è un’assurdità
Quindi più carcere, come si prevede nel decreto Caivano, in realtà non è sinonimo di più sicurezza?
“Più carcere significa più sicurezza” è uno slogan all’insegna del populismo penale, che crea consenso nell’opinione pubblica, ma che dal punto di vista di chiunque abbia a che fare con questi problemi è un’assurdità. È un errore drammatico, soprattutto in un contesto di sovraffollamento del sistema penitenziario, dove le condizioni in cui le persone sono ristrette provocano recidive costanti. Per questo sembra fuori luogo anche la proposta di punire con il carcere i genitori che non mandano i figli a scuola.
Come ristabilire il patto di patto di fiducia dopo questi episodi?
Serve di sicuro andare oltre la propaganda e rendersi conto che quello che è accaduto è il risultato di decenni di assenza di politiche sociali, educative e di depauperamento delle risorse per le scuole. Anche per quanto riguarda le ‘bonifiche sociali’, non si può ridurre tutto alle operazioni di polizia a cui stiamo assistendo in questi giorni e soprattutto al territorio di Caivano. Vicino ci sono altri 10, 15 paesi che soffrono gli stessi problemi, dove mancano gli investimenti per affrontare la complessità e l’estensione delle difficoltà di quei territori.
Su quale strada si dovrebbe proseguire?
Quella che non fa rumore, di tante associazioni che, nel loro piccolo, cercano di allontanare i giovani dal rischio di influenze o coinvolgimenti in organizzazioni criminali. Non bastano milioni di investimenti per la riqualificazioni di alcuni territori, spostando solo lo sguardo. Poi non bisogna dimenticare le risorse del Pnrr, che avrebbero dovuto tamponare gli anni di tagli a settori chiave e che ora, invece, rischiano di venir persi.
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