8 gennaio 2024
Un suicidio annunciato, quello di Matteo Concetti, un ragazzo di 23 anni che si è tolto la vita il 5 gennaio scorso nel carcere di Montacuto (An). Matteo era detenuto per reati contro il patrimonio e soffriva di problemi psichiatrici. Aveva manifestato il suo malessere più volte, ma non solo era rimasto inascoltato: dopo aver aggredito un poliziotto, era stato messo in isolamento. "Se mi portano di nuovo giù, mi impicco. Non ce la faccio più, ho paura", aveva detto poche ore prima, nel loro ultimo incontro, alla madre, la quale preoccupata si era poi rivolta alla senatrice Ilaria Cucchi. "Mio figlio non può stare in carcere, ha bisogno di cure, mi aiuti o si ucciderà", le aveva scritto.
Malato psichiatrico grave per 7 mesi in carcere: nei luoghi di cura non c'è posto
In un commento pubblico sulla sua pagina Facebook la senatrice ha definito quanto successo di "una gravità inaudita", ricordando che Matteo "come tanti altri detenuti, se la passava male, la struttura in cui era rinchiuso lo soffocava. Era in isolamento, ci era finito per un procedimento disciplinare. Lo Stato, nel momento in cui era chiamato a fare sentire tutta la sua presenza e la sua cura, l’ha abbandonato. Isolandolo (..). Quando ho sentito sua mamma, dopo la sua morte, al telefono, non sono riuscita che a dire altro se non che mi dispiace e che farò il possibile affinché vengano accertate le responsabilità della sua morte. Non basta, non basterà mai. Però glielo devo, glielo dobbiamo. Perché quello che è successo a Matteo, è anche una nostra responsabilità. Perché quello Stato, lo Stato che ha isolato Matteo nel momento del bisogno, quello che non lo ha assistito e ha calpestato i suoi diritti, siamo tutti noi".
Ma la storia di Matteo Concetti non è isolata. Secondo l'associazione per i diritti dei detenuti Antigone, nel 2023 si sono registrati 16,3 atti di autolesionismo ogni 100 persone recluse, mentre i suicidi sono stati 68. Lavialibera si è più volte occupata della sofferenza psichica nelle carceri, sottolineando l'inadeguatezza del sistema penitenziario.
Qui tutti i nostri articoli sulle carceri
Nella rubrica mensile che cura per lavialibera, Andrea Oleandri, responsabile della comunicazione di Antigone, ha ricordato che "innanzitutto serve intervenire prima del carcere, che dovrebbe essere l’extrema ratio, puntando il più possibile sulle misure alternative. Questo riguarda specialmente quei detenuti fragili, che soffrono di patologie psichiche o sono dipendenti da sostanze che avrebbero bisogno di percorsi di cura e di una presa in carico che il carcere non riesce a garantire, anche a fronte del numero bassissimo di ore di supporto psicologico e psichiatrico offerte".
Il dramma dei tossicodipendenti dietro l'assalto alle infermerie delle carceri
Nel 2023, in media, 100 detenuti hanno avuto a disposizione dieci ore a settimana per gli psichiatri e 20 ore a settimana per gli psicologi. Mentre le articolazioni per la tutela della salute mentale, sezioni a gestione prevalentemente sanitaria, sono a oggi concentrate in pochi istituti. Nel nostro Paese quelle attive sono 34 in 32 istituti penitenziari (su 190 carceri totali) e accolgono circa 300 persone.
La rubrica di Antigone per lavialibera
“Spesso – aggiunge Michele Miravalle, referente dell’associazione per i diritti dei detenuti Antigone – la terapia consiste nel mettere il detenuto in isolamento e annichilirlo con gli psicofarmaci. Il Sestante, l’articolazione per la salute mentale del carcere di Torino, e una delle più grandi d’Italia, è stata chiusa dopo la scoperta delle condizioni inumane riservate ai reclusi. Anche da quando la sanità delle carceri è gestita a livello regionale, la presa in carico dei sofferenti psichici negli istituti di pena è assente e a essere insufficienti sono prima di tutto gli psichiatri”.
Carcere, la garante di Torino: "Troppi psicofarmaci ai giovani"
Un altro tema sono le liste d'attesa per entrare nelle Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), a cui dovrebbero essere destinate le persone dichiarate socialmente pericolose e (in tutto o in parte) incapaci di intendere e di volere quando hanno commesso il reato, i cosiddetti folli rei. Le Rems dal 2014 hanno progressivamente sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari. Ma le lunghe liste d'attesa – a parere della Corte costituzionale, che nel 2022 ha chiesto una riforma complessiva del sistema – non garantiscono “né la tutela effettiva dei diritti fondamentali delle potenziali vittime di aggressioni, che il soggetto affetto da patologie psichiche potrebbe nuovamente realizzare” né “il diritto alla salute del malato, al quale nell’attesa non vengono praticati i trattamenti che dovrebbero essergli invece assicurati”.
Antigone, la pazzia aspetta in carcere
Nel dicembre del 2022, lavialibera ha raccontato la storia di S che aveva tentato il suicidio nel carcere di San Vittore almeno due volte. La prima aveva ingoiato quattro viti. La seconda ha infilato in gola una lametta con cui poco prima si era ferito un braccio, incidendo tagli lunghi e profondi. S è un malato psichiatrico grave ed è rimasto sette mesi in cella con l’accusa di aver strappato un telefono di mano a un passante, anche se un giudice ne aveva chiesto il trasferimento in un luogo di cura, unaNel 2022 a San Vittore, lo stesso istituto di S, due uomini si erano tolti la vita a poche settimane di distanza uno dall’altro. Uno di loro, come S, non doveva stare in cella. Aveva 21 anni, si chiamava Giacomo Trimarchi, e soffriva di un disturbo borderline di personalità con conseguente certificato di “parziale infermità mentale”.
Tutte le emergenze del carcere
Tuttavia lo stesso sistema Rems presenta problemi. “I giudici dovrebbero essere più cauti nel decidere l’invio nelle residenze, soprattutto per le persone che sono state valutate incapaci di intendere e di volere solo momentaneamente, invece i dati mostrano una tendenza a usarle troppo, ingolfandole”, aveva spiegato a lavialibera Daniela de Robert, componente del collegio del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale. Inoltre la residenza all’interno delle strutture dovrebbe essere temporanea e preparare il paziente al reinserimento nel proprio territorio. Ma non tutte le regioni svolgono il compito in modo adeguato.
La soluzione però, secondo Miravalle, non è la costruzione di altre strutture che “creerebbero solo nuova domanda”. Il nodo è evitare che le Rems siano occupate da soggetti che potrebbero usufruire di misure alternative, come l’invio in comunità, o essere trattati nelle carceri.
Crediamo in un giornalismo di servizio ai cittadini, in notizie che non scadono il giorno dopo. Aiutaci a offrire un'informazione di qualità, sostieni lavialibera
La tua donazione ci servirà a mantenere il sito accessibile a tutti
In un calcio diventato industria, mafie ed estremismo di destra entrano negli stadi per fare affari
La tua donazione ci servirà a mantenere il sito accessibile a tutti