Carcere Lorusso e Cutugno, Torino. Foto: Marco Panzarella
Carcere Lorusso e Cutugno, Torino. Foto: Marco Panzarella

Carcere, le persone con disagio psichico restano dietro le sbarre

Invece di essere accolto in strutture apposite, chi è affetto da disturbi psichici rimane in cella. Le liste d'attesa sono lunghe e manca un monitoraggio effettivo della situazione. L'ultimo rapporto dell'associazione mette in luce lo stato dell'arte nei penitenziari italiani

Natalie Sclippa

Natalie SclippaRedattrice lavialibera

28 aprile 2022

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Le persone con disagio psichico rimangono in carcere anziché essere accolte in strutture apposite. È uno dei dati più gravi tra quelli contenuti nel 18esimo rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione, che monitora la situazione all’interno degli istituti penitenziari italiani. Nelle sezioni attive dedicate alla tutela della salute mentale (Atsm) sono seguite 300 persone, tra cui 21 donne. Nelle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) sono 572 gli internati, 300 con misura di sicurezza definitiva. Un numero piccolo rispetto all’effettiva necessità, tanto che nelle liste d’attesa ci sono 204 persone. Di queste, 49 in carcere. Un situazione di instabilità accentuata dalla mancanza di un sistema di monitoraggio nazionale - in concreto non sappiamo quanto sono lunghe le liste d’attesa e dove vivono attualmente le persone che vi sono iscritte - su cui è intervenuta anche la Corte costituzionale, sottolineando criticità da superare al più presto. I problemi che si riscontrano all’interno degli istituti di pena sono molti: dalla scarsità di servizi ai diritti negati, come testimoniano i processi in corso. Così in cella si continua a morire.

Le liste d'attesa delle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza sono lunghe. Intanto, 49 persone ritenute di "pericolosità sociale" rimangono in carcere

Leggi “Senza uscita”, il numero de lavialibera sul carcere

Il disagio psichico in carcere

Le Rems sono state attivate per superare gli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), chiusi dopo la riforma penitenziaria del 1975. A potenziarne i servizi sono nate delle Articolazioni per la tutela della salute mentale (Atsm). Nel nostro Paese quelle attive sono 34, in 32 istituti penitenziari, e accolgono circa 300 persone. Un’altra modalità utilizzata per la rieducazione del condannato è quella nelle case di lavoro e nelle colonie agricole, inserito dal Codice Rocco.

Nella casa di lavoro di Vasto su 108 persone, 90 hanno problemi psichiatrici e non possono svolgere le mansioni assegnate

Il numero di internati soggetti a questo tipo di detenzione perché ritenuti di “pericolosità sociale” si attesta a fine febbraio a 280. Mancano però le informazioni riguardo alla loro dislocazione geografica. Emblematico il caso di Vasto (Abruzzo) dove ha sede l’unica casa di lavoro interamente qualificata come tale, ma in cui, su 108 persone presenti, 90 hanno problemi psichiatrici e sono dichiarati formalmente inabili alle mansioni.

Chi c’è dietro le sbarre

Monitorare la situazione all’interno dei penitenziari vuol dire anche chiarire chi viva dietro le sbarre. Nella popolazione carceraria, infatti, vanno inseriti 19 bambini che abitano con le loro mamme nelle sezioni nido o negli Istituti di custodia attenuata per detenute madri (gli Icam, di cui lavialibera si è occupata nello scorso numero). Un numero inferiore rispetto ai picchi raggiunti nei primi anni 2000, anche grazie all’attenzione verso percorsi mirati alla tutela dei minori. 

Altro fronte è quello che riguarda le persone lgbt+. 12 sono le carceri che accolgono 63 donne transgender, 55 delle quali sono state assegnate a sezioni protette. La necessità di allocare i detenuti in condizioni di sicurezza, è tracciata anche la presenza degli omosessuali bianchi, visibili o dichiarati, posto che l’orientamento sessuale mantenga il suo carattere intimo nell’identità.

Prigione discarica sociale

I circa 54mila detenuti vivono spesso in condizioni inumane e degradanti, tanto da portare a gesti estremi. Al 23 aprile 2022 si contano, infatti, 21 suicidi dall’inizio dell’anno e 45 persone morte complessivamente. I casi in cui ci si toglie la vita sono 13 volte superiori rispetto alla popolazione libera. Nel 2020, l’Italia con un tasso di 11.4 casi ogni 10.000 persone si attestava ben sopra la media europea annuale, che si fermava a 7.2. Pecora nera il carcere di Regina Coeli, dove si contano cinque decessi da gennaio, a cui se ne aggiungono altri due negli ultimi mesi dello scorso anno. Altro numero in crescita è quello che riguarda l’autolesionismo.

Al 23 aprile 2022 si contano 21 suicidi dall’inizio dell’anno e 45 persone morte complessivamente

Stando ai dati dell’ultima relazione al Parlamento del Garante nazionale, sono stati riscontrati, nell’anno 2020, 11.315 episodi. Tra gli istituti più colpiti nel 2021, la casa circondariale di Sollicciano a Firenze che, nello stesso periodo, registrava un tasso di sovraffolamento del 145,9%. 

Le violenze e i processi

La situazione esplosiva viene testimoniata dai numeri processi in corso contro le violenze - come nei casi di Viterbo, Monza, Torino, Modena, Santa Maria Capua Vetere, Pavia, Ascoli Piceno e San Gimignano - e le morti nei penitenziari, come accade nei provvedimenti aperti a Siracusa, Pordenone e Modena.

I passi da compiere

C’è ancora molto da fare per migliorare l’esistenza compressa della popolazione detenuta, eliminando afflizioni aggiuntive e non più in linea con i dettami della Corte costituzionale” ha commentato Bernardo Petralia, magistrato ed ex capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria intervistato da lavialibera.

"C'è ancora molto da fare per migliorare l'esistenza della popolazione detenuta"Bernardo Petralia - Ex capo Dap

Un bilancio amaro, ma che apre a una riflessione, tanto che“prendere coscienza di cosa sia la vita carceraria servirebbe in verità a ogni magistrato per essere più attento e consapevole nei giudizi”. A dimostrarlo, anche delle proposte di Antigone, riguardo la salute mentale, la sorveglianza e la protezione delle minoranze.

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