Militari francesi impegnati nell'operazione Barkhane (Wikipedia - CC BY-SA 4.0)
Militari francesi impegnati nell'operazione Barkhane (Wikipedia - CC BY-SA 4.0)

L'Africa divisa tra vecchi e nuovi coloni

Molti paesi africani si sono liberati dall'influenza francese, ma ora fronteggiano le mire di Cina, Russia e Turchia, che potrebbero rivelarsi più feroci e avide dei transalpini

Matteo Giusti

Matteo GiustiGiornalista

29 febbraio 2024

È il 1960 quando Jacques Floccart, l’allora segretario per gli affari africani dell’Eliseo, conia il termine Françafrique, utile per convincere le ex colonie africane a mantenere un rapporto diretto e privilegiato con Parigi, nonché una mossa politica per far sì che le stesse non si allontanassero mai del tutto dall’ex madrepatria. Più di sessant’anni dopo, la Françafrique è quasi morta, ma non perché la Francia abbia cambiato atteggiamento. È l’Africa francese che ha deciso di liberarsi di Parigi. Ora però il rischio per questi paesi è di finire nella trappola del debito della Cina, o diventare ostaggio dei mercenari russi, che adesso si fanno chiamare Africa Corps, in omaggio alle forze naziste del generale Erwin Rommel. O, ancora, di stringere rapporti troppo stretti con la Turchia, che avvicina le fasce più giovani con moschee, scuole e lunghi soggiorni ad Ankara e Istanbul. Se il tempo della Francia pare essere finito, Russia, Cina e Turchia potrebbero rivelarsi più feroci e avide di quanto lo sia stata Parigi.

Africa e Francia, un rapporto antico

Il legame tra Francia e continente africano risale alla metà del 1600, quando i transalpini giunsero in Senegal e poi nelle isole sparpagliate nell’oceano Indiano. Fino alla fine dell’Ottocento la spinta colonizzatrice del Paese fu travolgente, anche in contrapposizione al dominio della Gran Bretagna che si estendeva dalle coste egiziane del Mediterraneo al Capo di Buona Speranza. L’impero è crollato nel 1960, il cosiddetto anno della liberazione. Ma per decenni la Francia è stata una sorta di matrigna per gli Stati africani, che hanno affidato agli ex coloni la totale gestione delle loro economie.

Simbolo di questo controllo è il franco cfa (dove cfa sta per colonie francesi d’Africa), la moneta tutt’oggi utilizzata da 14 paesi dell’Africa occidentale e centrale. Questa valuta, stampata a Parigi, ha una maggiore stabilità rispetto ad altre monete del continente. Ma la maggiore forza sul mercato valutario è pagata a caro prezzo dagli Stati africani, che devono versare il 50 per cento delle proprie riserve in valuta estera al Tesoro di Parigi. La Banca centrale francese sostiene che questo sia l’unico strumento per mantenere stabile il sistema.

Quando è stato eletto, Emmanuel Macron ha inaugurato il mandato con un viaggio in Burkina Faso. In quell’occasione, il presidente francese ha dichiarato il superamento del concetto di Françafrique, ma il tentativo si è rivelato maldestro, ritardatario e soprattutto poco convincente visto che le economie africane rimanevano sottoposte ai voleri di Parigi e i soldati francesi continuavano a occupare decine di basi militari dell’area. In aggiunta, gli scarsi risultati militari delle operazioni dispiegate in Mali hanno reso palese che la Francia non è più in grado di garantire la sicurezza dei suoi alleati africani, alle prese con la crescita dello Stato Islamico e di al-Qaeda. Proprio in Mali, l’impero coloniale di Parigi si è incrinato quando nell’agosto del 2020 una giunta militare guidata dal colonnello Assimi Goita ha preso il potere deponendo il presidente filo-francese Ibrahim Boubacar Keita.

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