Etiopia. Badoo Fukura, 28 anni, si trova con la figlia sul fondo dell'abbeveratoio che serviva oltre 30 famiglie , ormai asciutto (Foto USAid - Flickr)
Etiopia. Badoo Fukura, 28 anni, si trova con la figlia sul fondo dell'abbeveratoio che serviva oltre 30 famiglie , ormai asciutto (Foto USAid - Flickr)

Tre ingiustizie contro il Sud del mondo

Ecocidi, crisi climatica e politiche d'asilo basate sulla razza. Riconoscere i crimini ambientali come reato contro l'umanità fermerebbe devastazioni e flussi migratori, permettendo agli africani di restare a casa loro, se lo desiderano

Peter Emorinken-Donatus

Peter Emorinken-DonatusGiornalista

21 settembre 2022

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La guerra russa in Ucraina ha mostrato ancora una volta un’amara verità, portando alla luce del sole il carattere razzista del trattamento riservato dall’Unione europea e dai suoi stati membri ai cosiddetti rifugiati BIPoC (Blacks, Indigenous, People of Colour), ossia profughi neri, indigeni o di colore che arrivano dal cosiddetto Sud globale in cerca di rifugio. Molte persone si stropicciano gli occhi incredule davanti alla priorità basata sulla razza e ai canali preferenziali concessi ai rifugiati ucraini bianchi mentre gli altri, in fuga dalla stessa guerra, subivano trattamenti inumani e persino deportazioni. È stata creata un’esplicita separazione tra “profughi buoni” e “profughi cattivi”, al punto che i rifugiati ucraini bianchi sono stati definiti come “profughi Vip”, o “very important refugees” o “profughi di prima classe”.

English version here: A triple injustice against the Global South

Questa situazione ha infiammato i dibattiti già molto contestati e asimmetrici sul riconoscimento della figura del rifugiato: chi può essere definito così? L’Agenzia delle nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), basandosi sulla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, sostiene che rifugiato è chi è costretto a fuggire dal proprio Paese e non può o non vuole tornarvi "temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o appartenenza a un particolare gruppo sociale". Ma la Convenzione di Ginevra è un prodotto della Seconda guerra mondiale, inizialmente redatta per andare incontro ai milioni di sfollati europei al termine del conflitto, e solo in seguito aggiornata col Protocollo del 1967 per includere nella definizione i rifugiati di tutto il mondo.

Leggi il numero speciale Veri e finti profughi, è solo propaganda

Rifugiato: chi non vuole o può tornare nel suo Paese per il giustificato timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale.



Richiedente asilo: chi è in attesa di una decisione sulla domanda per ottenere lo status di rifugiato ai sensi delle norme giuridiche internazionali e nazionali.



Beneficiario di protezione umanitaria/sussidiaria: chi rischia di subire un grave danno se rimpatriato a causa di violenza o conflitto o corre il rischio di tortura, condanna a morte e trattamenti inumani e degradanti non previsti dallo status di rifugiato.



Migrante economico: chi lascia il proprio paese di origine per ragioni economiche, non collegate alla definizione di rifugiato, al fine di cercare di migliorare i propri mezzi di sostentamento.



Migrante irregolare: chi, a seguito di un ingresso irregolare, della violazione delle condizioni di ingresso o della scadenza Migrante del titolo di ingresso e soggiorno, è privo di uno status giuridico che gli consente di essere regolare nel paese di transito od ospitante.


Una definizione legale antiquata

L'ordine economico globale neoliberale e neocoloniale è una minaccia sia per l'ambiente sia per i mezzi di sussistenza dei popoli indigeni, crea focolai di conflitti e provoca la fuga di milioni di rifugiati dal Sud globale.Peter Emorinken-Donatus

Tali strumenti prevedono una protezione per chi è perseguitato, mentre concedono tutele limitate per chi fugge dalla guerra attraverso la cosiddetta “protezione sussidiaria”. Oggi sappiamo che ci sono enormi lacune nella Convenzione di Ginevra che creano nei fatti disuguaglianze di classe sotto forma della categorizzazione burocratica di chi emigra e, in alcuni casi, di selettività razziale. Dal 1967 non c’è stata né una revisione della Convenzione, né un adattamento ai nuovi contesti globali. "Stiamo affrontando un’era in cui i disastri ambientali e naturali sono la causa principale dei movimenti di sfollati. Sono persone vittime di Stati falliti, di sistemi economici al collasso, private del diritto di esistere e persino di vivere", ha denunciato in un’intervista Gundula Bavendamm, direttrice del Centro di documentazione Sfollamento, espulsione, riconciliazione di Berlino.

Le vittime di crisi climatica ed ecocidio non sono benvenute. Secondo l'Unhcr, circa il 90 per cento dei rifugiati sotto il suo mandato proviene dai Paesi e dai territori più colpiti dai cambiamenti climatici. Queste vittime dimenticate, che costituiscono la stragrande maggioranza dei rifugiati in tutto il mondo, sono escluse dalla protezione perché classificate, diffamate, squalificate e criminalizzate come cosiddetti “migranti economici” dagli stessi poteri che non hanno poi il coraggio e la volontà di identificare e perseguire i “criminali economici” responsabili di questi disastri. D’altronde non si taglia il ramo su cui si è seduti! Di più, la stragrande maggioranza dei rifugiati e degli sfollati nel mondo è anche vittima di ecocidi, cioè atti commessi con la consapevolezza che esiste una probabilità sostanziale di provocare danni all'ambiente gravi e diffusi o a lungo termine.

L’etichetta “migranti economici” ignora la complessità dei motivi che spingono a lasciare il proprio Paese

Il perdurare della diffusa colonizzazione delle regioni più ricche di risorse del cosiddetto Sud globale consente il furto e la distruzione di terre e mezzi di sostentamento da parte del ricco Nord globale, mascherandosi con l’assenza di leggi e della spregiudicatezza nei confronti della natura e degli abitanti di queste terre. È l’avidità occidentale di materie prime e di crescita economica infinita, la mania della sicurezza degli approvvigionamenti che costringe le persone che vivono per lo più nelle regioni ricche di risorse, a sopportare le conseguenze ambientali e i rischi devastanti di questo capitalismo globale intoccabile e senza volto. Solo le stesse vittime che spesso si vedono rifiutare la protezione che dovrebbe toccare ai rifugiati. In effetti, l'ordine economico globale neoliberale e neocoloniale è una minaccia sia per l'ambiente sia per i mezzi di sussistenza dei popoli indigeni, crea focolai di conflitti e provoca la fuga di milioni di rifugiati dal Sud globale. Questo ordine economico mondiale è di per sé un rischio per la sicurezza di miliardi di persone in tutto il mondo, dal punto di vista ecologico, militare, politico, economico e socio-culturale.

Guerra in Ucraina, i profughi di serie B

Migrare non è mai stato così difficile

Il caso dell’Africa è particolarmente amaro. L’Europa è ora una fortezza circondata da muri altissimi e recinzioni di filo spinato, che si estende nei territori dell’Africa sovrana, con l’istituzione criminale Frontex e i suoi accoliti in Africa come cani da guardia. Le possibilità di migrazione legale in Europa sono così scarse che è più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che ottenere asilo in Europa. Mai prima d’ora la fuga e la migrazione sono state così costose, burocratiche, tortuose, disumanizzanti e pericolose per la vita.

Si dice che decine di migliaia di profughi africani siano annegati nel Mar Mediterraneo mentre cercavano di migrare in Europa. Ma le cifre esatte sono sconosciute. "Stimiamo che probabilmente almeno il doppio delle persone muoiano sulla strada verso il Mediterraneo rispetto al Mediterraneo stesso", ha dichiarato nel novembre 2019 Vincent Cochetel, inviato speciale dell’Unhcr per il Mediterraneo centrale, al settimanale tedesco Welt Am Sonntag. Quel numero "potrebbe anche essere molto più alto". Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom), le cause primarie di morte sono fame, sete, incidenti, violenza e malattie. Chi sopravvive a queste orribili e inimmaginabili odissee rischia poi di essere deportato dall’Europa nei propri paesi di origine o in qualsiasi altro Paese africano.

Cimitero Mediterraneo: Morti in mare, attesi a casa

Il caso del Delta del Niger

La maggior parte dei rifugiati africani che arrivano in Europa attraverso il Mar Mediterraneo sono nigeriani, spesso della regione del delta del Niger, ricca di petrolio ma devastato sul piano ambientale. Sebbene sia una delle regioni più ricche di risorse del mondo, si pensa anche che sia il peggior focolaio di ecocidi. Vivere lì è diventato così insopportabile che molti, disperati, stanno abbandonando le loro case in cerca di un rifugio sicuro. La maggior parte di loro sono però considerati e trattati come migranti economici, anche se l’estrema povertà nel delta del Niger è il risultato diretto del degrado ambientale provocato dalle estrazioni prolungate. Le multinazionali europee del petrolio e del gas come la Royal Dutch Shell hanno provocato in decenni la massiccia distruzione dei mezzi di sussistenza della regione, e le loro operazioni continuano a costituire un grave pericolo per la salute degli abitanti. È un circolo vizioso.

In più, sebbene l’Africa abbia prodotto meno del 4 per cento delle emissioni globali di gas serra negli ultimi 270 anni, è il continente che più di altri soffre degli effetti deleteri dei cambiamenti climatici. Otto dei dieci paesi più colpiti da tali cambiamenti si trovano in Africa. Nel calcolo delle perdite e dei danni (loss and damage, in gergo, ndt), ciò fa parte della triplice ingiustizia con cui il continente africano deve convivere, insieme ai 500 anni di sfruttamento legalizzato e vandalizzazione dell’ambiente e dei mezzi di sussistenza da parte dell’Europa e al respingimento delle vittime.

I cambiamenti climatici e gli ecocidi sono a tutti gli effetti motivi che spingono a migrare tra i più significativi. È già vero per milioni di africani sfollati e costretti a migrare. La privazione del diritto alla protezione dei rifugiati africani è quindi moralmente sbagliata oltre a contraddire le clausole di non discriminazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, della Convenzione di Ginevra e del Protocollo del 1967, che l’Europa ha ratificato: "Gli Stati contraenti applicheranno le disposizioni della presente Convenzione ai rifugiati senza discriminazioni di razza, religione o paese di origine", recita l’articolo 3.

Profughi climatici, zero tutele per chi scappa dagli ecocidi

Appello per una revisione urgente della Convenzione di Ginevra

Per garantire il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile quale diritto umano, l’ecocidio deve riconosciuto come crimine contro la pace ai sensi del diritto internazionalePeter Emorinken-Donatus

La situazione in Africa è una bomba a orologeria. Dappertutto, da Città del Capo al Cairo, dal delta del Niger al Congo, dal Nilo al bacino del Ciad, ecocidi e cambiamenti climatici producono distruzione e pericolo: siccità prolungate, gravi inondazioni e tempeste che distruggono vite, raccolti, biodiversità, infrastrutture e mezzi di sussistenza. Di fronte agli effetti devastanti dei cambiamenti climatici e dell’ecocidio in Africa e in altre parti del Sud del mondo, bisogna rivedere la Convenzione e il Protocollo per poter garantire protezione a tutti gli sfollati per colpa dei disastri climatici, indipendentemente da origine, razza, colore della pelle e religione.

Inoltre, per garantire il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile quale diritto umano, l’ecocidio deve riconosciuto come crimine contro la pace ai sensi del diritto internazionale. Questa sarebbe la politica di respingimento più efficace per frenare il presunto afflusso di rifugiati. Gli africani devono avere il diritto di non emigrare, il diritto fondamentale di restare a casa, se lo desiderano.

(sintesi e traduzione a cura della redazione)

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