22 settembre 2022
Da quando è iniziata, la guerra in Ucraina è diventata il pretesto per la diffusione di una propaganda razzista che distingue tra “veri” e “falsi” profughi. Gli argomenti dati in pasto all’opinione pubblica sono infondati, eppure la campagna elettorale permanente continua a utilizzarli senza vergogna. La scorsa primavera i tweet di Matteo Salvini hanno orientato la strategia social della Lega in tema migranti, tarandola sull’idea che sia "assurdo e in malafede mettere sullo stesso piano i profughi VERI che scappano da guerre VERE… con i clandestini che arrivano in Italia illegalmente".
Assurdo e in malafede mettere sullo stesso piano i profughi VERI che scappano da guerre VERE, in tutto il mondo (di qualsiasi nazionalità) e a cui ho sempre teso la mano (anche da ministro promuovendo corridoi umanitari), con i clandestini che arrivano in Italia illegalmente. pic.twitter.com/ip4PTht5qq
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) February 27, 2022
Non è dato sapere che cosa sia una guerra falsa, ma l’argomento raccoglie consenso tanto che pure Fratelli d’Italia lo propone, accompagnato da esempi concreti (sic). Così Giorgia Meloni dal palco della scuola di formazione politica del suo partito, lo scorso aprile a Bari: "Rischiamo di non poter aiutare chi scappa dalla guerra in Ucraina perché abbiamo migliaia di nigeriani in età da lavoro che stiamo mantenendo". L’odiosa distinzione è da tempo cara a un certo discorso politico, in auge in Italia e in buona parte d’Europa. Detto questo, il tema merita comunque una riflessione articolata e trasversale, perciò lo approfondiamo su questo numero.
Guerra in Ucraina, umanità alla frontiera. La fotoinchiesta
Che cosa insegna sui profughi davvero la guerra in Ucraina? Anzitutto che un’altra accoglienza è possibile. L’Europa e il nostro paese hanno dato asilo senza traumi ai quasi sette milioni di profughi in arrivo da quel conflitto. Per l’occasione è stata attivata una protezione temporanea speciale, prevista dal 2001 e mai usata prima: gli ucraini hanno goduto di libertà di movimento e il sistema di accoglienza non ha registrato incidenti.
In secondo luogo, ci insegna che non è vero che “da noi” non c’è più posto. Dopo l’attacco russo sono arrivate in Italia oltre 150mila persone, un numero cinque volte maggiore rispetto agli ingressi registrati dal 2017, eppure chi è arrivato ha ricevuto aiuto senza destabilizzare il Paese.
Terzo, quanto le politiche e le pratiche di accoglienza in Europa siano imbevute di razzismo. Di fronte alla marea di profughi ucraini nessuno ha gridato all’invasione, per fortuna, mentre ancora si ricorre allo spauracchio dell’orda di stranieri alle nostre porte per tutti gli altri popoli, sebbene le cifre siano inferiori. I cittadini stranieri, non bianchi, presenti in Ucraina e sfollati per la stessa guerra, sono stati sottoposti a respingimenti e deportazioni.
Quarto, che le etichette con cui classifichiamo i migranti sono vecchie e spesso pretestuose: ci stanno a cuore solo alcune guerre, alcune tragedie, alcuni stranieri. Le maglie dell’accoglienza si allargano e stringono a seconda degli umori e delle convenienze dei governi, non da oggi, senza tenere conto né dei nuovi scenari globali né dei drammi legati alla devastazione ambientale e al clima.
Quinto, che il problema della sostenibilità economica è falso. Stando agli ultimi dati disponibili (2019) la nostra economia ha guadagnato 29 miliardi dal lavoro degli stranieri, spendendone 25 per la loro gestione. Per di più, respingere i cosiddetti “migranti economici”, che non fuggono da guerre ma da altri bisogni, è del tutto irrazionale oltre che inumano, dato che abbiamo bisogno di loro per motivi demografici e di mercato. Lo ha detto bene Maurizio Ambrosini, sociologo esperto di migrazioni: "Non è l’immigrazione reale quella che spaventa, ma quella immaginata e ingigantita dalla propaganda"
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