30 aprile 2024
“Senza Roberto Fantini non vivo più”. Così il presunto boss della ‘ndrangheta si confidava con la sua segretaria. Senza quell’imprenditore la sua azienda non avrebbe retto. Era un legame forte e di lunga data quello tra la famiglia Fantini, imprenditori nel settore delle costruzioni e delle autostrade, e Giuseppe Pasqua, un uomo di 81 anni passato attraverso diverse inchieste sulla criminalità organizzata e finito in carcere il 4 aprile scorso, nell’operazione Echidna condotta dai carabinieri del Raggruppamento operativo speciale coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino. I difensori di Pasqua e Fantini hanno fatto ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere la fine degli arresti, una richiesta accolta soltanto nei confronti del manager, i cui legali – gli avvocati Roberto Capra e Maurizio Riverditi – contestano molti aspetti della ricostruzione fatta dai giudici.
Strategia della sommersione. Pasqua consigliava al figlio di non frequentare un certo bar dove si ritrovavano altri pregiudicati: “Tu mi devi promettere che non vai più. Così ti inchiappettano e ti ficcano nell’associazione…”
Già detenuto per anni per omicidio e traffico di stupefacenti, Giuseppe Pasqua è ritenuto il capo della locale di ‘ndrangheta a Brandizzo (To). La Dda di Torino lo accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e di estorsione ai danni di concorrenti e creditori. “Io avrei il coraggio di spararti in bocca!”, risponde a un creditore. “Glieli bruciamo sti cazzi di camion di merda”, dice di un concorrente.
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Il suo nome era già emerso in altre recenti indagini della Dda torinese (Mare pulito, Magna Carta, Colpo di coda, San Michele, Alto Piemonte) come quello di una persona molto vicina a uomini finiti sotto processo e condannati. In una delle sentenze del processo San Michele, nato da un’inchiesta condotta sempre dal Ros, si legge che Pasqua era “indicato, nel 1993, come capo di una 'ndrina”. All’epoca, come risulta negli archivi dei giornali, era stato anche arrestato quale mente di un traffico di eroina dalla Turchia verso la Svizzera. Risultava già “ben inserito nelle dinamiche ‘ndranghetiste piemontesi”, si legge ancora nella sentenza. Il suo nome è emerso anche negli atti dell’indagine Alto Piemonte del 2016 per i contatti, avuti nei primi anni Duemila, con alcuni uomini interessati a lavorare – come lui – nei cantieri dell’Alta velocità tra Milano e Torino.
Eppure Pasqua era “sfuggito” alle principali inchieste, fino all’operazione Echidna. D’altronde, spiegava al figlio Domenico Claudio, era meglio tenersi lontani da un certo bar frequentato da alcuni compari in cui i carabinieri avevano installato telecamere e cimici, come gli aveva riferito un maresciallo: “Tu mi devi promettere che non vai più – diceva al figlio –. Così ti inchiappettano e ti ficcano nell’associazione…”. D’altronde anche lui era stato avvisato e salvato: “Quando Giovanni mi aveva detto ‘Compare Pe, non venite qua perché … ci sono le microspie’, mi ha salvato la vita”. Pura strategia della sommersione, quella che ha permesso a molti mafiosi al Nord di non dare nell’occhio e fare affari.
Con l’operazione Echidna, però, sono finiti in manette sia lui, sia il figlio Domenico Claudio, nato a Chivasso nel 1970, e ritenuto la persona che ha spinto per la creazione di una locale di ‘ndrangheta a Brandizzo insieme alla famiglia Carbone. Era lui a gestire le aziende di famiglia, la Mmt e l’Autotrasporti Claudio, quest’ultima in affari con la Sitalfa, amministrata da Roberto Fantini, imprenditore accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Fantini è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa: secondo gli inquirenti traeva vantaggi, patrimoniali e non, dalla vicinanza all’organizzazione mafiosa, ed era consapevole dell’ambiente in cui si muoveva Pasqua
Pasqua senior, invece, è colui che teneva i rapporti diretti con Roberto Fantini, imprenditore del settore delle costruzioni, dal 2006 al 2021 amministratore delegato di Sitalfa, società che si occupa di manutenzione stradale per conto della sua controllante, la Società italiana per il traforo autostradale del Frejus (Sifaf), che gestisce l’autostrada Torino-Bardonecchia. Si tratta di una società con capitale parzialmente pubblico (quello dell’Anas, che un tempo era in maggioranza, oggi non più), e privato, dove spicca la Astm spa, holding del gruppo Gavio, a capo della Itinera, che si occupa della costruzione, manutenzione di autostrade e della realizzazione di grandi opere. Tra i soci privati di Sitaf c’è anche Roberto Fantini, che ha cinquemila azioni (valore totale di 25.800 euro) e la Cogefa, storica società della famiglia.
I rapporti tra i Fantini e i Pasqua sarebbero cominciati già nei primi anni Novanta, tra Giuseppe Pasqua e Teresio Fantini, padre di Roberto e Massimo: Pasqua raccontava che se Teresio Fantini “gli avesse dato ascolto avrebbe evitato l’arresto”, si legge nell’ordinanza. La vicenda è relativa alla bancarotta fraudolenta della società ‘Faber’ avvenuta nel dicembre 1992. Una conoscenza di lunga data, comunque.
Grazie ai rapporti col manager, il presunto mafioso otteneva – nelle ipotesi della Dda torinese – un trattamento di favore nell’assegnazione di lavori che “ripagava” restituendo in nero a Fantini una parte degli introiti in più ottenuti gonfiando le fatture e altri favori. Fantini è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa: secondo gli inquirenti traeva vantaggi, patrimoniali e non, dalla vicinanza all’organizzazione mafiosa, ed era consapevole dell’ambiente in cui si muoveva Pasqua, tanto da chiedergli di intervenire in alcuni casi di difficoltà. “Un amico’”, annota il giudice per le indagini preliminari (gip), Luca Fidelio, nell’ordinanza di custodia cautelare.
Dalle intercettazioni di Fantini sono emersi anche i suoi contatti con Salvatore Gallo. Politico di lungo corso, prima con il Partito socialista italiano e poi col Partito democratico, di cui guidava una corrente (il figlio Raffaele è stato capogruppo in consiglio regionale, carica lasciata dopo l’operazione Echidna) e anche dirigente di Sitalfa fino al 2015, Salvatore Gallo è adesso indagato di peculato, estorsione e corruzione elettorale. Nonostante fosse ufficialmente fuori dall’impresa e dalla politica, secondo l’accusa Salvatore Gallo sfruttava le proprie relazioni negli ambienti istituzionali e politici sia per raccogliere consenso elettorale, ad esempio tramite assunzioni o l’elargizione di tessere autostradali gratuite, sia “per trarre utilità per sé e per altri”, come ad esempio i pasti in ristoranti pagati dalla società. Tra Fantini e Gallo esiste – secondo il gip – un rapporto di do ut des. La procura ne aveva chiesto l'arresto, richiesta respinta dal gip.
Salvatore Gallo, emerge dall'ordinanza di custodia cautelare, si interessava anche di nomine e assunzioni. Ce n'è una, però, che non compare tra le 1.400 pagine e riguarda la nomina – supportata da Raffaele Gallo quale capogruppo del Pd – di Roberto Fantini quale componente dell’Organismo regionale per il controllo collaborativo (Orecol), un nuovo ente della Regione Piemonte incaricato di vigilare su trasparenza e regolarità degli appalti stipulati dalla giunta, dalle società "in house" e sotto il controllo regionale. Tra i requisiti necessari, rientrava anche la “notoria indipendenza” e una “elevata e accertata professionalità”. L’incarico era stato attribuito nonostante la passata esperienza di amministratore di una società a controllo pubblico, la Sitalfa, appunto. Il ruolo di componente all'Orecol garantiva a Fantini un compenso di circa 2.158 euro lordi mensili, ma anche un bagaglio “immateriale”: rapporti istituzionali, la possibilità di incidere in materia di trasparenza e anticorruzione e informazioni. Dopo gli arresti domiciliari, Fantini si è dimesso.
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L’indagine dei carabinieri ha potuto documentare sin dagli inizi, nel 2014, gli scambi frequenti tra Giuseppe Pasqua e Roberto Fantini. L’imprenditore piemontese, ad esempio, permetteva alla Autotrasporti Claudio di lavorare nel trasporto e nel movimento terra dei lavori delle società Sitalfa, Cogefa e altre ditte collegate. Un rapporto esclusivo, secondo l'accusa: non sarebbero esistiti, nei rapporti tra Fantini e altri fornitori, “elementi di similitudine con quello intrattenuto con Pasqua Giuseppe”, sottolinea il gip come a togliere eventuali dubbi.
Emblema di questi rapporti privilegiati sono le fatture gonfiate riconosciute e pagate da Sitalfa. Giuseppe Pasqua e il figlio Domenico potevano ottenere lauti pagamenti dalla società grazie al benestare di Fantini. I Pasqua, poi, restituivano in nero una parte dell’incasso all’imprenditore: gli investigatori hanno stimato circa 30mila euro. Insomma, una parte del denaro di Sitalfa, che era un’azienda partecipata dall’Anas (pubblica), secodo l’indagine finiva prima nelle casse dei malavitosi e poi nelle tasche di un azionista di minoranza.
Il presunto ‘ndranghetista esigeva questo trattamento, come dimostra un episodio del 2020 relativo ad alcuni lavori eseguiti sul tronco autostradale Novara Est - Milano, nell’ambito delle opere di ammodernamento dell’autostrada A4. Secondo la ricostruzione, la Autotrasporti Claudio sas è riuscita a beneficiare di “un’evidente, quanto ingiustificata, maggiorazione dei ricavi nonché un celere pagamento delle spettanze” proprio grazie alle pressioni esercitate dai Pasqua sui funzionari e impiegati delle società Fantini. “Palesi forzature procedurali”, le definisce l’ordinanza. Non solo: ai camion e agli altri mezzi delle ditte era concesso di rifornirsi gratuitamente di carburante al distributore installato nella sede della Sitalfa.
“’Sta white list sta cominciando a rompere i c...”, diceva Domenico Claudio Pasqua quando la sua azienda aveva sollevato i sospetti della prefettura
Quando la grossa impresa di costruzioni Astaldi va in crisi, sia la Sitalfa, sia la Autotrasporti Claudio si trovano con dei crediti da riscuotere e partecipano al procedimento al Tribunale di Roma nel quale un giudice deve decidere chi abbia diritto a ottenere qualcosa. In questa fase, all’inizio del 2020, Fantini mette a disposizione di Pasqua il lavoro di un dirigente di Sitalfa e di un avvocato per far sì che non soltanto la sua azienda, ma anche quella del boss amico potesse ricevere quanto dovuto, circa 78mila euro.
Fantini si sarebbe adoperato anche per aiutare le ditte dei Pasqua in un altro momento di difficoltà, quando nella seconda metà del 2020 la prefettura di Torino emette a loro carico delle interdittive antimafia, un tipo di provvedimento che impedisce alle imprese di operare nei settori pubblici (appalti, subappalti, affidamenti, concessioni e altro).
Questo stop arriva quando due società committenti, esecutrici di appalti che si avvalgono dei servizi della Autotrasporti Claudio, chiedono alla ditta il certificato che attesta la regolare iscrizione alla “white list”, cioè le liste di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa. Una bella scocciatura, dato che la prefettura non aveva rinnovato l’iscrizione proprio perché aveva rilevato il rischio di infiltrazioni mafiose. “’Sta white list sta cominciando a rompere i c...”, diceva Domenico Claudio in un’occasione, mentre in un’altra sminuiva la gravità delle accuse: “Son tutte minchiate”. All’inizio i Pasqua provano a temporeggiare, poi non possono più nascondersi. Alla fine i lavori vengono fermati perché la Società autostrada Torino-Alessandria-Piacenza (Satap) viene a conoscenza dell’interdittiva antimafia e ne informa sia la società esecutrice dei lavori, sia la capogruppo.
A quel punto Domenico Claudio Pasqua decide di percorrere altre vie: “Farò solo privati”. Cerca lavori fuori dal settore pubblico e ipotizza di investire nel trasporto di carburante per i distributori sulla rete autostradale. In un caso, riesce di nuovo ad accedere in un cantiere pubblico: quello del grattacielo della Regione Piemonte. Lo fa semplicemente nascondendo i suoi mezzi all’interno di in una colonna di camion diretta nell’area: “Ascolta, digli che si trova alle 7 a Borgaro, poi va dietro magari ad uno dei nostri, assieme, al Palazzo della Regione… qua al Lingotto”, gli suggeriva la segretaria di un’azienda che lavorava con i Pasqua alla costruzione della nuova sede regionale.
Anche Fantini e la Sitalfa danno una mano. Secondo gli atti, sia attraverso il pagamento di talune prestazioni pregresse, sia attraverso l’impegno a procurare lavori presso committenti privati. “Senza Roberto Fantini non vivo più – diceva Giuseppe Pasqua alla sua segretaria il 5 novembre 2020, mentre verificavano l’accredito di un bonifico da parte di Sitalfa –. Mi ha aiutato sempre a me”.
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“Fantini non aveva alcun motivo di chiedere protezione e tutela ai Pasqua, se non conoscendone l’appartenenza alla 'ndrangheta e la correlata capacità di controllo del territorio”Luca Fidelio - Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino
In cambio, cosa otteneva Fantini? Soldi in nero e aiuti particolari, sostengono gli investigatori. Dall’indagine sono emersi due episodi particolari. Uno riguarda il furto di un camion della Sitalfa, l’altro i problemi di un amico nella gestione di una sala scommesse. In entrambi i casi, come risulta dalle intercettazioni, l’imprenditore aveva chiesto l’intervento dei Pasqua.
Il 14 marzo 2015, Fantini incarica un dipendente di chiedere a Pasqua di cercare informazioni sul furto di un camion. “Visto che voi siete del mestiere, cioè che comprate camion, che fate trasporti, se senti in giro qualcosa…”, chiede il dipendente, finito anche lui sotto inchiesta. Secondo i magistrati, è significativo il fatto che l’amministratore di una società e il suo sottoposto – anziché avvisare le forze di polizia – contattino una persona in contatto con la malavita locale. Questo episodio fa il paio con quello secondo cui Domenico Claudio era intervenuto a favore di un amico di Fantini, nei guai nella gestione di una sala scommesse. Per il giudice: “Fantini non aveva alcun motivo di chiedere protezione e tutela ai Pasqua, se non conoscendone l’appartenenza alla 'ndrangheta e la correlata capacità di controllo del territorio”.
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La difesa di Fantini, rappresentata dagli avvocati Roberto Capra e Maurizio Riverditi, ha contestato molti aspetti della ricostruzione della procura e del gip e dell’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Spiega l’avvocato Capra: “Non ci sono i gravi indizi di colpevolezza” necessari per gli arresti domiciliari. “Mancano i presupposti per ritenere ipotizzabili alcune condotte, che sono state riportate in maniera errata, come è successo anche ad alcune intercettazioni”. Sottolinea inoltre che per essere accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, “bisogna sapere che si tratta di una consorteria mafiosa”.
Secondo la difesa, Fantini non ha portato “nessun vantaggio nei confronti dei Pasqua: Sitalfa aveva moltissimi fornitori, tra i quali c’era anche una ditta – la Autotrasporti Claudio – che era legittimata a operare, prima perché inserita nella ‘white list’ della prefettura e poi perché gestita da un amministratore giudiziario”. Circa i rapporti di favore, come le fatture più alte e pagate prima, l’avvocato di Fantini aggiunge un aspetto da considerare: “Per ritenerli favore, bisogna valutare anche i rapporti con gli altri fornitori e la procura non lo ha fatto”. Il tribunale del riesame ha stabilito la revoca dei domiciliari, imponendo l’interdizione di un anno a esercitare da attività di impresa e ruoli in società pubbliche o private.
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