
Nigeria, l'Europa cerca petrolio e se ne frega dell'ambiente

13 luglio 2022
Cappellino, maglione a righe orizzontali, scarpe sportive. Sembra un trentenne come molti quando si presenta all’appuntamento, in una caserma toscana una mattina di metà maggio. Si siede, chiede un po’ di acqua, e comincia a raccontare la sua storia, quella che la sua famiglia stava scrivendo per lui e quella che poi lui ha deciso di scrivere per sé. Doveva diventare un capo della ‘ndrangheta come il nonno, di cui porta lo stesso nome. Doveva seguire la carriera del padre e dei suoi zii, trafficanti di droga impiantati nel Nord Italia. Era promettente, se così si può dire di un ventenne che – pochi mesi dopo l’affiliazione – ammazza il suo autista per debiti di droga e alcuni sgarri. Invece è diventato il più giovane collaboratore di giustizia della criminalità calabrese. Domenico Agresta, nato a Locri il 22 settembre 1988, cresciuto al Nord, ha deciso di cambiare strada e di collaborare con la giustizia, inimicandosi le potenti famiglie di ‘ndrangheta degli Agresta e dei Marando di Platì (Reggio Calabria).
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