28 giugno 2024
Nei giorni scorsi, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha annunciato nuove misure sulle carceri. Il decreto legge è pronto, ma sembra faccia fatica a essere portato in Consiglio dei ministri. E non si sa nulla del suo contenuto nel dettaglio. Solo indiscrezioni. Tra le misure, potrebbero esserci dei provvedimenti anche sulle telefonate a disposizione delle persone detenute. Tuttavia, la loro presenza non è scontata, così come non si sa nulla di questo possibile aumento.
In passato Nordio aveva parlato di un aumento delle telefonate: dalle attuali quattro al mese a sei, quindi da 40 minuti (dieci minuti a chiamata) a un’ora. Se fosse questo l'incremento contenuto nel decreto legge sulle carceri, nella sostanza non cambierebbe nulla.
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Non solo. Era agosto dello scorso anno quando il ministro della Giustizia, uscendo dal carcere di Torino dove si erano tolte la vita due donne a distanza di poche ore, si impegnò a prendere una serie di iniziative per prevenire i suicidi e, tra queste, un aumento delle telefonate. L’impegno è rimasto, finora, tale.
Nel 2022, l’anno più tragico per i suicidi in carcere (a fine anno se ne contarono 85), Antigone lanciò la campagna Una telefonata allunga la vita: sentire una persona cara, infatti, può aiutare nei momenti di sconforto o evitarli. L’allora capo del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria emanò una circolare dove scriveva ai direttori degli istituti di utilizzare il loro potere discrezionale per garantire un numero di telefonate maggiore. Cosa che, dal monitoraggio delle carceri di Antigone, non è avvenuta così di frequente.
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Per questo, dopo l’espansione della possibilità di telefonare a casa durante il periodo della pandemia da Covid-19 (con anche un aumento importante di dotazione di telefoni cellulari e tablet utilizzati per le videochiamate), il limite è tornato a essere di dieci minuti a settimana quasi ovunque. “Quando hai una famiglia numerosa fuori, come la mia, con una moglie e tre figli, in quei dieci minuti hai tempo solo per salutarli, chiedere come stanno e il tempo è finito. Non riesci a essere un padre e un marito presente, per quanto la tua situazione di privazione della libertà potrebbe comunque lasciartelo essere”. Questo è stato il racconto di una persona detenuta che ha contattato Antigone qualche tempo fa.
Perché se si guarda bene a quei dieci minuti è adesso difficile trovargli un senso: forse ne avevano uno nel 2000, quando questo limite è stato fissato dall’articolo 39 del regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario. Allora c'erano ancora le chiamate interurbane e le telefonate erano molto costose.
Oggi invece non ci sono limiti tecnologici, i telefoni sono parte integrante della nostra vita quotidiana e quasi tutti ne hanno almeno uno; non ci sono limiti economici, perché i costi decisamente molto contenuti; non ce ne sono neanche di sicurezza, considerando che, a parte per alcuni regimi, ad esempio il 41-bis, o alcune situazioni specifiche, la maggior parte delle persone detenute non ha censure per le comunicazioni con l’esterno: possono scrivere e ricevere lettere da chiunque, senza che la loro corrispondenza sia in alcun modo oggetto di controllo.
Un limite, denunciato dai alcuni sindacati penitenziari che si oppongono all’aumento delle telefonate, sarebbe il lavoro ulteriore che comporterebbe per gli agenti di polizia penitenziaria: dovrebbero aprire e chiudere le celle con un via vai continuo tra queste e il telefono, che generalmente è collocato in una stanzetta a parte all’interno della sezione.
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Ma anche per questo una soluzione ci sarebbe ed è quella percorsa ad esempio dal Regno Unito. Lo scorso gennaio il ministro della Giustizia britannico Lord Bellamy ha annunciato che tutte le 92 carceri inglesi avrebbero avuto un telefono per ogni cella. Fno a quel momento questa dotazione riguardava già 86 istituti. Un’iniziativa nata prima del Covid-19, che trova basi in alcune ricerche: i loro dati mostrano che un rapporto più stretto con la famiglia abbassa il tasso di recidiva.
Così ogni detenuto ha la possibilità di chiamare a casa in diversi momenti e orari della giornata, compatibilmente anche con le esigenze lavorative o di altro tipo dei suoi famigliari, acquistando del credito telefonico e accedendo a dei numeri pre-autorizzati. Tra i numeri ve ne sono poi due, contattabili in maniera gratuita, che fanno riferimento a servizi come Samaritans e MIND, che garantiscono supporto alle persone con pulsioni suicidarie. Un’altra importante possibilità per tentare di prevenire gesti anti-conservativi.
La scelta del Regno Unito guarda anche in un’altra direzione: la necessità di prevenire e ridurre l’introduzione illecita di cellulari che alimentavano la criminalità, la tensione e la violenza negli istituti.
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Quello dell’accesso illecito di telefonini nelle carceri è un problema che riguarda anche l’Italia. E, nonostante la recente previsione di reato nel Codice penale di condanne severe che vanno da uno a quattro anni, il fenomeno non sembra attenuarsi. Ogni anno vengono effettuati diversi sequestri, con un lavoro extra per la polizia penitenziaria, che deve impegnarsi in attività di controllo, a prescindere dall'effettivo utilizzo che i detenuti fanno poi di questi strumenti: se li sfruttano per rimanere in contatto con i propri famigliari o con le proprie, eventuali, reti criminali.
Seguire il modello inglese, e quindi dotare anche le celle delle carceri italiane di telefoni, avrebbe molti risvolti positivi: aiuterebbe a garantire i contatti con l’esterno, intervenendo positivamente sulla recidiva; potrebbe aiutare a ridurre il numero dei suicidi e degli atti di autolesionismo; potrebbe agevolare il compito degli agenti penitenziari nel controllo dei dispositivi illeciti, eliminando la necessità di introdurre un telefono cellulare illegalmente solo per mantenere il legame con i propri affetti.
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