27 ottobre 2023
Il 22 ottobre 2022 il governo guidato da Giorgia Meloni è entrato in carica, con la premier e i ministri che, come da rito, hanno giurato davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Quel giorno c’era anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio che, sul tema del carcere e delle pene, molto aveva detto e preannunciato. Dopo un anno però, come vedremo, tutto è rimasto nelle intenzioni.
Carlo Nordio, un don Chisciotte a difesa dei potenti
Solo pochi giorni dopo il giuramento davanti al capo dello Stato, il 27 ottobre, durante un convegno per la presentazione del calendario della polizia penitenziaria, Nordio ha dichiarato che le carceri sarebbero state la sua priorità. "La certezza della pena, che è uno dei capisaldi del garantismo, prevede che la condanna dev'essere eseguita, ma questo non significa solo carcere e soprattutto non significa carcere crudele e inumano che sarebbe contro la Costituzione e i principi cristiani", ha ripetuto il ministro, pronunciandosi anche rispetto alla necessità di costruire nuove carceri e migliorare quelle esistenti.
Solo poche settimane prima della sua nomina, nel settembre del 2022, Nordio aveva rilasciato altre dichiarazioni: “Chi usa di frequente frasi come ‘dobbiamo aumentare le pene’ fa squillare nei propri interlocutori alcuni campanelli d’allarme molto preoccupanti. Perché chiedere più pene significa rinunciare ad applicare le sanzioni che già ci sono oggi. E chi tende a intercettare una domanda di sicurezza degli elettori giocando con il rialzo delle pene, alla fine non fa altro che ingrassare un populismo che in pochi mi sembra vogliono combattere davvero, quello penale”. Un anno dopo sul carcere è calato il silenzio e l’inattivismo, mentre sul fronte penale tanto si è mosso, molte pene sono state aumentate, nuovi reati sono stati varati e quel populismo penale che Nordio criticava, sembra invece essere diventato uno dei fari che guida l’intervento del governo in tema di giustizia.
Dopo un anno di governo Meloni sul carcere è calato il silenzio e l’inattivismo, mentre molte pene sono state aumentate e nuovi reati varati
Ma andiamo con ordine e partiamo dal carcere. Al momento della nomina del ministro, detenute e detenuti erano 55.835 (dato al 30 settembre 2022), mentre soltanto un anno dopo in carcere si contano 58.987 persone. Oltre 3mila in più in soli 12 mesi. L’Italia, a passi rapidissimi, si avvicina ai numeri che nel 2013 costarono la condannadella Corte europea dei Diritti dell’uomo (Cedu) per aver trattato in maniera inumana e degradante le persone recluse, non garantendo lo spazio minimo vitale di 3 metri quadrati a persona. Spazio che, dalle visite effettuate nel 2023 dall’Osservatorio di Antigone, mancava in alcune delle celle di 16 dei 51 istituti visitati. Succede anche che in certe carceri ai letti a castello si stia aggiungendo il terzo piano, il che significa dormire a due metri da terra e a pochi centimetri dal soffitto.
In carcere non si sta al fresco
Quando l’Italia ha subito la condanna della Cedu i ricorsi presentati dalle persone detenute furono circa 4mila. A seguito della pronuncia della Corte di Strasburgo, il nostro Paese introdusse una serie di novità legislative e una di queste riguarda i rimedi compensativi (in giorni di sconto della pena o in denaro, a seconda se si fosse ancora detenuti o già si fosse tornati in libertà) per chi è sottoposto a trattamenti inumani e degradanti.
Nel 2022 sono arrivate agli uffici di sorveglianza italiani 7.643 istanze per violazione dell'art. 3 (la maggior parte proprio per l'assenza dello spazio minimo vitale di 3 metri quadrati). Di queste, 4.514, vale a dire il 57,4 per cento, erano state accolte. Con i numeri del sovraffollamento che nel 2023 risultano ancora più alti, vedremo cosa accadrà. Di certo c’è che nonostante questi dati non si riesce ad aprire un dibattito serio sul carcere. Dibattito che langue anche davanti al dato dei suicidi, arrivati a 54 tra le persone detenute, indice di un malessere generalizzato che gli alti numeri non consentono di prendere in carico adeguatamente.
I suicidi in carcere sono arrivati a 54, indice di un malessere generalizzato che gli alti numeri non consentono di prendere in carico adeguatamente
Dell’edilizia penitenziaria, poi, neanche l’ombra. Ma questo non è un male se si guarda ai costi. Per costruire un nuovo carcere in grado di contenere 250 persone, servono circa 25 milioni di euro. Ma si parla solo delle mura. Perché poi un carcere va riempito di attività e personale, quest’ultimo già drammaticamente sotto organico in ogni ruolo. Insomma, già oggi il sistema penitenziario assorbe annualmente oltre il 30 per cento del bilancio complessivo del ministero della Giustizia (3,3 miliardi a fronte dei 10 stanziati).
Per reinserire i detenuti serve un accesso a Internet
Poi c’è il problema, non secondario, di quante carceri servirebbero. Oggi i posti conteggiati dall’amministrazione penitenziaria sono 51mila, ma da rilevazioni del garante nazionale per i diritti delle persone private della libertà personale, sappiamo che i posti disponibili sono circa 3mila in meno. Dunque in questo momento ci sono 11mila persone che non hanno un posto letto regolamentare. Di carceri nuove, ferma restando l’ipotetica dimensione di 250 posti per ciascun istituto (e considerando che le ultime carceri costruite hanno richiesto tempi tra i 5 e i 10 anni per essere completati), ne servirebbero 44 se si volesse riportare il sistema nella piena legalità. Anche se le statistiche ci dicono che il numero dei detenuti è in ascesa e, già tra un mese ne potrebbero servire 45, poi 46 e via dicendo.
Oggi i posti in carcere sarebbero 51mila, ma da rilevazioni del garante per i diritti delle persone private della libertà personale, sappiamo che i posti disponibili sono circa 3mila in meno
Nonostante queste evidenze, che fanno capire quanto l’edilizia penitenziaria non può rappresentare da sola la soluzione, il dibattito interno all'attuale governo resta focalizzato su questa prospettiva, di fatto condannando l’esecutivo all’immobilismo, anche rispetto a misure alternative alla detenzione, meno costose e capaci di produrre un impatto positivo in termini di minore recidiva. Oggi queste misure interesserebbero circa 8mila persone. Individui che, invece, continuano a rimanere chiusi dentro gli istituti, sempre più affollati. Affollati anche come conseguenza dei più recenti interventi governativi.
Se sul fronte carcere è tutto fermo, in questo primo anno di esecutivo Meloni molto è stato fatto invece sul fronte penale, dove il governo ha continuato a utilizzare e alimentare quel che lo stesso Nordio definiva populismo, ovvero rispondere ai problemi aumentando pene e sanzioni. Ricordiamo la legge contro i rave party, con le pene più severe previste per chi organizza feste illegali; il decreto Cutro, che prevede l’aumento delle pene per gli scafisti fino a 30 anni di carcere; la norma sulla violenza agli operatori medici, con pene più alte per chi minaccia o compie atti di violenza ai danni del personale sanitario; il nuovo reato di omicidio nautico, con pene e aggravanti per chi provoca lesioni gravi o morte di persone al timone di un’imbarcazione.
Pene esemplari per chi aggredisce i professori
E ancora, tra gli altri, il decreto Caivano, che merita un’attenzione a parte per le sue numerose implicazioni anche sul sistema penitenziario. Si alzano le pene per lo spaccio di lieve entità, comportando così la possibilità di arresto in flagranza e di custodia cautelare in carcere (sia per gli adulti che per i minorenni); per i soli minorenni viene potenziata la facoltà di arresto in flagranza per il reato di “porto d’armi od oggetti atti ad offendere” e si inaspriscono le pene, fino a raddoppiarle, da due a quattro anni. Si introduce la pena fino a due anni di reclusione per i genitori di un minore in età di obbligo scolastico, nel caso di dispersione assoluta e fino ad un anno in caso di elusione dell’obbligo.
Caivano, la punizione non è la cura
Senza dimenticare una serie di disegni di legge, come la proposta di portare a cinque anni di carcere chi esalta condotte illegali sul web; quella per introdurre nuove pene per l’occupazione abusiva di immobili; l’introduzione del reato universale di gestazione per altri che, già approvato dalla Camera lo scorso luglio, è ora in discussione al Senato. Molti di questi provvedimenti derivano da un attivismo legislativo del governo che non ha mai registrato pari in epoca repubblicana. In questi primi 12 mesi, infatti, secondo i dati raccolti da Openpolis, il 55,8 per cento delle norme approvate sono state leggi di conversione, per le quali il parlamento diventa quasi esclusivamente un organo ratificante. Anche molti degli interventi succitati sono frutto di questa decretazione d’urgenza.
Per Openpolis, in questi primi 12 mesi il 55,8% delle norme approvate sono state leggi di conversione, per le quali il parlamento diventa quasi esclusivamente un organo ratificante
Non è mai facile fare un bilancio, soprattutto quando l’arco temporale è breve, tuttavia il carcere arrivava da un 2022 drammatico, con un numero di suicidi (85) mai registrati prima. Si erano chiesti interventi urgenti che il governo non ha intrapreso, neppure quelli minimi, come l’aumento delle telefonate per cui il ministro Nordio si era impegnato solo poche settimane fa, dopo il duplice suicidio di due donne avvenuto a distanza di pochi giorni nel carcere di Torino, e che non ha avuto alcun seguito.
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