Palermo, 23 dicembre 2002. Lo striscione esposto durante la partita Palermo-Ascoli allo stadio La Favorita. Foto di Franco Lannino/Ansa
Palermo, 23 dicembre 2002. Lo striscione esposto durante la partita Palermo-Ascoli allo stadio La Favorita. Foto di Franco Lannino/Ansa

Qui Palermo. I legami tra ultras e Cosa nostra

Dallo striscione contro il carcere duro alle richieste di aiuto ai boss di Cosa nostra per dirimere i contrasti tra capi ultras allo stadio Renzo Barbera. A Palermo ci sono legami tra mafia e tifoseria

Redazione <br> lavialibera

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2 settembre 2024

Il 22 dicembre 2002 allo stadio Renzo Barbera il Palermo affronta l’Ascoli in una partita del campionato di Serie B, quando dalla curva sud alcuni tifosi srotolano uno striscione riportante una scritta che desta grande scalpore sui media nazionali: "Uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la Sicilia". Il riferimento è al "carcere duro", al quale in quegli anni è costretto anche il boss Totò Riina, proprio nella casa circondariale di Ascoli. Un segnale della vicinanza della curva ai detenuti per mafia. "Esporre una scritta come quella significa che il consenso di Cosa nostra a Palermo non è stato scalfito. Dimostrare davanti a migliaia di persone un attacco di questo genere alle istituzioni è preoccupante", dichiarava a La Repubblica il pubblico ministero della Dda Roberto Piscitello.

Cosa nostra dopo Riina: il ritorno dall'America dei vecchi mafiosi

In quegli anni il calcio palermitano stava per spiccare il volo grazie al presidente Maurizio Zamparini, che nel luglio 2002 aveva acquistato il club riportandolo due anni dopo in Serie A dopo oltre trent’anni di assenza. Il Palermo è un brand interessante da sfruttare e anche Cosa nostra vuole approfittarne, non soltanto col bagarinaggio. Il boss Salvatore Lo Piccolo e del figlio Sandro provano a “infiltrarsi” nel club attraverso alcuni dirigenti, come il responsabile del settore giovanile Giovanni Pecoraro, per lucrare sulle compravendite di giovani calciatori. Negli anni successivi, le famiglie di Cosa nostra intervenivano anche per dirimere le controversie tra i gruppi ultras. È emerso nell’ottobre 2020 con l’operazione Resilienza, un’indagine dei carabinieri e della Dda sul mandamento di Porta Nuova, ossia la struttura territoriale che raggruppa più famiglie mafiose.

A Palermo si paga ancora il pizzo 

Tra gli indagati (poi assolto in via definitiva) anche Giovanni Giordano, detto Johnny, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Nel 1980 Giordano aveva fondato le Brigate rosanere, confluite nella stagione 2014-15 con altri gruppi negli Ultras Palermo 1900. Secondo un collaboratore di giustizia, per anni “Johnny” ha fatto affari col bagarinaggio, anche grazie ai suoi legami con la società e gli steward. L’indagine della Dda ha accertato che all’inizio della stagione 2019-20, dopo alcuni dissidi con altri capi degli ultras palermitani, Giordano aveva chiesto a Jari Ingarao, della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, l’intercessione dello zio, il capomafia Angelo Monti, per dirimere le questioni. Scrive il giudice nelle motivazioni : "Si evince che i due (Giordano e un altro indagato, ndr) hanno inteso “sfruttare” la conoscenza di personaggi di spicco della criminalità organizzata per conseguire propri personalissimi vantaggi, ma non hanno mai, al contrario, ricambiato questa "protezione" contribuendo alla realizzazione del programma criminoso".

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